L'annus horribilis dei diritti umani
On. Gianni Vernetti, I diritti umani sono più importanti della sovranità popolare
Deborah Fait, "E se ci stessero soltanto prendendo in giro?"
Tecnologia e diritto
Malaysia: l'uomo può divorziare dalla moglie con un semplice SMS. Perché noi no?! (CM)
Scrivere
L'annus horribilis dei diritti umani
I DIRITTI UMANI SONO PIU' IMPORTANTI DELLA SOVRANITA' POPOLARE
"L'Occidente dovrebbe cominciare ad esportare il suo bene più prezioso: la libertà". Dal sito www.amicidisraele.org
On. Gianni Vernetti, dep. Margherita
Con la manifestazione a Campo
dei Fiori in sostegno della libertà e della democrazia in Iran, è nata ieri
qualcosa di relativamente nuovo per il nostro paese: uomini e donne, non solo
del centrosinistra, si interrogano sulla utilità e sulla necessità di dar vita a
nuove forme di impegno "internazionalista e liberale". Impegno che costringe
all'apertura di un confronto sul rapporto fra diritti e sovranità nazionale e
sul tema controverso, ma attualissimo, dell'esportazione della democrazia.
Ieri, purtroppo, è anche il giorno in cui il nostro ministro degli
esteri ha dovuto richiedere alle autorità del regime siriano notizie sulla sorte
del perseguitato politico Said al Sakhri, rispedito in Siria dalle autorità
italiane nel novembre scorso, con moglie e quattro figli giovanissimi, dopo tre
giorni di attesa all'aeroporto di Malpensa. Si teme che l'ingegnere siriano sia
morto nel carcere di Kafar Susa a Damasco, dopo essere stato ripetutamente
torturato. Un fatto gravissimo che, se confermato, esporrà a molte critiche il
nostro paese: rimpatriando un perseguitato politico ha compiuto una violazione
del diritto internazionale in materia di asilo.
Ma, d'altronde, questa è
la consuetudine. Questo episodio non è che la conferma di un paradosso che
troppo sovente caratterizza la politica estera del nostro paese, così pervasa
dalla dottrina del totem intoccabile della sovranità nazionale: non siamo stati
mai così interdipendenti nei nostri bisogni e mai così tanto individualisti e
autoreferenti nelle nostre azioni.
Il 2002, il primo dopo le Torri, è
stato un anno terribile per i diritti nel pianeta. Basta scorrere il Rapporto
2003 di "Aiuto alla Chiesa che soffre" sulle persecuzioni religiose, o alcuni
dei tanti rapporti presentati alla 59° Sessione della Commissione sui Diritti
Umani delle Nazioni Unite: penso a quello di Human Rights Watch o a The World
Most Repressive Regimes-2003 redatto dall'americana Freedom House (fondazione
molto neo-cons, ma utilissima).
Un anno tragico per la libertà
religiosa: solo nel 2002, in tutto il mondo, 938 cristiani sono stati uccisi,
6.290 feriti e 100.345 arrestati per motivi religiosi. Con Cina, Sudan, Arabia
Saudita in cima alla classifica delle violazioni. La repressione del clero
buddista in Birmania alleato dell'opposizione democratica di Aun Sun Kyii,
l'arbitraria fucilazione di Lobsang Dondhup, monaco tibetano accusato di
terrorismo dai cinesi e le torture e gli arresti di massa dei seguaci della
Falun Gong; la repressione delle credenze non ortodosse da parte del dittatore
bielorusso Lukashenko; le costanti violazioni dei diritti in Vietnam, in
Turkmenistan, in Nigeria. In questo "annus horribilis" c'è anche il protrarsi
del genocidio ceceno dell'"amico Putin", con l'inascoltato appello alla
mobilitazione di Adriano Sofri dal carcere di Pisa, snobbato dalla sinistra e
dai movimenti cosiddetti pacifisti.
Si intravede il rischio che i
diritti umani diventino sempre più una sorta di optional, un po' come capitò per
la questione ambientale alla fine degli anni ottanta: un lusso di cui ci ci si
poteva occupare solo dopo avere risolto altre priorità. Anche da qui la
necessità di aprire una riflessione profonda sul rapporto fra sovranità e
diritti, che ci costringe a rispondere alla domanda: "I diritti umani hanno la
precedenza sulla sovranità?".
Il concetto di sovranità dello stato si
afferma compiutamente nel 17° secolo per proteggere le comunità dalle invasioni
straniere. In questi ultimi tre secoli, però, sotto lo scudo della sovranità
nazionale sono stati compiuti crimini orrendi, come ricorda lucidamente Barbara
Spinelli citando Luigi Einaudi. Fu Einaudi per primo a denunciare la venerazione
tributata alla sovranità senza limiti degli Stati: la sovranità nazionale è un
vero e proprio "idolo immondo", disse ricordando che se "il sovrano ha tutti i
poteri, se non riconosce altra autorità al di sopra di sè, la sua tendenza
naturale sarà quella di bastare completamente a se stesso".
In questi
anni diversi governi a guida riformista hanno già risposto alla domanda prima
posta: sì i diritti hanno la precedenza sulla sovranità. Lo fece il
centrosinistra italiano in Kosovo, optando per l'ingerenza umanitaria,
intervenendo dopo cinque anni di assordanti silenzi di un'Europa incapace di
agire quando alle proprie porte, nella europeissima Sarajevo e in Bosnia,
venivano uccisi 300.000 civili. Altro che guerre di religione e scontro di
civiltà: in Kosovo la coalizione euro-americana ha usato la forza per salvare
l'identità, la cultura, il diritto alla vita dell'unica comunità musulmana
ancora vitale nell'Europa cristiana.
Questo avevano in mente anche il
governo laburista inglese, i governi socialdemocratici polacchi e ungheresi, le
democrazie baltiche quando hanno fatto le loro scelte sull'Iraq. Non servilismo
nei confronti dell'unica superpotenza, ma consapevolezza che un mondo, proprio
perché sempre più globale e interdipendente, non può più tollerare regimi
brutali come quello iracheno. Le fosse comuni di Hilla e di tutto l'Iraq non
sono forse una sufficiente smoking gun?
Per questi motivi i riformisti
italiani sono oggi con gli studenti iraniani che chiedono libertà e democrazia,
che ritengono compatibili Islam e democrazia e che chiedono ad un Occidente che
crede in una globalizzazione intelligente e saggia di incominciare ad esportare
quel bene prezioso che sono i diritti fondamentali
dell'uomo.
Libri in primo piano
GIORDANO BRUNO
La cultura che sfidò l'oscurantismo della Chiesa
di Diana Datola
L’opera, il pensiero e la vita di Giordano Bruno sono abbondantemente (ma non sempre
L’opera, il pensiero e la vita di Giordano Bruno sono abbondantemente (ma non sempre efficacemente) d
escritte in una vastissima bibliografia. Per coloro che muovono i primi passi in questa direzione (ma anche per chi volesse arricchire la propria biblioteca al riguardo) segnaliamo un’opera non nuovissima ma davvero interessante, un’utile guida per inoltrarsi lungo la via della conoscenza di un personaggio "enigmatico, capace di grandezze e miserie, di utopie politiche e di condotte spregiudicate, dedito alle arti magiche e insieme precursore del pensiero filosofico moderno". Il libro di Anna Foa, Giordano Bruno (Il Mulino, 2000) ripercorre a ritroso la "storia della trasformazione in simbolo di Giordano Bruno", un episodio particolarmente significativo e rappresentativo della mentalità e della cultura europee.Nel 1889 i Razionalisti d’Europa e d’America promossero l'iniziativa di erigere una statua di Bruno a grandezza naturale in Campo de' fiori a Roma, nel punto in cui fu bruciato sul rogo, il 17 Febbraio 1600, per ordine dell'Inquisizione papale. L’oratore politico americano Robert Green Ingersoll fu invitato dal comitato internazionale a preparare l'orazione per la presentazione del monumento, ma Ingersoll non poté accettare per numerose ragioni. L'eminente razionalista inglese George Jacob Holyoake ricorda un suo precedente intervento: "Quando si espresse su Bruno, intorno al quale infinite penne avevano esaurito tutti i termini a disposizione, le prime parole di Ingersoll furono: Le tenebre del Medio Evo durarono un millennio. Il primo Astro che infiammò l'orizzonte di quella universale oscurità fu Giordano Bruno. Egli fu l'araldo dell'alba."
Giordano Bruno è stato davvero l’araldo dell’alba della Nuova Era, e se non esistesse tanta gretta ignoranza le sue opere oggi sarebbero lette molto più di quelle di tanti mediocri scrittori "new-age" o "no-global", e il pensiero occidentale, specie quello europeo, ne guadagnerebbe molto più di quanto riusciamo minimamente ad immaginare, e non solo in termini di arricchimento interiore e spirituale. Giordano Bruno "chiama il pane, pane; il vino, vino… ha la dottrina per dottrina, le imposture per imposture… stima gli filosofi per filosofi, gli pedanti per pedanti". E fu esattamente questo ciò che gli costò l’arresto a Venezia, per la delazione dell’infame Zuane Mocenigo, anche se il comportamento tenuto dalla Serenissima nei confronti del Nolano nella vicenda della sua fatale estradizione a Roma, costituiva già per Francesco Paolo Sarpi, il consultore della Repubblica, una "macchia indelebile nella tradizione di autonomia legislativa e culturale di Venezia".
Proprio a Venezia, una lapide voluta dall'Università Cà Foscari, dalla Fondazione Giorgio Cini, dall' Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento, è stata inaugurata nel settembre 2000 sul palazzo dove Bruno fu arrestato, e rimossa da un ottuso invertebrato (attualmente proprietario dell’immobile) il quale, appena terminata la solenne cerimonia di scopertura, andate via le autorità, ha distrutto tutto rimanendo impunito! E’ la solita meschina violenza con la quale sono stati ringraziati altri "esploratori" come Galileo Galilei e Cristoforo Colombo, per citare alcuni tra i nuovi adepti di "virtute e conoscenza", in rapporto ai quali Bruno non ha esitato a dire la sua scatenando, come suo solito, un dibattito che dura tutt’oggi.
Prendendo spunto dai viaggi compiuti dai mitici compagni di Ulisse fino a quelli di Colombo, Giordano Bruno afferma infatti cose che appaiono discutibilissime e/o di incredibile valore profetico (secondo i punti di vista) sull’espansione imperialista europea – e in altri passi anche sulla sua inevitabile caduta –, che sarebbe il caso ricordassero anche gli attuali fautori soprattutto europei del relativismo morale e culturale: nel dialogo La cena de le Ceneri (1534) Giordano Bruno accusa i navigatori dei nostri oceani di aver insegnato agli indigeni delle terre che hanno "scoperto" soprattutto "l'arte di assassinarsi e tiranneggiarsi l'un l'altro" (e dunque folle è stato davvero il loro volo, giacché ha esportato i modi europei della violenza). Al contrario, il filosofo della natura, armato della propria ragione, "ha varcato l'aria, penetrato il cielo, discorse le stelle, trapassati gli margini del mondo" e in questo modo "ha donato gli occhi alle talpe" cioè ha liberato dall'ignoranza almeno quella parte di umanità capace di seguire virtù e conoscenza.
Aveva del tutto ragione Bruno in questa sua "stroncatura"? Lo stesso Colombo nella sua Relazione della navigazione lungo tutta la costa meridionale di Cuba (1495) riporta di essere stato salutato da un cacicco "nell'isola di Santiago, che gli indigeni chiamano Jamayca", con queste parole: "Dappertutto la gente ti teme, e tu hai distrutto i cannibali, che sono assai numerosi e feroci, facendo a pezzi le loro canoe e case, prendendo le donne e i figli, uccidendo quanti non poterono mettersi in salvo". Oggi, in un’epoca in cui qualunque leggenda non è immune da revisione, William Least Heat-Moon scrive che Colombo ha in realtà dato il via "a pratiche che avrebbero condotto allo sterminio di interi popoli e culture" (Colombo nelle Americhe, Einaudi). Al contrario, l'universo "senza muraglie" e popolato da innumerevoli sistemi solari che Bruno ci ha regalato nei suoi Dialoghi italiani resta innocente di tutti gli orrori che gli uomini commettono su questa terra, piccolo pianeta "sperduto" attorno al suo Sole.
Tra i pochi nell'epoca sua a denunciare l'imperialismo degli esploratori–conquistatori, Bruno rimpiangeva un'età in cui "agili navi" di pirati come Ulisse ancora non portavano desolazione da una terra all'altra, dimenticando però l’atroce destino riservato dai greci di Ulisse alla città di Troia e ai suoi figli (un genio è da amare anche quando ha lampi di amnesia). L'ultimo "mago", finito sul rogo in Campo dei Fiori il 17 febbraio 1600, nel suo vivere e morire nella contraddizione, può ben essere eletto a simbolo di quell'Europa che ha scelto oggi di donare al resto del mondo non la devastazione ma la conoscenza, obliando l’aver donato stragi e guerre ma anche tanta e profonda cultura, per millenni. Terremo però ben presente che Bruno non metteva in discussione l’assoluta necessità di liberare la terra dai cannibali di ogni specie, quanto la dittatura, l’intolleranza, la cultura dell’odio, della sopraffazione, la miseria spirituale, l’ottusità, la censura, il voler chiudere gli occhi davanti all’evidenza…
Nell’attuale periodo storico, caratterizzato da una sempre più marcata globalizzazione, quello della qualità è divenuto un fattore decisivo per la competitività delle imprese e dei sistemi economici. Per un’azienda perseguire la qualità significa migliorare qualsiasi attività aziendale e non solo il prodotto, il servizio o il processo produttivo.
A partire dagli anni ‘90, in tali settori, il confronto fra le imprese dei Paesi industrializzati (particolarmente quelle degli Stati Uniti, del Giappone e dell’Europa), sembra essersi definitivamente spostato proprio sul terreno della qualità e dell’innovazione tecnologica. In effetti, già dagli inizi degli anni ‘80 le aziende occidentali, sulla scorta dei successi di quelle nipponiche, avevano iniziato ad applicare alcuni concetti della Qualità Totale, ma tali approcci si rivelarono spesso fallimentari, a causa della errata implementazione delle tecniche, basata quasi esclusivamente sull’adozione dei principi più evidenti, come i Quality Control Circles. Soprattutto in questi primi anni, l’applicazione della QT fu spesso infruttuosa, in quanto eseguita in maniera destrutturata. In effetti, non si era ancora compreso il valore sistemico del modello della qualità totale, che, in quanto tale, deve permeare l’intera struttura organizzativa, e non essere semplicemente un insieme di tecniche o di meccanismi operativi. Anche in Italia si è conosciuta una fase simile, sebbene in un tempo successivo rispetto agli altri paesi industrializzati.
Nell’ambito della ricerca della Qualità, anche nel nostro Paese si sono ottenuti risultati importanti favorendo il prevalere di una cultura della Qualità Totale, considerata ormai unanimemente un fattore strategico per la competitività e la crescita delle aziende, del sistema economico e della società civile. Infatti, la grande diffusione che i temi della QT hanno conosciuto, soprattutto negli ultimi decenni, ha talvolta contribuito a generare addirittura un mito. Il miglioramento della qualità è divenuto ormai un imperativo per tutte le aziende dei paesi industrializzati, ma spetta sicuramente alle imprese e agli studiosi giapponesi il merito di aver dato vita e poi sviluppato questo nuovo approccio alla gestione aziendale, elevandolo anche a livello di sistema nazionale, grazie a numerosi e ripetuti interventi ed iniziative da parte di autorità governative, associazioni e fondazioni di varia natura. Possiamo infatti ricordare, tra i tanti eventi e programmi, la creazione, nel 1946, del Japanese Union of Scientists and Engineers (JUSE) per la promozione e lo sviluppo del controllo di qualità nelle aziende giapponesi. Il JUSE svolge tuttora attività di diffusione delle tecniche della qualità totale, formazione e training, allestisce meeting tecnici annuali, presta consulenze tecniche, organizza gruppi di studio e di ricerca, oltre a gestire il premio Deming, istituito nel 1951, e che fin da allora viene conferito ogni anno dal JUSE alle aziende che hanno migliorato notevolmente il loro sistema di qualità. Inoltre, ricordiamo ancora la messa in onda di corsi radiofonici (1956 e 1967) e televisivi (1960 e 1961) mirati a diffondere le nozioni di base del controllo di qualità, l’istituzione della Campagna nazionale della qualità (1960) durante la quale si scelse il mese di novembre quale "mese della qualità", la creazione della Japanese Society for Quality Control (JSQC) nel 1971, che ha avuto un notevole peso nel promuovere studi e ricerche sul controllo di qualità.
Solo con decenni di ritardo sono stati intrapresi analoghi progetti nei paesi occidentali; la prima a lanciare una campagna nazionale per la qualità fu la Gran Bretagna, nel 1983, seguita dagli Stati Uniti, nel 1984, durante la quale l’allora presidente Ronald Reagan proclamò il mese di ottobre come "Mese Nazionale della Qualità", in ritardo di oltre venti anni rispetto al Giappone. Inoltre, sempre negli Stati Uniti, nel 1988 fu istituito il premio Baldrige per incentivare le aziende ad introdurre sistemi di qualità totale, anche questo in ritardo di quasi quarant’anni rispetto all’analogo premio giapponese Deming, istituito nel 1951.
Tra le indicazioni fondamentali che si possono ricavare dagli innumerevoli saggi sui temi della qualità, forse quella maggiormente significativa è che si ritiene ormai impensabile un miglioramento della qualità isolatamente ad un settore del processo produttivo, del prodotto o del servizio. Pertanto, appare quasi inevitabile che per l’azienda il concetto di Qualità si estenda e si identifichi con quello di Qualità Totale (QT), con cui si definisce appunto un miglioramento diffuso su tutte le aree aziendali.
Ciò dà vita ad un concetto "unificatore e unitario", che ingloba in modo sistemico tutto quanto concerne il traguardo di eccellenza al quale deve tendere l’azienda.
Fare qualità totale significa, infatti, "impegnarsi per raggiungere la piena soddisfazione del cliente interno ed esterno, in una logica di miglioramento continuo e di valorizzazione delle risorse umane, in base ad una forte leadership della direzione orientata alla qualità, così da garantire il successo dell’azienda nel tempo".
A livello strategico gli aspetti principali della QT sono due:
1) soddisfazione del cliente;
2) un output di alto profilo qualitativo (eccellenza).
A livello operativo, invece, le componenti della QT sono più numerose; tra queste:
1) la qualità delle prestazioni dell’azienda (relativa a costi, consegne, servizio, produttività, sicurezza, ecc.);
2) la qualità delle prestazioni personali;
3) la qualità dell’organizzazione;
4) la qualità dell’immagine;
5) la qualità del posto di lavoro;
6) la qualità dei rapporti interpersonali, ecc.
Tali parametri confermano la necessità di estendere qualunque discorso sulla qualità dallo stretto momento produttivo all’intero processo precedente e successivo; in tal modo la qualità del prodotto finale risulterà essere la somma delle qualità attuate nelle varie fasi che precedono, realizzano e seguono la produzione, comprendendo anche aspetti che esulano da quelli più strettamente economici, come quelli concernenti il rispetto dell’ambiente, il rapporto con la clientela, etc.
La filosofia della qualità totale nasce dall’estensione dei metodi statistici di controllo qualitativo della produzione a tutte le funzioni aziendali. Ciò spiega perché questa tecnica si sia sviluppata più facilmente nelle aziende industriali, i cui prodotti sono tangibili, mentre ha stentato ad affermarsi nelle aziende di servizi, i cui prodotti essendo intangibili possono essere sottoposti ad un controllo di qualità solo in senso lato.
All’interno della categoria delle aziende di servizi, quelle che operano in mercati spesso oligopolistici (dove la competizione viene attenuata e smorzata da regolamentazioni più o meno stringenti, a seconda dei vari paesi, come ad esempio le banche [in questo caso ciò si giustifica nella volontà di evitare i dissesti bancari e gli squilibri a catena che questi provocano in interi sistemi economici]) costituiscono forse il settore in cui meno si è sentita la necessità di introdurre modelli di qualità totale, anche se recentemente tale tendenza sembra essersi invertita. [segue]
Bibliografia
Aiello, La qualità competitiva nei processi innovativi delle imprese di servizi, in Finanza, Marketing e Produzione, anno XI, n. 1, marzo 1993, p. 12.
Akao, History of Quality Function Deployment in Japan, in The Best on Quality, IAQ Book Series, International Academy for Quality, vol. 3, 1990.
Associazione Italiana per gli studi di Marketing, Galgano & Associati S.r.l., La qualità in banca, in Banca & Lavoro, n. 25, 1995.
Bagdadli, Oltre il mito della Qualità Totale, in Sviluppo e Organizzazione, n. 149, Maggio-Giugno 1995.
Balzani, Luzi, La focalizzazione sul cliente: l’essenza della qualità totale, in L’Impresa, n. 2/1993, allegato al n. 6/1993.
Belohlav, Quality, Strategy, and Competitiveness, in California Management Review, vol. 35, n. 3, 1993.
Bussolo, Cavazzoni, Zara, La Qualità Totale non basta senza l’attenzione ai clienti, in L’Impresa, n. 3, 1992.
Cederle, L’implementazione della Qualità Totale, in Sviluppo & Organizzazione, n. 144, Luglio-Agosto 1994, p. 51.
Collard, La qualità totale. Guida alla progettazione, avviamento e sviluppo di un sistema di gestione della qualità totale, Milano, 1993.
Galgano, I sette strumenti della qualità totale, Il Sole 24 Ore Libri, Milano, 1992.
Galgano, Quality Function Deployment. Lezioni di successo. Undici esperienze aziendali a livello mondiale, Milano, 1993.
Hostage, Quality control in a Service Business, in Harvard Business Review, luglio-agosto 1975. Trad. it.: Caccia, Il controllo della qualità in un’ impresa di servizi, in Gramma (a cura di), Gestire la qualità nei servizi, Torino, 1987.
Lillrank, Kano, Continuous Improvement. Quality Control Circles in Japanese Industry, Michigan Papers in Japanese Studies, n. 19, 1989.
Tecnologia e...
diritto
"Vi è vero progresso solo quando i vantaggi di una scoperta si estendono a tutta la popolazione", diceva più o meno Henry Ford: ed è verissimo!
Malaysia: l'uomo puo' divorziare dalla moglie con un semplice SMS. Perché noi no?!
26-LUG 10:43 (Fonte: Agr) KUALA LAMPUR (Malaysia) - Chi è che
dice che l'eccessivo progresso tecnologico può contribuire a danneggiare la
libertà e la dignità dell'uomo? Non è affatto vero: caso mai quelle della
donna! Pensate che in alcuni civilissimi stati del mondo l'uomo può divorziare
dalla moglie con un semplice SMS. Succede in Malaysia dove un uomo ha vinto una
causa proprio dopo aver liquidato la sua ex signora dal telefonino. E a
confermare la piena legalità di questa pratica è intervenuto anche Hamid
Othman, consigliere del primo ministro Mahatir Mohamad: "Gli SMS sono solo un
altro modo di scrittura". Secondo la sharia, infatti, un uomo di fede islamica
può divorziare unilateralmente ripetendo per tre volte, davanti alla donna, la
frase: "Divorzio da te", "Divorzio da te", "Divorzio da te", ed è fatta!
Queste sono le grandi usanze esotiche da assimilare nell'ormai decadente civiltà occidentale, questi gli incredibili progressi che si possono conseguire dalla supina accettazione delle "differenze culturali", e che certi retrogradi sostenitori della supremazia dei diritti umani (almeno in casa nostra) non riescono a comprendere! Ma vi rendete conto? con soli 10 eurocent (il costo medio di un SMS) mandi a fa...rsi benedire la moglie scocciante e te ne prendi una nuova, vergine garantita, più giovane e carina: niente grane legali, niente avvocati, giudici, testimoni, carte, cartacce e bolli e tutti quegli anni da attendere per sposare l'altra, che intanto comincia a rompere sempre di più, peggio dell'ex-moglie, che intanto vi sottopone a vili ricatti economico-affettivi, quali: "Ti lascio in mutande!" o "Non ti faccio più vedere i miei figli!" - "Ecchissenefrega nun ce lo metti?!?!?!" Questo magari glielo potrete anche spiattellare in faccia, col videofonino!
Chi conosce però il "caratterino" delle donne malesi, ci assicura che forse il divorzio via SMS è solo un sistema sicuro per porre gli impavidi maschietti al riparo dai kriss malesi, i pugnali ondulati resi famosi in Italia da Emilio Salgari e più ancora dal fascinoso Kabir Bedi nel ruolo di Sandokan, gran combattente antimperiaista. C'è chi sostiene, infatti, che almeno in Malaysia la risposta di una donna al ripudio unilaterale può essere piuttosto violenta. Che sia un modello femminile da esportare, un'arma più pericolosa della stessa democrazia?
di Roberto Mahlab
Il Isola di Langkawi - ventesimo secolo
L'isola di
Langkawi si trova a nord della Malaysia, nella punta nord dello stretto di
Malacca, frontiera tra l'oceano Indiano e il Pacifico. La notte era buia tra la
giungla e il mare, due strisce di luce, la prima era la spiaggia di sabbia
chiara, la seconda era la luce della luna, un cono riflesso dal cielo stellato
alla riva. Ero seduto da un'ora sulla spiaggia, Ree-na-i si avvicino' e mi
chiese :"Che fai in questo luogo, a quest'ora e di fronte a questo spettacolo,
li', seduto da solo?". La sua pelle era del colore dell'ambra, i capelli
lunghissimi e neri, i suoi occhi mandorle perfette colme di meraviglia, la sua
voce modulata, il suo sorriso gemello di quello di Pocahontas. "Non lo so...non
so spiegarti...", le risposi.
Isola di Langkawi - diciottesimo secolo
Era una sequenza di invasori, europei ed asiatici, di ogni colore e
credo, e il colore e il credo degli abitanti dell'isola mutava con l'invasore
del momento. La principessa Masuri era originaria della Tailandia, aveva sposato
un uomo dell'isola e vi si era trasferita, la sua pelle era del colore
dell'ambra, i capelli lunghissimi e neri, i suoi occhi erano mandorle perfette
sempre colme di meraviglia, la sua voce era modulata, il suo sorriso era dolce,
gemello di quello di Pocahontas.
Isola di Langkawi - millenni prima
Re Salomone guidava la sua flotta verso l'Estremo Oriente, c'era
un'isola tra l'oceano Indiano e il Pacifico, li' si sarebbe incontrato con
l'imperatore della Cina, sarebbe sorta una grande alleanza tra due uomini saggi
e solo la concordia e la pace avrebbero regnato sul mondo, non gli uomini, e
pelli e credi diversi si sarebbero mescolati.
Isola di Langkawi -
ventesimo secolo
Per un attimo pensai di spiegare a Ree-nai-i il perche'
mi trovavo seduto solitario e pensoso su quella spiaggia di fronte allo
spettacolo del cono di luna tra l'oceano e la giungla, ma le parole non mi
uscirono, raccolsi un pugno di sabbia e aprii la mano cosi' i granelli scorsero
via a cavallo di uno sbuffo di vento, ecco perche' ero li'.
Isola di
Langkawi - diciottesimo secolo
"Tu sai che secondo le nostre leggi non
ti e' consentito avere due uomini", lo sdegno dell'uomo al potere sull'isola era
a stento contenuto. "Non e' vero", sussurro' Masuri, ma le parole dell'uomo non
ammettevano dubbi ne' spiegazioni, e lei abbasso' gli occhi, la meraviglia
capovolta dentro se' stessa, i suoi attimi come granelli di sabbia che
scorrevano via da una mano aperta.
Isola di Langkawi - millenni prima
Un potente uomo geloso chiamo' Garuda :"Scatena la tempesta, affonda le
flotte, se i popoli si incontreranno, il potere non esistera' piu'". Garuda, il
gigantesco mitico essere alato, scosse le immense ali maestose e le acque
dell'oceano turbinarono ed ingoiarono i messaggeri di pace.
Isola di
Langkawi - diciottesimo secolo
"Morirai Masuri, perche' io dico, io, che
tu hai violato le leggi della nostra isola" e nessuno degli abitanti del
villaggio disse nulla. La voce della donna si udi' sommessa :"Tu menti e io no,
se il mio sangue sgorghera' bianco, per sette generazioni quest'isola non
conoscera' pace" e la legarono ad un albero della gomma e l'uomo del potere
strappo' il tortuoso kriss dal fianco del padre della principessa tailandese e
le spezzo' il petto e sgorgo' solo sangue bianco.
Isola di Langkawi -
ventesimo secolo
"Trascorsero sette generazioni" prosegui' Ibn Yusuf,
"l'isola conobbe solo carestia e invasioni straniere, paradossalmente cio' che
non era riuscito a Re Salomone e all'imperatore della Cina con la pace, avvenne
con la guerra e i popoli invasori, Tailandesi, Olandesi, Portoghesi, uno dopo
l'altro, arrivavano e si mescolavano. Guarda me...mio padre e' Malay, mia madre
Tailandese, mia moglie discendente da una famiglia olandese e i miei figli...
chi puo' dire a quale popolo appartengano i miei figli?" e mi chiese di
togliermi le scarpe prima di entrare del mausoleo dedicato a Masuri, come d'uso
nei luoghi sacri musulmani e io, ebreo, feci quanto mi aveva detto ed entrai.
Isola di Langkawi - ventesimo secolo - l'ultima notte
La mia
ombra aveva i piedi saldi sulla sabbia della spiaggia e la testa attraversava il
cono della luce riflessa del corpo celeste sull'acqua dell'oceano e si allungava
verso il centro della luna.
Isola di Langkawi - ventesimo secolo -
l'ultimo giorno
"Ma perche'?" dalla scaletta dell'aereo guardai
esasperato Rossmanny che ciondolava da destra a sinistra imbarazzato, era la mia
guida e avrebbe dovuto passare a prendermi quella mattina per un giro in canoa
tra le isole vicine, "ti ho dato quanto hai chiesto e poi sei
sparito? senti, tieni questi..." aggiunsi all'improvviso mettendogli in
mano tre banconote, "conosci Ree-na-i? comprale i piu' bei fiori che trovi e
portaglieli con questo biglietto da parte mia, desidero che sappia che i suoi
occhi e il suo sorriso sono i piu' belli dell'isola". "Comprare dei fiori? Ma
perche'?" parve rianimarsi lui..." guardati intorno....ci sono orchidee
dappertutto, ne colgo quante ne vuoi e gliele porto, mi e' gia' capitato di
accontentare degli stranieri in questo modo ...ma, se proprio insisti, ok, conta
su di me."
Non sapro' se davvero compro' i fiori e se li consegno' con
il mio foglietto a Ree-na-i e lei non sapra' che cosa ci facevo su quella
spiaggia da solo quella notte. Ma io ho raccontato di Ree-na-i il cui viso mi
raccontava le leggende dell'isola e Ree-nai-i raccontera' di un uomo la cui
ombra aveva i piedi saldi sulla sabbia e la testa sulla
luna.