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 UNA GUERRA TRA...RAGAZZI!
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zanin roberto
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Inserito - 10/02/2005 :  21:56:05  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a zanin roberto
UNA GUERRA TRA...RAGAZZI !


Nel Giugno 1916, il ragazzo Lorenzo Danelon classe 1896, con la sua II° sezione mitragliatrici Fiat è impegnato sul Monte Colombara in quello stupendo altipiano di Asiago che il creatore non aveva destinato sicuramente a teatro di morte per la sua delicata bellezza paesaggistica, contro gli austriaci che hanno in quei giorni di fine mese perso la spinta della loro affensiva.
Le marcie in mezzo alle verdi pinete sono una lunga agonia, esposti al tiro dei cecchini che sono in posizione di vantaggio ma sono anche il terreno di prova delle umane debolezze, delle inettitudini, delle codardie e delle casualità che il destino gioca a costruire sul momento, decidendo della morte o della vita di quei giovani contadini che sono stati strappati alla loro terra.
E' incredibile leggere nel racconto del Danelon che un vero flagello di quei giorni era la sete, le poche fontanelle erano di solito sotto il tiro preciso del nemico che ben sapeva dove attendere i nostri soldati, il leone nell'Africa assolata si nasconde dietro le alte erbe in prossimità dei guadi bassi di fiumi, dove antilopi inconsapevoli si abbeverano.
Perduto contatto con la sua unità, fatta segno da intenso fuoco nemico, il Lorenzo si accompagna alle altre sezioni che si radunano ai piedi del Monte Colombara, sempre seguite dalle mitragliatrici austriache che non consentono distrazioni.
Il capitano Guido Negri è forse in preda alla febbre, comanda la V° compagnia, chiede a Lorenzo di scendere in basso a riempire la sua borraccia con l'acqua fresca della fontanella.
I trenta metri indicati dalla carta topografica dell'ufficiale non bastano a rintracciarla, il Danelon risale e sotto la supplica del capitano ridiscende e finalmente trova scostando delle erbacce incolte una scodella di fontanella dove sazia in primis la sua di sete poi riempie la borraccia e risale una seconda volta.
Il capitano la prende e la beve tutta avidamente evidenziando una arsura inattesa, il Negri viene chiamato dal Tenente Colonello Luigi Scotti comandante della Brigata Rovigo che gli ordina di conquistare due mitragliatrici austriache abbandonate più in sù con il suo reparto.
Il Negri poco convinto dell'ordine ricevuto, fa trapelare il suo disappunto per l'azione in essere, risponde con rassegnata convinzione che da li è partito il fuoco che ha bersagliato lo Stato Maggiore.
Il colonello preso atto della poca disponibilità del capitano chiama un tenente a comandare la V° compagnia, l'unità viene posizionata vicino alla strada che separa di pochi metri il nido tedesco, bisogna scavalcare un dislivello di un metro e cinquanta per dare la carica.
Il tenente preparata la compagnia all'assalto la cede nuovamente al capitano Negri: - " Ecco la vostra compagnia, è pronta!"
Il cuore tambura emozioni intense e l'onore,l'orgoglio, il dovere, si scontrano con la paura, la ragione, il diritto alla vita, l'odore di resina e di erbe aromatiche si confondono nell'aria all'acre della polvere da sparo, il cielo azzurro e gioioso sipario di quell'estate si dilegua nello sguardo fisso e sbarrato di quei capi chini a nascondersi nella terra.
I pochi attimi che separano l'irrimediabile sono il vero coraggio di quei ragazzi che non hanno il dolore dell'uomo maturo, sono in maggioranza agricoltori che sparano ad altri agricoltori, comandati in gran parte da componenti dell'aristocrazia che assapora il suo declino sociale.
Il capitano Negri devotissimo cristiano che aveva riposto in Dio le sue sorti, in un doveroso obbligo di gerarchia sa che quell'ordine è un vero suicidio, sa altresi che un ufficiale non disobbedisce e che il suo rango lo obbliga ad una tenuta eroica e coraggiosa.
Gli occhi rossi, la voce profonda e mistica il capitano Guido Negri si desta e chiamando a raccolta tutto il suo ardore dice:
- " Chi mi vuol bene mi segua, Savoia!"
Le due mitragliatrici non erano abbandonate....e la litania del loro crepitare metallico si confondeva con i lamenti mortali di un'intera compagnia imolata sull'ara dell'inutilità, ordini assurdi e a volte colpevoli.
Lorenzo assiste da testimone incredulo e compassato, non senza aggiungere l'erroneità del comando fino a ipotizzare per quell'occasione il rifiuto che poteva essere punito con la morte.
Il mitragliere Lorenzo attraversa questa esperienza registrando nella sua mente non solo il dolore, la morte, la sete che maschera la fame, ma anche il perchè della natura umana, mettendo al centro dei suoi valori l'uomo.
Critica gli ufficiali ma ne esalta il coraggio, distingue i commilitoni maldestri da quelli che hanno imparato a far tesoro della logica.
Il nemico dall'alto, rifuggiato nella roccia spara ai nostri mal riparati e le nostre mitragliatrici che hanno una corazza protettiva sul davanti nulla difende dalle offese che arrivano dall'alto, il Tenente Colonello Scotti è a pochi metri dai mitraglieri che vengono abbattuti uno dopo l'altro, uno riceve una pallottola alla tempia e getta uno zampillo di sangue accasciandosi ai suoi piedi. Lorenzo porta le munizioni e se ne sta in piedi nonostante un compaesano sanvitese lo supplichi di buttarsi a terra.
Lo Scotti si guarda attorno e la vista di tanti ragazzi riversi nel sangue lo scuote, in un raptus di rabbia, grida imperioso:
- " Vigliacchi, mi avete ucciso tutti i miei figli!"
D'estate il buio tarda a placare la guerra, e mentre il tramonto preludia alla calma della notte e il vento rinfresca e asciuga il sudore, un cecchino avido di ufficiali inquadra il nostro Colonello e sulla fronte dell'ufficiale si apre il silenzio della morte.
Lorenzo lo ricorda cosi: " Era un vero padre con i suoi soldati!" era il 28 Giugno 1916, al Danelon le ingiustizie feriscono l'animo e nella sua equa e distaccata rievocazione la pietas ne domina l'arbitrio.
Lassù la nostra gioventù non ebbe il tempo di maturare e chi ritornò perchè la fortuna esiste, riportò dentro a se quel ragazzo che continuò a vivere, testimone del malessere che una guerra gli ha provocato, costretto a farla mentre gli rubavano il tempo della giovinezza.
Le stelle in cielo disegnavano lo stesso spettacolo di sempre, leggero un venticello tiepido accarezzava le chiome spettinate dei ragazzi sopravvissuti, capriole di fumo salivano nell'aria di sigarette fumate nella calma della notte, nel tascapane si riponeva un foglio sgualcito riempito di malferme parole che finivano di solito con la frase:
-" Mamma ti voglio bene ! "


di Zanin Roberto

   
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