Domenico De Ferraro
Emerito
Italy
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Inserito - 23/06/2005 : 17:05:53
DELL’ESSERE E DELLO SCRIVERE E D’ALTRI SOGNI Una personale delusione per diverso tempo mi ha Accompagnato, nella mia fase di crescita interiore non essere mai divenuto un vero artista. Disciplina ove coltivavo gloriose ambizioni. Costretto com’ero a tralasciare l’arte e studiare chimica per far contenti i miei . Perseguendo così l’orme di mio nonno materno insegnante di Chimica e Fisica al nostro locale liceo Per oltre trentanni Divenire professore , rispettato e riverito Con una laurea da mostrare al pubblico avrebbe dato ai miei una particolare soddisfazione piccola borghese . Un orgoglio familiare riflesso nella mia persona. Ma io sempre d’indole ribelle ,iniziai con scaramucce con i miei compagni di classe elementari per finire diciottenne con il calpestare la coda del gatto della preside mi ritrovai cosi rimandato o bocciato , causa la mia condotta morale un sacco di volte. Mio padre disperato mi mandò a lavorare nei campi Perché imparassi il sudore che cola lungo la schiena. Con i soldi guadagnati in quei lavori saltuari messi da parte scappai di casa. Rimasi quattro mesi tutta una estate in giro per l’Europa. A i miei per poco non gli prendeva un accidente. Tutta colpa mia mi dissi. Di ritorno dall’Inghilterra mi rimisi A studiare seriamente .Giunsi alla laurea in matura età quando il mio povero Babbo ammalato non esalò il suo ultimo respiro. Furono anni duri. Per la città andavo girando come un matto Non sapevo che pesci prendere. Mia madre poveretta Mi stava assai vicina io per consolarla mi misi a far concorsi e vinsi a Genova in una industria petrolchimica un posto di ricercatore Quando sembrava la mia vita fosse giunta a quietarsi Incontrai Carla tre mesi insieme a lei e rimase incinta Mi sposai in fretta e andai a vivere a Milano con una borsa Di studio presi posto al Politecnico come assistente universitario Dante nacque a Natale ed io felici come non mai, stappai Una grande bottiglia di spumante ,invitai tutti i colleghi e i vicini di casa . La mia vita sembrò prendere una seria svolta. La pace regnava tra le mura domestiche della mia bella casa in affitto su in collina, dove dominavo con lo sguardo l’intera città . Non abitavo più a Milano, ero tornato alla mia piccola città in Provincia d’Avellino. Insegnavo adesso alla scuola superiore Alessandro Volta Chimica Organica . Insegnare ai più giovani formule e composti chimici mi dava un senso di profonda maturità. Mi sentivo bene in pace con me stesso, fin quando non ebbi La sfortuna di rincontrare un mio vecchio amico di scuola Patito per la poesia e l’arte in genere. I nostri incontri si consumarono dapprima al bar del centro la sera di ritorno da lavoro. Incominciai a leggere i suoi scritti, furono per me Ridestare antichi demoni sopiti . La frenesia dello scrivere improvvisamente s’impadronii di nuovo di me. La notte rimanevo fino a tardi chiuso nella mia camera a scrivere o tentare di scrivere racconti d’avventura O le mie personali emozioni autobiografiche. In classe il mattino m’addormentavo nella stanza dei professori. Cosa che addirò il preside . Non si dorme in servizio professore M’ammonì con aria severa. La sera vada a dormire presto la mattina la vogliamo fresco e pimpante. Divenni piccolo piccolo m’arrossi e quasi non seppi giustificarmi. Volevo creare una grande opera , qualcosa di memorabile Da lasciare ai posteri. Faticai a lungo a trovare una trama adatta che piacesse a tutti grandi e piccini. In fine incominciai a scrivere una parte della mia vita l’unica cosa ritenei dopo un’attenta analisi originale e interessante da raccontare. Fu un duro lavoro. Spesso mi fingevo ammalato ,per stare chiuso in casa a scrivere . Mia moglie , mia madre tutti i miei familiari incominciarono a preoccuparsi . Per essere sicuri io non fossi veramente ammalato , mi fecero visitare da un noto medico psichiatra che diagnosticò la mia sana salute fisica e una sostanziale depressione in corso che come un morbo oscuro s’era impossessato del mio spirito al punto da non farmi uscire da casa per giorni interi. Furono quelli dei duri momenti della mia vita Ero in preda a turbolenti stati d’animo che difficilmente riuscivo a controllare . Mia moglie non mi fece mai pesare quei miei Deliranti confusi stati d’animo. Mio figlio Dante cresceva Velocemente . Io sembravo invecchiare ,e navigare nel mare Della fantasia era diventato per mè un bisogno di cui Non riuscivo più a fare meno. Scrivere d’un uomo anche sé in fondo si sa d’essere se stessi è un esperienza delirante e costruttiva. Impari a conoscere meglio i difetti le debolezze umane attraverso i personaggi creati vere metafore filosofiche sulla natura umana. Il vizio o la virtù di un personaggio che nasce cresce e vive nei tuoi scritti occupa tutta la soggettiva sfera spirituale. Una realtà lucida e spietata . Qualcuno a cui poter far dire tutto quello che avresti voluto dire e non hai mai potuto o riuscito a dire. Puoi essere quello che vuoi ,un principe, un capitano d’industria un misero operaio di periferia che stenta ad andare avanti con i pochi soldi cha guadagna al mese. Puoi essere un eroe o un deficiente un folle o un giusto . Puoi vivere tempi e luoghi , aldilà del bene e del male. Il mio principale personaggio del mio mastodontico Capolavoro letterario era un uomo mite con non molti grilli per la testa un po’ mastro Geppetto del pinocchio di Collodi un po’ Don Chischiotte del Cervantes ,uno nessuno e centomila Del Pirandello per rendere chiara l’idea di chi fosse il protagonista Del romanzo di mia invenzione. La sera andavo a dormire sognando quel libro nelle vetrine di tutte le librerie d’Italia. Mi vedevo invitato in famose trasmissioni televisive . Assediato dai fans o da mille scrittori in erba A chiedermi consigli o un piccolo aiuto per diventare anche loro famosi. La mattina mi svegliavo con tali incubi sudato marcio Finivo per andare a lavoro bastonato e a testa bassa. Il preside mi sorvegliava. La classe con i suoi quaranta ragazzi turbolenti in quell’ ore di lezioni divenivano un difficile Compito da esorcizzare. Passarono così diversi anni . Il libro non lo terminai mai, mi fermai a pagina cinquantaquattro Da lì fù difficile muovermi, trovare una strada narrativa per giungere alla trecentesima pagina di mia iniziale ipotesi letteraria Le pagine elencavano e narravano cose orrende e turbolente fatti e fattacci visioni e spettri paure e altre turpe psichiche che non vi sto qui a raccontare. Il libro divenne in fondo l’oggetto segreto del mio vivere La cosa a cui più tenevo. Il mio isolamento dal resto del mondo derivava dal quel fatto editoriale . Così avvolte identificavo troppo la mia vita quotidiana Con quella da me inventata . Il falso succedeva al vero confondendosi generando dei mostri orribili calligrafici. Storie semiserie e surreali da farti venir uno accidenti. Dopo diversi tentativi d’abbozzare una storia originale e unica Lasciai cadere quel manoscritto pieno d’errori ortografici sul fondo del cassetto della mia scrivania. Lo sognavo spesso completato e pubblicato ,costruivo nel mio silenzio dei giorni di maestro o di padre amorevole la lucida Limpida trama fantastica. Un best seller italiano ,popolar nazionale figlio della mia fantasia d’uomo alle prese con il demone dello scrivere. La frenesia dello scrivere il sondare l’animo umano Le mille facce interiore d’una realtà fenomenologia attiravano il mio interesse di studioso. Lessi centinaia ,migliaia di libri in proposito sull’ esistenzialismo, dal francese Sartre ad altri Filosofi .Quella cultura introspettiva così radicata Nell’interiorità dell’individuo, creavano in me un isola felice Nella mia quotidianità. Presi a condurre bella vita, girando per musei e gallerie passando giorni in biblioteche . Inseguendo muse ignude per i boschi sacri sulle pendici del mio parnaso ideale. Maschere antropomorfiche destavano in mè similitudini D’una coscienza fenomenica ,volevo vivere e tiravo a campare Girando tra circoli e club declamando i miei versi sibillini Al mesto pubblico accorso a sentire gli incontri poetici Organizzati. I partecipanti a questi riding in genere era gente anziana professori di lettere , medici , pensionati illuminati nel tardo dei loro anni da una visione più poetica della vita. Giornalisti dall’aria critica intellettuali all’avanguardia . Le serate erano giubilare ,io recitavo canticchiando versi Di mia fattura fatti con palmo di mano e ingredienti vari Tratti dalla storia letteraria tradizionale locale . Un mixer di mia iniezione ad effetto allucinante lirico spastico Che facevano addormentare di botto e poi svegliare di colpo il lettore facendolo saltare dalla sedia e applaudire calorosamente Alla fine della lettura . Riverendo e recitando mantra di ringraziamento svanivo nella sera per rifugiarmi nella mia stanza d’albergo dove vivevo da solo separato ormai da mia moglie e mio figlio . M’ero ridotto ad essere ,calvo e barbuto trasandato bohemien D’ultima generazione con quella vita avevo finito per perdere anche il posto di lavoro ,mi trovavo sul lastrico e per campare Davo qualche lezioni private d’ inglese a gli studenti liceali D’una scuola vicino alla mia pensione ove alloggiavo. Di sera invece indossavo la giacca bianca del cameriere e servivo ai tavoli d’una trattoria Al grappolo D’uva . Guadagnavo discretamente realizzavo i miei sogni letterali mi ritenevo felice ma in fondo a me stesso affogavo in un pozzo nero di delusioni ed amarezze Divenivo assai triste quando ricordavo d’aver lasciato Soli mia moglie Carla e il mio piccolo adorato bambino Dante. Provai a ricominciare ,volevo ritornare indietro seppellire quel passato che m’aveva reso trasandato e vagabondo. Ritornare in seno alla mia famiglia far pace con mia moglie Non fù più ahimè possibile, poiché lei adirata e offesa dal mio Comportamento era divenuta convivente d’un giovane facoltoso medico dai sani principi. Furono per mè momenti dolorosi e crudeli La notte non riuscivo più a dormire e in mezzo a quel mare di malinconie e sconfitte presi a scrivere un lungo romanzo In versi che finito inviai ad un editore famoso di Milano Egli mi fece partecipare ad un noto premio nazionale ed io con mia gioia, il mio libro fù premiato come miglior scritto inedito. Dopo avuta quella soddisfazione morale. Bruciai tutti i mie manoscritti ritenuti inutili e brutti. E mi recai sbarbato e ben vestito a casa di mia moglie . Volevo riabbracciare il mio piccolo Dante non volevo più separarmi da lui. Fui un momento toccante, lo ricordo ancor oggi con le lacrime a gli occhi. Lui giocava sulle scale nell’androne principale del palazzo di via Morelli insieme ad altri suoi amichetti. Stentai nel riconoscerlo a prima vista. Quando lui era cresciuto e fattosi alto. Poi l’istinto mi fece avvicinare a lui, l’abbracciai e piansi In quel mentre scendeva Carla giù dalle scale , carica della Spesa fatta al supermercato mi vide si fermò emozionata gli caddero da mano le buste di plastica. E farfugliando Chiamandomi per nome Giacomo s’avvicino Al bambino piangendo e disse: Credevo che non ti avrei mai più rivisto . Ti ho reso infelice Carla non sai quanto mi dispiace voglio ritornare insieme con te farmi perdonare , ho bruciato ogni libro e ogni mio quaderno di poesia. Voglio ritornare ad essere come prima Un uomo normale con moglie e figlio . Ciò che ho passato mi ha maturato e cambiato molto . Perdonami ti prego. Non è più possibile Giacomo ora vivo insieme ad Angelo Gli voglio bene e anche Dante si è affezionato a lui . Va via per favore prima che lui ritorni e andato a parcheggiare l’auto nel garage qui vicino. Non voglio che Dante capisca ciò che stà succedendo. Ma io ti amo Carla tu e Dante siete la mia vita io non posso Vivere senza di voi. Per favore Carla dammi un’altra possibilità Ti prometto sono cambiato ,non leggerò più neppure il giornale del mattino sé tu vuoi. No Giacomo te lo ripeto è troppo tardi . Tu hai voluto provare , avere le tue esperienze ,hai infranto Le regole e i doveri di marito e padre adesso e difficile cerca di capirmi, ritornare ad essere ciò ch’eravamo prima. Mentre la discussione s’accendeva ecco giungere Alle mie spalle Angelo . Tolga subito le mani di dosso da quella donna mi gridò s’allontani immediatamente , ho chiamo subito i carabinieri . Ti faccio arrestare brutto manigoldo. Se non te ne vai…. Io rimango senza parole, poi cerco d’afferrare Dante E provare a fuggire. Ma Carla mi strappa il bambino Dalle mie braccia io perdo l’equilibrio mi giro inciampo e vado a sbattere con la testa sullo spigolo della scala di marmo. Perdo sangue tanto, sento svenire vedo ombre bagliori Per settimane e mesi rimango in coma. Disteso su un umile letto d’ospedale collegato a macchine che m’aiutano a respirare e sorvegliano il mio elettroencefalogramma . Privo quasi di vita ormai l’unico mio modo per evadere dal quella mia inferma condizione di paralisi del corpo ,non mi resta Che sognare. Sognare di aver sognato la mia vita Sognare realtà immaginarie d’inenarrabile bellezza il mio ritorno a casa , i mie giorni pigri in compagnia di Carla con stretto tra le braccia il mio piccolo Dante. Giungere ove mai uomo s’era avventurato nel mondo metafisico Ove possibile incontrare spiriti ed entità sopranaturali . Riuscire a parlare con il Buon Signore per poter ritornare Di nuovo a vivere tra coloro che un giorno m’amarono . Un impresa difficile quasi sovraumana , prego intensamente Poi un mattino vedo una luce illuminare la stanza ,tra l’intesa Luce bianca e soffusa dei volti angelici ed una mano stringere la mia. Un intenso calore riscalda il corpo, un fremito di vita corre dentro di me generando elettrici impulsi vitali, apro gli occhi lentamente Vedo Carla e Dante piegati sul mio corpo inerme stringermi la mano. Provo a sentire, odo una debole vocina dire: Forza Papà…. Mamma ti ha perdonato . Si Giacomo dice lei commossa : Guarisci per noi ti rivogliamo insieme per sempre. Come prima .Amore mio perdonami e tutta colpa mia. Avrei dovuto starti accanto ,abbandonarti mai . Provo ad alzare la mano ,mi sforzo a parlare. An…ch..io vi vo…g.lio be..ne. Non sono sicuro che loro mi hanno sentito ,sgrano gli occhi Vorrei saltare dal letto ma mi mancano le forze così piombo di nuovo nell’oscurità . Cosa dite Dottore Giacomo c’è la farà ad uscire dal coma La prego dottore mi dia una speranza Io sono la mamma Una madre deve sapere come stà veramente suo figlio. Signora su non faccia così ci sono buone possibilità . Ho visto casi ancora più gravi destarsi da questo sonno Profondo e ritornare a vivere di nuovo . La nostra fede è la nostra speranza. Signora vedrà tutto passa e muta il tempo e il migliore dottore che ci sia al mondo. Povero Giacomo era così buono e piangendo la madre Scende le scale dell’ospedale ,imbocca l’uscita e senza Neppure voltarsi indietro sparisce tra la folla . Giacomo solo disteso sul letto forse in compagnia di cavalieri erranti e dulcinee da salvare dorme e continua a vivere il suo Immortale magnifico sonno poetico infinito, dolce, eterno.
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