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 4 Favole e Racconti / Tales - Galleria artistica
 Ariel, il piccolo angelo, favola per bambini e non
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Renato Attolini
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Inserito - 11/12/2005 :  23:48:47  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Renato Attolini Invia un Messaggio Privato a Renato Attolini
Come tutte le mattine, da quando era cominciato il nuovo anno scolastico, Ariel arrivò in ritardo a scuola e come tutte le mattine dovette sopportare gli scherni dei propri compagni e il rimbrotto dell’insegnante.
“Ariel, ragazzo mio! Non diventerai mai un bravo angelo custode fino a quando non imparerai ad essere puntuale! Gli umani hanno bisogno della nostra presenza assidua e costante e se tu già arrivi tardi alle lezioni come potrai essere loro d’aiuto?” La voce del professor De Angelis era bonariamente severa, in fondo aveva una simpatia per quel piccolo angelo distratto e un po’ imbranato. Il clamore degli altri studenti si fece più intenso e il professore dovette faticare non poco a riportare la calma.
“Oggi, cari ragazzi, daremo l’esito dell’ultima prova scritta, quella che permetterà a chi l’ha superata di passare all’anno successivo. Siete andati tutti bene, tranne….”e qui la voce gli si fece un po’ triste “tranne tu Ariel….mi dispiace tanto ragazzo mio, ma dovrai ripetere il corso”.
Ariel chinò la testa silenzioso e imbronciato e quando finite le lezioni, si ritrovò solo scoppiò a piangere ed invocò il Buon Dio:
“Signore, aiutami tu. Fa in modo che io possa diventare un bravo angelo custode, dammi Tu una possibilità”.
Il Buon Dio, che oltretutto era nelle vicinanze, sentì l’accorata invocazione di Ariel e decise d’aiutarlo. In fondo anche a Lui era simpatico e gli faceva una gran tenerezza.
“Ariel, piccolo mio” gli disse dolcemente il Signore “Ti manderò sulla terra a fare un po’ di pratica. Ti sceglierai una persona alla quale stare al suo fianco e dovrai cercare d’aiutarla, ma” e qui il tono di voce si fece serio e grave “ricordati che agli Angeli è proibito assolutamente intervenire direttamente nella vita di un umano, possono si aiutarlo, consigliarlo, ma la scelta rimane sempre e solo la loro!”
Fu così che Ariel si ritrovò sulla terra in cerca di qualcuno a cui stare vicino e dopo averne esaminato un po’, la sua scelta cadde su una bambina di nome Erica, che era un vero e proprio terremoto. Indisponente, maleducata, dispettosa, arrogante, sembrava che riunisse in sé tutte le cattive qualità che ci fossero in giro ed era fonte di gran dolore per i suoi genitori che non sapevano proprio come addolcirla, sarebbe più giusto dire addomesticarla perché sembrava proprio un puledro imbizzarrito. “Bene” si disse fra se Ariel “Se riuscirò a cambiare il carattere di questa bambina, potrò tornare a scuola e conseguire il diploma d’Angelo Custode con pieno merito.
Si mise subito all’opera cominciando a bisbigliare all’orecchio d’Erica quello che era giusto e quello che non era giusto fare, sperando che la bambina ascoltasse i suoi moniti. Passò una settimana, ne passò un’altra, passò quasi un mese ma niente da fare! Erica era più cattiva che mai, le sue compagne di scuola la evitavano per non dover subire le sue angherie e i genitori erano sempre più affranti. Ariel era disperato, si sentiva un fallito e una notte che era più sconsolato del solito si rivolse ancora al Buon Dio.
“Signore, ti prego aiutami ancora. Cosa posso fare per calmare quella peste? Non mi ascolta neanche un pochino! Come se non esistessi!”
Il Buon Dio ascoltò i lamenti del piccolo angelo e gli rispose.
“Certo Ariel, è proprio così. Alcune persone, e purtroppo sono tante, sono così superbe e così assolutamente insensibili che è impossibile comunicare con loro. Per cui per quanti sforzi tu faccia, quella bambina non ti ascolterà mai e proprio come se tu non esistessi.”.
“Allora, che posso fare? Se ritorno su senza aver combinato nulla, tutti si prenderanno gioco di me, ancora più di prima. Dammi un aiuto, ti prego.” Implorò Ariel.
“D’accordo Ariel, ma questo è l’ultimo. Sai quali sono le regole, vero? Però stanotte ti permetterò di entrare nei sogni di quella bambina. Ti ricordi che a scuola avete letto <Canto di Natale> di quello scrittore umano che si chiama Charles Dickens? Bene, non ti dico una parola di più. Buona fortuna!” e così il Buon Dio si congedò.
Ariel rimase un po’ perplesso. Certo si ricordava di aver letto quel racconto e gli era anche piaciuto tanto, ma cosa c’entrava col suo scopo? Ad un tratto, capì e il suo volto s’illuminò di gioia. Attese la notte e quando Erica s’addormentò s’infilò nella sua testa e nei suoi sogni. Santo Cielo, anche qui ne combinava di tutti i colori! Gonfiò i polmoni e soffiò con forza: tutto quello che stava sognando svanì ed apparvero delle grossi nubi e fra queste avanzò la figura di Ariel.
“Cosa succede? Chi sei tu?” gridò Erica, un po’ spaventata.
“Vieni Erica, vieni con me” Ariel le tese una mano che la bambina rifiutò.
“No, non vengo, dove mi vuoi portare?”
“Andiamo a fare un lungo giro, ma prima guardati un attimo allo specchio” le sussurrò Ariel.
Erica sempre più spaventata si rimirò nello specchio della sua stanza e lanciò un grido: al posto della figura di una bambina c’era quella di una donna ancora giovane ma decisamente malmessa. Erica vi si riconobbe.
“Ma quella sono io, cosa diavolo mai è successo?” ormai era terrorizzata.
“Per favore, lascia stare la concorrenza e vieni con me.”. Ariel le tese la mano che stavolta Erica non rifiutò e improvvisamente si sentì trasportare in aria, sempre più in alto.
“Dove stiamo andando, ho paura!”gridò Erica.
“Guarda in basso, stiamo arrivando” Ariel la strinse forte e ed insieme atterrarono in un cimitero, dove si diressero verso due lapidi.
“Li riconosci?” le disse Ariel.
Erica guardò le foto dei suoi genitori e cacciò un altro grido, l’ennesimo di quella notte.
“Mamma, papà!” cominciò a piangere “Ma com’è successo?”
La voce di Ariel si fece profonda.
“Tua mamma, tu lo sai, era sofferente di cuore. Non si può dire che tu col tuo comportamento l’abbia aiutata a guarire, anzi. Quando se n’è andata, tuo padre non ha resistito per molto tempo, ed eccoli qui.”.
“Mamma, papà” ormai Erica piangeva a dirotto.
“Vieni Erica, il viaggio non è ancora finito.”. Ariel le prese la mano e volarono ancora, stavolta fermandosi davanti ad una casa abbandonata e ormai in rovina.
“Ma questa casa mi sembra di conoscerla!” esclamò Erica “Ma si! Questa è casa mia! Come mai si è ridotta così?”
“Vedi Erica, dopo la morte dei tuoi genitori, nessuno più c’è venuto ad abitare. Nessuno ti ha voluto con sé e sei finita in un orfanotrofio e la casa è andata in malora.”.
“No, non è possibile” Erica si mise le mani sul volto.
In quel mentre dalle finestre illuminate di una casa vicina risuonarono delle risate con il sottofondo di una musica allegra.
“Evviva, qui ci abitava una mia compagna di scuola, lei mi aiuterà senz’altro” Erica improvvisamente rincuorata s’avvicinò alla casa e bussò.
Una signora molto elegante aprì e guardò la nuova arrivata.
“Desidera?” le chiese gentilmente.
“Non ti ricordi di me, sono Erica, la tua compagna!” le rispose eccitata.
La signora la squadrò per un attimo e poi proruppe in un’esclamazione:
“Oh, Santo Cielo! Erica! Ma come ti sei conciata?” poi si rivolse all’interno della casa e gridò:
“Ragazze, correte, presto!” arrivarono altre signore anch’esse tutte ben vestite.
“Ve la ricordate quella mocciosa di Erica, quell’essere odioso, arrogante e prepotente che si credeva d’essere la padrona del mondo? Guardatela adesso!”
Le altre donne la fissarono e poi tutte insieme cominciarono a ridere, sempre più forte fino a che le loro risate diventarono assordanti.
Erica balzò a sedere sul letto, madida di sudore e tremante di paura. Si guardò intorno: era nella sua stanza, lo specchio le rimandava l’immagine di una bambina. Capì che era stato solo un brutto sogno, ma non riusciva comunque a calmarsi.
In quel mentre sua madre entrò nella stanza e le disse dolcemente di alzarsi che era pronta la colazione.
“Mamma!” Erica le corse incontro, l’abbracciò piangendo disperatamente.
“Erica, tesoro mio, che ti prende?” le disse la mamma, commossa e confusa.
“Mamma, oh, mamma! Papà dov’è?”
“E’ giù da basso. Dove vuoi che sia?” sua madre era sempre più sconcertata.
“Mamma, papà, perdonatemi. Vi giuro che da oggi cambierò completamente!”
Ariel guardava soddisfatto la scena e gli sembrò di sentire l’eco lontana di un lungo applauso. Non si sbagliava. La sua missione era terminata e il suo ritorno fu trionfale. I compagni di scuola l’accolsero con grandi pacche sulle spalle, il Buon Dio gli strizzò l’occhio ed il professor De Angelis gli consegnò il diploma “Ad Honorem” di Angelo Custode.
“Bravo Ariel! Te lo sei meritato” gli disse “Adesso meriti un premio, chiedi quello che vuoi e sarai esaudito.
Ariel ci pensò su un po’ e poi disse.
“Vorrei….vorrei essere ufficialmente l’Angelo Custode di Erica.”


   
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