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 Il coraggio di dire a Chrissie
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July
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Inserito - 27/08/2006 :  20:18:30  Mostra Profilo  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a July

Nessuno fino ad allora aveva avuto il coraggio di dire a Christina che aveva rotto; ma giunta che fu a circa un anno dalla comparsa della propria straordinaria aberrazione, ella se ne accorse da sola. Da sola, senza bisogno di parole o frasi che incrementassero il dolore.
Così come leggeva chiaramente, o quasi, nel libro del passato, del futuro e del presente dei suoi interlocutori, ella leggeva nei loro sguardi spazientiti, senza l’uso di doti paranormali o affini, le frasi che con ogni probabilità non avrebbe mai udito. Frasi come “Sei una iettatrice, bionda, stammi lontana perché stare vicino a te significa solo finire in un oceano di guai”, o come “Non ti sopporto, piccola commediante, cosa vuoi da me hai avuto la tua buona dose di pubblicità grazie a questa fesseria della dote della chiaroveggenza hai avuto la fama i soldi e adesso sei pure figlia unica, e allora sai che ti dico tesoro prenditi il tuo fagottino e gira alla larga”.
Chrissie non sapeva cosa fosse peggio; se essere considerata una sporca imbrogliona che stava sguazzando nella fama scaturita dall’incidente in cui Andrew aveva perso la vita, o essere considerata la portatrice di sfiga per eccellenza. Se lo domandava, fissando le unghie laccate d’azzurro dei suoi piedi, lasciate scoperte dai succinti sandali neri alla schiava, che le cingevano le gambe dalla caviglia al polpaccio.
“Forse non dovrei preoccuparmi di questo” pensò, mentre d’un tratto il suo sguardo scivolava sul bordo del divano scamosciato sul quale sedeva “Ma solo di me, e della mia memoria. Non oso pensare dove mi condurrà questo problema”.
La porta si aprì, ed un giovane uomo comparve. Era un criminologo, che aveva chiesto di parlarle; lavorava attorno alla ricostruzione dell’identikit dell’assassino di Eleanor Garrett.
Il giovane, di nome Samuel Sullivan, si sedette sulla poltrona di fronte a Chrissie, che nel frattempo aveva già dimenticato i pensieri poco prima partoriti. Si era persa nell’osservare la figura della persona appena entrata; un ragazzo talmente magro che la camicia che indossava sopra i jeans sembrava quasi penzolargli sopra i fianchi quasi fosse appesa ad un manichino. Ma era contenta che fosse giovane. Una persona anziana l’avrebbe sicuramente inibita.
Egli la osservava, con l’aria serena e distesa, a un passo dal poter essere definita sorridente. Aveva gli occhi grandi ed i capelli, castani, leggermente lunghi. I suoi occhi guardavano diritti davanti a sé, orientando lo sguardo verso quello di Chrissie; senza apparentemente prestare attenzione al suo vestitino di lino, azzurro, e alle ginocchia ossute che si appoggiavano l’una contro l’altra davanti al bordo del sofà.
“Ciao, Christina. Posso darti del “tu”? Posso chiamarti Christina?”
Christina annuì.
“D’accordo – replicò Samuel inviandole un ampio sorriso – Tu sei Christina, ed io sono Samuel. Desidero che anche tu mi dia del tu.”
Protese verso di lei la mano esile dalle dita affusolate; Chrissie, un po’ dubbiosa, fece altrettanto. Con una stretta di mano, fu sancito il fatto che si conoscevano.
“Ti avranno detto che sto lavorando attorno alla morte di Eleanor Garrett.”
“Credo…credo di si.”
Samuel assunse un’espressione leggermente stupita.
“Come…credo?”
“Forse non gliel’hanno detto, signor…signor…”
“Sono Samuel. E dammi del tu.”
“Va, va bene. Vedi, io soffro di ipomnesia. Si, ecco, ho grossi problemi che riguardano la memoria a breve termine, quella che gli esperti definiscono “memoria di lavoro”. Non sto a spiegarti nei dettagli cos’è, ma per farla breve, mi capita ad esempio di uscire di casa per andare dalla parrucchiera, e d’un tratto…paff, non ricordo più dove stavo andando.”
Samuel l’ascoltava con attenzione.
“Si, insomma, mi ritrovo ferma in mezzo alla strada, e non so più qual’era la mia strada all’inizio. Oppure, mentre sto parlando di qualcosa, di qualsiasi cosa, mi distraggo un attimo ed è finita. Non ricordo più cosa stavo dicendo.”
Chrissie parve aver terminato la sua spiegazione. Samuel annuì, a metà tra l’ incredulo e l’amareggiato.
Era una bella botta scoprire che una ragazza così giovane era portatrice di una mutilazione così consistente. Peggio che se il suo viso fosse stato deturpato da un’enorme cicatrice dal bordo spesso; ed era incredibile che parlasse con tanta tranquillità del suo handicap, come se sotto sotto non gliene importasse nulla. Non poteva certo essere così.
“Ma…cosa stavo dicendo?”
D’un tratto, Chrissie aveva scosso il capo, senza assumere un’espressione particolarmente sorpresa, e si era portata le mani alle tempie. Samuel accorse in suo aiuto.
“Mi stavi spiegando perché non eri certa che ti avessero parlato di me.”
“Ah! Si, dicevo appunto che credo mi abbiano spiegato tutto, ma non ne sono sicura.”
I suoi occhi si erano appena illuminati, facendo si che Samuel provasse per lei un’immensa tenerezza. Ora la guardava con gli occhi un po’ sgranati, e la bocca che formava una specie di “o”.
“Volevi…chiedermi qualcosa?”
“Si, io…volevo chiederti…cos’hai visto, quel giorno.”
“Quale giorno?”
“Il giorno che hai saputo – esitò prima di dire “saputo” – che Eleanor Garrett era morta.”
Chrissie parve concentrarsi.
“Tanto per cominciare…foglie secche. Tante foglie secche. Poi alberi, uno dietro l’altro. Filari di alberi dai rami nudi, che scorrevano come dentro un film…e poi ho visto lei.” Gli occhi di Chrissie si inumidirono per le lacrime.
“Come l’hai vista?” Samuel cercò di aiutarla.
“Legata. Legata ad un albero – il tono di Chrissie si fece grave, come la prima volta – Coi segni della corda impressi sulla pelle. Col sangue che cola da quei segni. E col capo chino, come addormentata…”
Scoppiò a piangere.
“L’hai vista anche adesso?” domandò Samuel con molta cautela.
Chrissie sollevò il viso su di lui, e rispose con un filo di voce: “A momenti la vedo. Succede sempre così.”
“Ma non hai idea di chi l’abbia condotta lassù, vero?”
Christina provò nuovamente a concentrarsi, ma subito scosse il capo.
“E’inutile.”
“Non vedi nessuno?”
“Solo ombre nere fuggenti. Potrebbe trattarsi di chiunque.” Lo sguardo di Christina transitò sulle spighe di grano che riempivano un vaso di legno collocato proprio al centro del tavolino che la separava da Samuel. Dopo qualche istante, risalì, carezzando le mani di Samuel, il color carta da zucchero della sua maglietta, e giungendo infine ai suoi occhi scuri, che non cessavano di fissarla. Parallelamente a ciò, il ragazzo si domandava che effetto facesse chiudere gli occhi ed osservare un replay contenente i dettagli appena descritti.
“Proprio un’orrenda mutilazione”, pensò lui cercando di non far trapelare la propria compassione “Questa ragazza non è poi molto dissimile da un cieco o un moncherino, o un nano del circo”
Christina si sentiva osservata, e questo la turbava. Non poteva percepire i pensieri dell’altro, ma si domandava entro quanto tempo l’opinione che egli aveva di lei si sarebbe tramutata in uno dei due rami della dicotomia.
“Sarò l’attrice o la iettatrice” si domandò, e un’enorme senso di rassegnazione si stese su di lei, simile a una nube che minaccia pioggia da un momento all’altro.
“E’…è da molto che ti capita?”
La domanda giunse inaspettata.
“Come?” domandò Christina, scontrandosi con lo sguardo attento di Samuel.
“E’ da molto che hai di queste visioni?”
Gli occhi di Christina si rivestirono di un profondo, ineluttabile senso di malinconia.
“Dal giorno del funerale di mio fratello.” Tacque, chinando il capo. Ma risollevandolo, per la seconda volta si imbattè in quello sguardo accogliente, e nel corpo di Samuel, proteso verso di lei come per incoraggiarla. E allora le parole cominciarono a uscirle di bocca, in maniera naturale, quasi fossero acque di fiume che scorrono veloci e sempre nella stessa direzione.
“Quel giorno, ho visto la casa di Gilly, una sua compagna di classe, che prendeva fuoco come un rogo. E’ successo tutto così all’improvviso, e io ho avuto tanta paura…Gilly si è avvicinata a me in lacrime, mi ha abbracciato, e allora….” Il ricordo della prima visione si abbattè su di lei serrandole la gola in un nodo.
“Allora…?”
“Allora, ho avvertito una specie di scossa elettrica, solo molto rapida…che mi risaliva su per la schiena….e mi giungeva alla testa. Solo allora, quando l’ho sentita come…come un incendio dentro la mia testa, ho visto tutto.”
“Tutto cosa?”
Chrissie sentì le lacrime calde bruciarle la pelle del viso fino a solcarle il mento.
“Ho visto…ho visto lingue di fuoco sollevarsi verso il cielo, e verso le nubi. Si ergevano da una casa che non avevo mai visto, dalle pareti bianche e gli infissi verdi. Non so come, ma ho sentito che era sua.”
“Hai sentito che era sua?”
“Si, a volte sento anche di queste cose.”
“E poi? Cos’hai visto?”
“Ho visto una bambina vestita di celeste, con una bambola stretta fra le braccia. Piangeva e strillava perché tutt’attorno le fiamme le impedivano di camminare…- Chrissie iniziò a singhiozzare, mentre cercava disperatamente lo sguardo di Samuel – Quella bimba era la sorella di Gilly, ed è morta veramente così la settimana dopo!”
“Cos’hai fatto quando Gilly ti stringeva e tu hai saputo tutto questo?”
“Non potevo fare niente….- replicò con voce talmente flebile che più che una frase sembrò un gemito - …non sapevo nemmeno cosa mi stesse capitando.”
Samuel provò l’impulso di abbracciarla.
“Adesso le cose non fanno che peggiorare.” Disse poi Chrissie.
“Perché? Hai nelle mani un potere che….”
“…che fa si che venga considerata portatrice di sciagure.”
La conclusione introdotta da Chrissie non destò troppo stupore nei pensieri di Samuel. Ma il ragazzo decise di fare in modo che lei non se ne accorgesse.
“Forse hanno solo paura.” Commentò.
“Io … non vorrei che avessero paura di me. E’ molto brutto pensarlo.”
Samuel le carezzò il dorso della mano.
“Non di te, ma del tuo…essere diversa, si. Chiamiamolo così. A volte la gente ha molta paura del diverso.”
Chrissie osservò il suo interlocutore; ora era lei ad essere attenta a ciò che udiva.
“E’ solo che tu non hai ancora avuto il coraggio di mostrarti loro per quello che sei, nella tua totalità. E non sei mica solo la Christina che vede il futuro.”
Chrissie annuì.
“Quando scopriranno quale fiore di campo si nasconde dietro il corpicino di una chiaroveggente, con ogni probabilità vedranno quello che io sto vedendo qui adesso.”
Chrissie arrossì, e guardando Samuel, seppe che stava osservando il volto di una persona di cui poteva fidarsi.
“Ora…ora è meglio che vada.” Disse. Samuel la salutò sorridendo, e mentre ella apriva la porta, si chiese quanto, di lì a poco, Chrissie avrebbe ricordato della loro conversazione.
Al suo lavoro, poco in realtà era servito. Ma alla sua umanità, quella ragazza aveva appena apportato un prezioso contributo. Sofferente di amnesia e per di più predittrice di sciagure. Samuel aveva avuto modo di conoscere tanta gente, nel suo lavoro; gente di ogni dove, a cui spesso la vita aveva giocato tiri mancini di ogni sorta; gente sulla pelle della quale il destino aveva effigiato il proprio marchio crudele; persone nel cui cuore pulsavano, assieme ai battiti della vita, le nude cicatrici scolpite dagli eventi.
Ma in cuor suo, adesso egli pensava che nessuno di quei cuori dilaniati era così giovane; o, almeno, non ne aveva ancora incontrato. Così si avvicinò alla tenda bianca della finestra, e gli rivenne in mente il pensiero che sin dall’inizio aveva svolazzato su di lui.
“Un orrenda mutilazione” si disse osservando il colore violaceo del tramonto “Proprio un’orrenda mutilazione”.
(continua)
July
   
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