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 4 Favole e Racconti / Tales - Galleria artistica
 L'ALCHIMISTA
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zanin roberto
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Inserito - 04/03/2008 :  23:52:52  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a zanin roberto

ALLA RICERCA DELLA PIETRA FILOSOFALE

I vapori densi, violacei, salivano nel refrigerante e si condensavano in un liquido rosso amaranto che scendeva via, via, più fluido e si raccoglieva in un beker di vetro trasparente spesso, ormai il livello era di oltre 500 millilitri.
Soddisfatto Ser Uberto da Suzzolino si strofinava le mani affusolate e magre,la barba bianca e grigia, incolta, gli nascondeva un mento acuto e guance rosse e gonfie, erano settimane che tentava di ottenere del bromo, con quel caratteristico odore irritante e sgradevole ma cosi essenziale ai suoi esperimenti di alchemia. Il tocco delle campane che chiamavano a raccolta i poveri servi della gleba, gli avevano messo premura, il buio ora scendeva rapido e doveva affrettarsi, accese una lampada ad olio e si stropiccio gli occhi, guardò fuori dalla sua nera finestra e intravide il curato di Corduvat che stava salendo dalla piazza Duomo verso la porta castellana. Apri la finestra e arieggiò l'ambiente che era saturo di fumi alogeni,ma si accorse che il prete stava venendo proprio da lui, fulmineo prese un panno bianco e avvolse il contenitore con il bromo liquido, rosso amaranto.
- " Buona sera Uberto, posso introdurmi nello vostro laboratorio ? " disse il sacerdote con un sorrisetto curioso.
- " Onorato, fedele servo di Dio, qual vento vi conduce a meco ? " rispose, assecondando l'intruso.
- " Oh ...voi siete homo di scianza e non abbisognate di tante spiegazioni...vedete, nello mio operare, io debbo, intendete bene, cercare di tener lo gregge entro i limiti delle sacre scritture, voi intendete ... onesto speziale ?! "- mentre parlava con lo sguardo roteava all'intorno e con il naso cercava di intuire la natura di quegli odori cosi strani.
- " Voi mi conoscete come timorato et umile servitore della chiesa, non altro che la scianza mi guida, mai bramai profitto, mai tradii lo mio scrupolo d'esser fratello allo bisognoso, ecco io mi smarrisco a pensar lo vostro intento! " - rispose difendendosi e parandosi davanti al curato invadente.
- " Dunque io vi esorto a continuar a servir la fede e non mai a praticar sconvenienti fatture...et facende che non siano di cristiana natura....!"- tuonò inquisitorio il prete.
Mentre il curato continuava a girar intorno a un avviso mai esplicito, i fumi del bromo salendo avevano colorato il panno di viola e iniziato a corrodere il tessuto, emanando un odore di bruciato e asfissiante. Accortosi del fenomeno, non volendo che il prelato se ne accorgesse, lo allontanò dal tavolo e lo fece accomodare in una stanza attigua, dove gli versò un bicchierino di liquore alle erbe aromatiche e lo rassicurò sui suoi intendimenti.
- " Credo di aver capito che voi temete che io usi la mia scianza per la ricerca della "pietra filosofale", ma come vedete non ho li mezzi necessari, non ho la capacità richiesta, non ho especialmente la volontà. Vi assicuro che nelle mie pratiche, tutto è sotto il severo giudizio della mia cristiana coscienza..." cosi dicendo si fece il segno della croce.
- " Ora, perdonerete lo mio affanno ...ma ho una questione personale da sbrigare con la massima solerzia..."-
- " Ser Uberto da Suzzolino, mi congedo con animo sereno, avendo avuto da voi la giusta rassicurazione...che il buon Dio vi conceda luce et fortuna...saluti speziale"-
Cosi dicendo, usci mentre una nebbia leggera si sollevava dal fossato del fiume Ligugnana, quasi ci fosse la necessità di ovattare quel luogo.
Chiuso con il catenaccio il portone del suo laboratorio, l'impavido alchimista, ritornò al suo lavoro. Il panno fuso si era forato in un cerchio perfetto, del diametro del recipiente, pulì i residui e si mise con un mantice a favorire il fuoco di un piccolo forno che lentamente portava le pareti refrattarie a incandescenza. Il forno aveva un piccolo cammino che era collegato com una tubazione ceramica di pochi centimetri di diametro ad un raccoglitore immerso nel ghiaccio, prese il bromo liquido e lo aggiunse ad una amalgama di mercurio liquido e piombo, in cui ora aveva aggiunto una soluzione concentrata di acido solforico e fosforo, quindi velocemente aveva immesso il tutto nel forno.
Una vampata fulminea aveva illuminato la stanza, forti odori di strane sostanze stratificavano nell'ambiente, vapori soffocanti e schizzi corrosivi punteggiavano le superfici intorno. Ora doveva far presto, aveva corroso i guanti di paglia intrecciata, dal camino del forno si erano incanalate dense bolle color sangue che raggiunto il freddo ghiaccio si solidificavano in gialle piumuzze, pochi grammi di un composto rilucente, un miracolo, forse ce l'aveva fatta!
Oro...il metallo divino si era formato con quella trasmutazione...il mistero cosi a lungo cercato era svelato!...era al settimo cielo, soppesava un vecchio libro, scritto in arabo, sorrideva compiaciuto al suo fortunato tentativo. Prese un crogiolo in ceramica bianca e si avvicinò al condensatore, dove le piccole porzioni di composto giallo erano depositate, ma...allo stupore, incredulo, dovette ricredersi, li non c'era più niente. - " Impossibile! " - si disse, ma evidentemente la reazione era instabile e reversibile, la disperazione affiorava e la stanchezza di colpo lo vinse a un sonno finalmente libero di compiersi.
Il mattino era piovoso e il grigiore della giornata ben si allineava con il suo umore, bussarono al portone e quando apri ancora assonnato, la giovane donna che lo aiutava nelle pulizie e in cucina, si accorse subito che Ser Uberto aveva l'umore nero.
- " Ser Uberto ma cosa è successo ?...avete una faccia e questo odore che soffoca!...ma guardate lo porcile che avete combinato...voi un giorno sparirete con le vostre stregonerie...qui bisogna far aria, per S.Andrea patrono del nostro contado, voi non mi dite la verità! " - iniziò a predicare la governante.
- " Ohhhh....donna, donne, sempre a cercar lo vizio dell'homo, sapete che lo mio lavoro è l'alchemia, onde io son esposto alli odori degli elementi che compongono il mondo! " -
Aveva spalancato le finestre proprio nel momento in cui tuoni lontani, annunciavano temporali imminenti, dopo una fugace colazione, a base di noci e latte, Uberto si apprestava a ripetere l'esperimento, però aggiungendo del rame all'amalgama di piombo e mercurio e quando apri il rubinetto di acido cloridrico che scendeva nei sali di mare, il bromo iniziò a svilupparsi violaceo, fumi densi. Il temporale si avvicinava velocemente, forti scariche elettrostatiche si abbattevano con rumorosità a terra, l'alchimista non ci badava, era concentrato sui suoi alambicchi, nel momento in cui pose gli elementi d'amalgama nel forno, una luce accecante si sviluppo come un vulcano che improvvisamente erutta. Lo spostamento d'aria lo gettò a terra, un forte odore d'ozono pervase il laboratorio, vapori densi rossi erano stratificati bassi vicino al pavimento, il forno era un sole innescato, un fulmine si era abbattuto sulla carcassa che aveva preso a brillare, ora lentamente il gradiente termico colassava. La sua reazione sperimentale era andata persa, bisognava rifare tutto, pensava rassegnato, ma non si accorse che nel condensatore non lontano, brillava di luce propria, una piccola pepita bianca candida, lucicava fosforescente, ma cos'era? Per un attimo credette di aver imprigionato il fuoco ma ben presto si rese conto che non bruciava e non scaldava, era una luce fredda e intermittente. Ore dopo però anche quella strana sostanza era sublimata, volatilizzata, in un apparire e scomparirre che lo faceva impazzire.
Le pagine gialle e stropicciate di quel libro scritto in arabo erano la sua fonte d'ispirazione ma non riusciva a decifrarne compiutamente il significato, cosi si decise a interpellare un suo amico, tal Ridolfo da San Vido che si affrettò a raggiungere con il cavallo di buon mattino. Quando i due si incontrarono, si abbracciarono con slancio, l'uno era testardo e un praticone nato, l'altro era invece un teorico e indeciso, insieme davvero si completavano. Tradussero per tutto il giorno le strane formule che erano indicate nel testo persiano e Uberto invitò Ridolfo al suo laboratorio, per assistere direttamente all'esperimento, ora che avevano le nuove opzioni operative. Cosi fecero.
L'autunno inoltrato si caratterizzava per quel vento sferzante che tagliava il fiato, la foresta era buia e umida, i lupi sempre più audaci ma il percorso non era che di un'ora soltanto e con impazienza raggiunsero il paese. I cavalli trotterellando entrarono in Corduvat, salirono al castello, dove le guardie lo salutarono e si imbatterono nel prete, don Begnigno che con un cenno della mano li fermò.
- " Salute a voi fratelli, Ser Uberto ma non avete la cortesia di presentarmi lo vostro accompagnatore ? " - disse con mielosa compiacenza.
- " Salute a voi, don Begnigno, sempre di ronda voi ?....eh le anime si devono inseguire, altrimenti scappano...eh,eh,...dunque ecco, lo mio collega e grande amico di scianza, Ser Ridolfo da San Vido, mio ospite! " - rispose per dovere.
- " Salute, curato, che il cielo ci abbia in perdono, mortali peccatori,spero che la salute vi arrida perchè se non colgo male le mie umili impressioni, voi avete una cera pallida, non buona, un suggerimento...bevete del latte caldo con un pò di melissa che è un toccasano! " - aggiunse l'amico, ben consapevole che il prete era un curioso sospettoso da allontanare brevemente.
- " Oh...grazie, grazie, cavalieri, ma sapete i tanti oneri dello mio uffizio, mi tediano a volte con grave peso,...sempre a inseguir l'eretico...voi mi capite veroooo ? " - ringhiò minaccioso il curato.
- " Se ci scusate, noi proseguiamo lo nostro andare, a presto don Begnigno ! " - tagliò corto Uberto stanco dell'inopportuno prete.
Spronando i cavalli se ne andarono, lasciando il prete in uno stato riflessivo e angustiato, sospettoso e diffidente come sempre.
Appena entrati nel laboratorio, i due si scambiarono le impressioni negative sul prelato, prima o poi avrebbe scoperto la loro attività di alchimisti eretici, bisognava usar prudenza e aver pazienza.
Nel mortaio si erano ora polverizzate frazioni di carbone, di clorato potassico, di zolfo in fiore e si stavano preparando a utilizzare la polvere nera per incrementare il gradiente termico del forno,cosi come suggerito dal testo ora finalmente estrinsecato,ma come ben sapevano era molto, molto, pericoloso. Quella polvere si infiammava con velocità e potenza incredibile, esplodeva e bisognava essere accorti nel dominare le forze e le quantità in gioco. Tutto era pronto, in quel giorno di novembre, dove un pallido sole cercava di sorridere alla terra, fuori il prete aveva chiamato un paio di guardie castellane e si stava dirigendo al loro laboratorio per una improvvisa ispezione che finalmente indicasse la loro colpa.
Il forno fu riempito dei componenti, la temperatura era all'incandescenza, Uberto gettò la polvere nera, Ridolfo cercò di coprire tutto con un coperchio metallico di piombo ma dopo pochi secondi un boato devastò il locale, una esplosione di immane proporzioni investi i due che furono scaraventati decine di metri lontano, ustionati e privi di vita, il curato fu travolto da una trave portante che gli spezzò il collo, cosi come le guardie che si trovarono investite da una pioggia di schegge.
Il sogno di Uberto, si era infranto con la poca conoscenza e il tributo pagato fu davvero alto, Ridolfo aveva l'espressione stupita di chi si era fidato, disegnata sul volto esangue,mentre il curato giaceva con il ghigno di chi ha aperto l'inferno, in fondo avevano perso tutti.
Vicino al forno, dilaniato, in quel che rimaneva del condensatore, riluceva senza svanire una piccola massa gialla, brillava colpita dalla luce, aveva l'aspetto dei filamneti d'un gomitolo, passarono le ore ma se ne stava sempre li, non regrediva, non sublimava, quello era oro, era proprio oro !
Il popolo accorso spense i fuochi, ripuli l'edificio e ricostrui la casa, ma nessuno si accorse che Uberto aveva trsmutato i metalli in oro, quel che intere schiere di alchimisti continuavano a cercare e nessuno lo seppe mai.

di Zanin Roberto

zanin roberto

   
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