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 il lupo abbandonato
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rosvita
Villeggiante


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Inserito - 29/03/2008 :  11:51:46  Mostra Profilo  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a rosvita
Il branco abbandona il singolo.
E’ chiaro.
Il branco, per non essere rallentato, intralciato, incasinato dal debole, lo abbandona.
E’ chiaro. No, di più: è giusto.
E’ necessario per la sopravvivenza del gruppo, e quindi della specie.
E mentre guidavo verso la mostra degli impressionisti ad Urbino (anche bella, tra l’altro), in un lunedì di sole che spaccava le pietre… pardon, l’asfalto della A14 a dispetto di tutte le previsioni, pensavo: si, ma al lupo abbandonato, cosa succede?
Cosa pensa il lupo abbandonato, quando si accorge che il gruppo sta riprendendo il cammino anche se lui non è in grado? Cosa pensa quando li vede ad uno ad uno sfilargli davanti, gli amici, i parenti, i cuccioli lupacchiotti con i quali ha spesso giocato, lui lupo un po’ crocerossino, sempre con il torcicollo a forza di voltarsi per vedere se qualcuno restava indietro? Cosa pensa mentre lo guardano, mesti, e proseguono oltre, come nella canzone di Daniele Silvestri “le gente che passa che guarda e intanto prosegue veloce”?
Il lupo probabilmente è incerto, vorrebbe fare un ultimo sforzo, rimettersi in piedi e provarci, RIprovarci ancora una volta a raccogliere le forze e rimettersi in cammino con loro, ma al tempo stesso non vuole. Il lupo non vuole più.
Il lupo, stavolta, vuole essere abbandonato.
Questo lupo è diverso dagli altri, e non può stare con gli altri. E’ un lupo schizofrenico, forse un po’ bipolare, certe mattine è in testa al branco e affatica gli altri imponendo ritmi serrati, e certi giorni invece è lì, che osserva una deviazione e polemizza se non la si esplora, e certi altri ancora è malato, dispendiosamente malato, consuma le provviste e la pazienza degli altri, imponendo ritardi ingiustificabili.
Il capobranco tollera, contesta apertamente e difende in camera caritatis, il capobranco ha dei doveri, e il lupo schizofrenico non gli permette di portarli a termine. Il capobranco sa che l’intero gruppo vuole disfarsi di un compagno così impegnativo, e sa che agli altri manca solo il coraggio. Restano lì, in mezzo alla radura, intorno al lupo problematico, e nessuno ha l’adire di manifestare ciò che pensa. E il lupo, un po’ beffardo, silenzioso, in fondo ci gode a vederli indecisi, titubanti tra la fraternità del gruppo e la risolutezza dell’egoismo vitale.
Per questo esiste un capobranco. Il capobranco sa che è compito suo spingere alla decisione tutti gli altri.
Il capobranco parte, e gli altri lo seguono, orecchie basse, chi dimenticando, chi mantenendo solo i ricordi migliori, chi fingendo che non stia accadendo.
E’ meraviglioso, persa il lupo abbandonato, nessuno ha detto nulla e tutti hanno acconsentito: così potranno negarlo storicamente.
Ognuno costruirà un proprio personale ricordo di questo giorno.
Ma il capobranco, mi chiedevo attraversando una delle tante gallerie scavate nelle colline marchigiane, cosa pensa? Il capobranco mille volte al fianco del lupo abbandonato, il capobranco guida e seguace del lupo matto, lui, adesso, mentre riprende la strada senza voltarsi, cosa pensa? Ha nostalgia di quando tutto era più semplice? O sta cancellando anche lui i sensi di colpa? O magari non ne ha mai avuti, e finalmente tira un respiro di sollievo?

Quando sono arrivata in cima alla piazza di Urbino ha cominciato a nevicare.
Il lupo abbandonato resta solo nella radura, finchè ad uno ad uno tutti gli altri se ne sono andati. Quando finalmente rimane solo, alza le orecchie, e annusa l’aria. Poi, lesto, si lancia in corsa verso la cima della collina.

Non sentitevi incolpa di aver abbandonato un lupo ammalato: chi non riesce a seguire il branco, è infelice se lo fa.
Sapete come finisce la storia del lupo abbandonato? Finisce che il lupo diventa un cane, e decide di fermarsi lì dove è, che non è tanto un brutto posto. E conosce altri cani, e pure qualche altro lupo convertitosi al “canismo”.
Il lupo finalmente si sente libero, ma non come le tariffe telefoniche, che ti proclamano libero ma solo di chiamare chi dicono loro.
Il lupo abbandonato è libero perché è se stesso. Certi volte sparisce per giorni interi, va ad esplorare il circondario, incontra animali da cortile ed umani, e poi torna indietro. E certi altri resta lì, immobile, senza mangiare e senza pensare, quasi come se non sapesse di esistere. Ma finalmente non si sente più d’intralcio a nessuno. Finalmente non ha più colpa di niente. Non è più causa di niente.
Il branco lo ha protetto, per farlo lo ha ingabbiato in definizioni e in classificazioni e in “si fa” e “non si deve”. E questo lupo, diverso dagli altri, non ci capiva più niente ed era sempre stressato.
Non sentitevi in colpa, avete esaudito il suo desiderio.

Adesso è lupo libero. Libero di essere schizofrenico.
In fondo, è un lupo dei gemelli.


   
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