luisa camponesco
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Italy
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Inserito - 12/01/2009 : 13:12:39
Isola delle focheLa Berit, dopo aver lasciato Capo Morris alle prime luci dell’alba ora fendeva le acque gelide del Mar di Groenlandia in direzione delle isole Svalbard. Era un peschereccio rimodernato e attrezzato per lo studio della fauna marina, Harald Berghatt, biologo, studiava la carta nautica, vicino a lui l’amico Andreas osservava il monitor collegato ad un telecamera subacquea posta sotto la chiglia dell’imbarcazione. L’equipaggio era composto da altre cinque persone tra cui Helga esperta in meteorologia, Gunnar Stoffer medico. Einar Milton capitano, Lars Kjellson il suo vice ed infine Oskar Bolstad, un genio delle comunicazioni. La missione prevedeva il monitoraggio delle specie a rischio di estinzione. Alcune attrezzature erano di loro proprietà, infatti l’Istituto di Ricerche aveva tagliato di gran lunga i fondi, avevano persino rinunciato al compenso pur di intraprendere quell’impresa. Stavano per gettare la spugna, quando, all’improvviso, un anonimo benefattore aveva messo a disposizione l’imbarcazione e le strumentazioni più costose. Harald non si era chiesto il motivo di tanta generosità l’importante era partire. Radunato il suo team si era imbarcato a Daneborg, costeggiando parte della Groenlandia aveva puntato verso l’Isola delle Foche - Cosa dice il bollettino meteo? Helga si scaldava le mani con una tazza di caffè. Portava guanti tagliati sulla punta delle dita per una maggior comodità a scrivere sulla tastiera. - Per il momento nulla di rilevante. – rispose senza smettere di bere. - C’è un avviso di attenzione. – intervenne Andreas – blocchi di ghiaccio si sono staccati dalla banchisa. - Faremo turni di guardia soprattutto per la notte. – disse Harald mentre faceva il punto della situazione. – Ne parlerò col capitano – soggiunse. Einar Milton era un uomo di poche parole, l’aspetto tipico del lupo di mare, si intendeva a gesti col suo secondo, segno di buon affiatamento. - Sono a conoscenza del problema, signor Berghatt, per questo motivo ho tracciato una nuova rotta, allungherà il tragitto di un paio di giorni ma è più sicura. - Faremo comunque dei turni di guardia se lei è d’accordo! La risposta fu cenno del capo. - Allora ci siamo, comincerò io. Il primo turno sarà dalle 21 per quattro ore poi toccherà ad Andreas. Questo per la prima notte, per la successiva il primo lo farà Stoffer poi toccherà a Bolstad. - Io cosa devo fare? – chiese Helga - Per il momento non farai i turni, ci servi al controllo meteo. Nessuno ebbe da ridire, Harald li conosceva bene e sapeva che non avrebbero sollevato obiezioni. Una nebbiolina fastidiosa era scesa sul mare, questo avrebbe reso più difficile l’osservazione visiva ma per fortuna gli strumenti funzionavano a dovere. Harald si strinse nel giaccone imbottito, aggiustò il berretto di lana e battè le mani nei guantoni. Si soffermò ad osservare il pelo dell’acqua stranamente calmo …e la nebbia infittì all’improvviso. In cabina di pilotaggio un piacevole calore misto ad odore di tabacco accolse Harald. Il capitano, mani sul timone, fissava oltre il parabrezza, pareva assorto in chissà quali pensieri. - Ehm, ehm - tossicchiò Harald- Non le spiace se rimango? Fuori la temperatura è scesa di parecchio! - No certo, può rimanere. –La conversazione finì lì e ad Harald non rimase che guardare, attraverso il vetro il colore sempre più scuro dell’acqua. Il suo turno era quasi finito, si preparava ad avvisare Andreas quando una strana luminescenza verde apparve sul mare. La luminescenza si allargava a cerchi come quando si getta una sasso. - Capitano, ha visto? – - Cosa dovrei vedere! - Quel chiarore verdastro! - Il mare, nel frattempo, era tornato scuro, tutto era sparito - Vada a dormire dottor Berghatt, si vede che è stanco. Harald chiuse gli occhi e strinse i pugni, - Ha ragione capitano è ora che vada. – Uscì dalla cabina con la netta sensazione che Einar Milton, per qualche ignota ragione, avesse mentito. Il giorno seguente, mentre tutti erano radunati attorno al tavolo, Harald raccontò il fatto della notte precedente. - Sarà stato il capitano Nemo col suo Nautilus. – scherzò Helga. - Tu Andreas hai notato qualcosa? - Nulla di rilevante Harald, a parte qualche pesce che saltava fuori dall’acqua. - Pesci che saltano fuori dall’acqua, mi sembra abbastanza strano. Comunque occhi aperti per stanotte. Lavoro di routine per il resto del giorno, solo nel pomeriggio Andreas avvicinò Harald. - Una stranezza l’ho comunque trovata! - E sarebbe? - Ho controllato la nuova rotta impostata dal capitano per i evitare i blocchi di ghiaccio. - Allora? - In realtà ci stiamo dirigendo verso nord, e quindi dovremmo trovare più ghiaccio, invece la temperatura dell’acqua è di qualche grado superiore allo zero e a questa latitudine direi che è quasi calda. - Allora le stranezze sono più d’una. – mormorò Harald. Lars Kjellson era al timone, decisamente più loquace del capitano cercava spesso di scambiare qualche parole con i passeggeri, Harald pensò di approfittarne. - Salve Lars, come sta andando la navigazione? Quanto ancora per le Svalbard? - Forse tre giorni, abbiamo allungato il tragitto per mmm…..evitare blocchi di ghiaccio. Ad Harald non sfuggì quell’attimo di esitazione, il capitano nascondeva qualcosa, ne era convinto. - Pensi Lars che non conosco ancora il nome di chi ci ha messo ha disposizione la Berit e tutto ciò che contiene. Non saprei come fare a ringraziarlo. - Ohhh il signor Polsen è sempre molto generoso….. – Lars si morse il labbro e Harald finse di non aver udito nulla. - Bene Lars ti lascio ai tuoi compiti so che siamo in buone mani. Appena giunto sottocoperta Harald si avvicinò ad Oskar Bolstad. - Cerca di scoprire tutte le informazioni possibili su di un certo Polsen - Polsen e poi? - Polsen e basta, non so altro. - È un po’ pochino ma mi darò da fare. Poco dopo il pranzo Oskar strizzò l’occhio ad Harald. - Scoperto qualcosa? - Si, una cosa curiosa, Polsen Dag, stimato armatore di Alesund è scomparso da ben cinque anni e nessuno ha tentato di ritrovarlo, famiglia compresa. Possedeva un piccola flotta di pescherecci. Ha fatto un vera fortuna pescando proprio in queste acque. Ora è una società che gestisce l’impresa, ma perché ti interessa? - Perché forse non è scomparso del tutto. Non informò gli altri membri del gruppo, almeno per il momento, preferendo indagare da solo. Il fatto che nessuno lo avesse cercato faceva supporre che Polsen fosse ancora vivo. - Guarda, guarda, questo è interessante, si tratta di un articolo tratto da un giornale locale, la data è di poco prima che sparisse; il nostro amico benefattore era interessato alle foche o meglio alla loro pelliccia, l’ultima volta è stato visto proprio……DOVE CI STIAMO DIRIGENDO NOI!!!!! – - Adesso tutto incomincia ad avere un senso! Era giunto il momento di affrontare il capitano Einar Milton. Dopo cena Harald scese nella zona cuccette, Milton si era appena sdraiato. - Capitano, lei non è stato sincero con noi! - A che proposito?- Milton si era alzato di scatto e si era messo sulla difensiva. - Sul cambiamento di rotta. - Lo sa benissimo che è stato per evitare blocchi di ghiaccio. - Si, ma poteva tracciarne un’altra più diretta ed ugualmente sicura, ci avrebbe fatto guadagnare tempo. - Sono il capitano, non sta a lei giudicare il mio operato. - Forse, ma non mi piace essere preso in giro. Che interesse ha il signor Polsen in questa missione? Non lo ha certo fatto per puro altruismo. Sono propenso a pensare che avesse anche un altro scopo. - Questo peschereccio appartiene a lui e io sono un suo dipendente, ho semplicemente eseguito un incarico. - Portarci fuori rotta? - Solo di poco, dopo vi avremmo portato all’isola delle Foche come stabilito. - Perché tutto questo? - Glielo chieda a lui lo incontreremo tra poco. Il rendez-vous era previsto per l’una e quindici, tranne Oskar tutti gli altri erano in plancia. Una nebbiolina avvolse il peschereccio. - La temperatura dell’acqua è salita di parecchi gradi ed ha causato la nebbia. - spiegò Helga Una luminescenza verde si allargò a cerchi perfetti e nel centro apparve un minisommergibile. - Che mi venga…… - esclamò Stoffer il medico – Il minisommergibile accostò alla chiglia, un portello si aprì con un cigolio e apparve un uomo. - Ho il permesso di salire a bordo? - Certamente signor Polsen - rispose il capitano. Harald e i suoi non nascosero lo sconcerto per quell’incontro. - Vi devo delle spiegazioni e anche delle scuse. Ma quando saprete le mie ragioni spero capirete. – Il volto dell’uomo appariva stanco, rughe profonde solcavano la fronte, solo gli occhi mostravano intelligenza e vivacità. Seduto al tavolo della zona mensa, Polsen osservava i suoi interlocutori e si apprestava a dire la sua verità. - Signor Polsen lei risulta scomparso da cinque anni, perché farsi vedere proprio ora? E soprattutto in questa circostanza? - È presto detto dottor Berghatt, mi serviva una missione come la vostra, che non destasse sospetti…. - Le serviva una copertura…. - La prego dottor Berghatt non giunga a conclusioni affrettate. Prima mi ascolti. Man mano che Polsen parlava emergeva una storia fantastica, come la scoperta di una fonte di energia posta proprio in vicinanza dell’Isola della Foche. - Nei primi anni tutto è filato a meraviglia, l’estrazione di pitchblende procedeva regolarmente. Il minerale estratto veniva caricato in speciali container anti-radiazioni. Il ricavato dalla vendita compensava abbondantemente i costi, data anche la profondità con cui abbiamo dovuto lavorare. Ma qualche mese fa un gas di cui non sospettavamo l’esistenza, si è rivelato altamente tossico e non solo ma sprigiona un calore che non siamo stati in grado di controllare. Come avrete notato la temperatura dell’acqua è superiore allo zero e la tendenza è di un aumento continuo, vi lascio immaginare quali sarebbero le conseguenze se tutto ciò continuasse. Possiamo fermare tutto, piazzando alcune cariche esplosive che chiuderebbero definitivamente le fessure di fuoriuscita. - Che genere di esplosivo? – chiese Harald - C4 modificato. - Cosa significa modificato? - Che sono sufficienti pochi grammi, i miei esperti hanno effettuato simulazioni, sembrerà una leggera scossa sismica, e come tale sarà registrata. Nessuno sospetterà qualcosa di diverso. - Mi faccia capire – soggiunse Helga – cosa centriamo noi in tutto questo? - Perché l’esplosivo è sulla Berit, in pratica lo avete portato voi: - Vuol dire che fino ad ora abbiamo viaggiato con del C4 sotto il naso? La notizie sconvolse tutti tranne il capitano. - Non correvate alcun rischio, l’esplosivo senza l’innesco è inerme. - Tagliamo corto – intervenne Harald – dove dovrebbe avvenire l’esplosione? - Perché abbia effetto dobbiamo posizionarlo sotto l’Isola delle Foche. - E che ne sarà degli animali? – chiese Stoffer - Purtroppo per loro non possiamo far nulla. - No, non ci sto, fate in modo di salvare la colonia di foche o vi garantisco che il mondo intero saprà di questa cosa. - È una minaccia? - Non sono mai stato così serio! - Se fossi in lei, presterei molta attenzione alle minacce del dottor Stoffer. – precisò Helga - D’accordo, daccordo, mi consulterò con i miei esperti. La Berit e il sottomarino procedevano affiancati, l’isola era già all’orizzonte. - Chissà cosa staranno decidendo! -Andreas osservava l’acqua chiara ed immobile. - La temperatura è salita ancora, se continua così assisteremo ad una catastrofe di proporzioni inimmaginabili. Forse il sacrificio di qualche foca sarebbe il male minore. - Non parlare così Helga! Non è colpa delle foche quello che è accaduto! La discussione fra i due si stava animando quando Polsen riapparve. - Abbiamo rifatto le simulazioni. Possiamo ridurre la potenza dell’esplosione ottenendo il medesimo risultato. - E le foche? - Si salveranno le più forti, questo è il massimo che possiamo fare,. ma dobbiamo farlo in fretta. I blocchi di ghiaccio erano più numerosi, segno che la banchisa si stava sciogliendo rapidamente. La Berit si mise a distanza di sicurezza, Harald ed i suoi compagni osservavano con i binocoli l’avvenimento. - E’ meglio per voi rimanere sottocoperta – disse il capitano – l’onda d’urto ci colpirà tra poco. Nessuno di mosse. All’improvviso dal mare si innalzò una colonna d’acqua talmente alta da oscurare il pallido sole un’onda gigantesca si diresse verso l’isola e un’altra verso la Berit. Il capitano manovrò in modo da prenderla di prua. Momenti di terrore, la Berit ondeggiò paurosamente, prima venne sollevata poi ricadde in una voragine. Sballottati da ogni parte si ritrovarono pieni di lividi, ma lentamente, il mare tornò calmo. - State tutti bene? – chiese il capitano. - Ammaccati ma siamo vivi. Ognuno, però, sapeva bene che l’incolumità era dovuta alla destrezza del capitano. Stoffer medicò alcuni tagli superficiali dovuti alla rottura di un vetro, ma nulla di preoccupante. Harald, preso il binocolo, osservò l’orizzonte, mentre una comunicazione radio proveniente dal sottomarino comunicava il successo dell’operazione. - Capitano, ora possiamo avvicinarci all’isola? - Solo tra un paio d’ore! Nell’attesa Helga preparò del tè e ne portò una tazza al capitano. - La prenda capitano, ne ha bisogno anche lei. Con gli occhi arrossati e le mani tremanti Einar Milton cercò di camuffare la tensione abbozzando un sorriso. Non disse grazie, non ce n’era bisogno. Si era creato un legame fra lui e i passeggeri suggellato da quel segreto. L’isola, spazzata dalle onde, era deserta, un senso di amarezza colse tutti. Era come se qualcosa fosse andato perduto e lasciato un rimpianto, un vuoto difficile da colmare. Nessuno ebbe il coraggio di parlare, la loro missione era stata inutile, Harald ed i compagni si preparavano a tornare. - Dove sarà Polsen adesso?- era l’interrogativo di tutti - Forse a far danni da qualche altra parte. - Non credo Oskar – ribadì Stoffer – c’era qualcosa di diverso nei suoi occhi. - Me lo auguro – soggiunse Harald – Di questa storia però non possiamo parlarne con nessuno, almeno per ora, ma un giorno si saprà la verità. Ve lo posso assicurare. Forse era stato il vento, o forse un desiderio intenso che nulla fosse accaduto, ma un latrato forte e chiaro seguito da altri si ripeté più volte. Tutti salirono in coperta con uno strano presentimento. - Guardate là! La testa di una foca appariva e spariva fra le onde, poi uscì dall’acqua, si guardò attorno e alla fine si rotolò sulla terra. Poco dopo anche le altre la imitarono ed in breve la colonia si ripopolò. - Non credo ai miei occhi! – esclamò Helga commossa. – nonostante i danni che l’uomo può provocare, la natura riesce sempre a porvi rimedio. Ma fino a quando? - Non abbiamo ancora una risposta a questa domanda, ma la nostra missione incomincia ora. E la Berit dopo aver registrato il numero degli esemplari, si diresse, su di un mare incredibilmente tranquillo, verso altre isole. Luisa Camponesco
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