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 4 Favole e Racconti / Tales - Galleria artistica
 "To read me or not to read me"
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Roberto Mahlab
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Inserito - 01/08/2010 :  22:04:27  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab
Stratford on Avon

Ero arrivato alla locanda a tarda notte, non ero riscito a leggerne il nome perchè la catena che univa al muro esterno il pezzo di legno quadrato in cui esso era intagliato aveva parzialmente ceduto ed era girato dall'altra parte. Saltai di lato per evitare gli schizzi di fango della carrozza che era ripartita a tutta velocità, un nobile locale il quale certamente gradiva il vino della locanda ma non la compagnia delle guardie della regina fuori servizio che, pure ospiti al bancone, l'avrebbero riconosciuto ubriaco e mentre faceva la corte alla cameriera dall'abito succinto.

Ero seduto ad un tavolino in un angolo buio, "che bevi straniero... ma, fatti osservare meglio, ti ho già visto nella nostra contrada", mi disse la cameriera sfiorandomi la guancia con la morbida seta della sua minima veste.
"Prendo una pinta di aranciata amara, come l'ultima volta, quando al mio tavolo sedeva Mastro William!", esclamai con voce tonante tanto che il silenzio si fece in mezzo alla sala dove un uomo parlava circondato da dieci donne adoranti. Si volse e mi riconobbe :"Mastro Rob!, che piacere riaverti qui, sei venuto ancora a sfidarmi, non ti è bastato capire la volta scorsa che tu mai avrai tanti quanti i miei lettori?... e lettrici...", la sua voce si fece soave e perduta quando una donna bellissima lo spinse con grazia e lo rovesciò a terra e gli mise un piede sopra il petto, a suggellarne il possesso. La riconobbi, era Gwyneth Paltrow, la sua amata nel film Shakespeare in Love, colei che quando lo abbandonò gli disse di continuare a scrivere.

"Sono venuto a suggerirti un dubbio Mastro Will", continuai spietato, di vendetta affamato. "Lei ti ha chiesto di continuare a scrivere dopo che ti ha lasciato, ma ha mai poi letto quanto tu sulla pergamena hai narrato?

Gwyneth mi lanciò un'cchiata perplessa, Mastro Will impallidì, "che intendi Mastro Rob, che ti hanno fatto le donne per proferir tali dilemmi?"

"Le donne? Vuoi dire gli esseri per le quali lottiamo per salvarle dagli uomini malvagi che le maltrattano di modo da renderle libere di ridurre in briciole i loro salvatori?"

"Buona questa Mastro Rob, me la presti per la mia prossima opera?"

"Mastro Will, non capisci? Gwyneth ti ha chiesto di continuare a scrivere per lei, ma lei poi ha mai letto quanto hai continuato a scrivere per lei?"

William Shakespeare fu sfiorato dal dubbio, "Gwyneth, quanto Mastro Rob insinua e sostiene, tu lo neghi, non è vero, oh mia fonte di ispirazione e di ogni bene?"

Gwyneth tolse il piede dal petto di Mastro Will e gli prese il viso tra le mani e recitò :"Essere o non essere, questo è il dilemma", poi lasciò ricadere la testa del poeta che con un tonfo sordo rimediò un bernoccolo eppur tale fu il suo sollievo che non proferì protesta alcuna e anzi si ringalluzzì, "hai perso ancora, Mastro Rob, oggi come allora, pagherai il fio, pagherai anche il vino che stasera ho bevuto io!" e un canto corale di allegria pervase la locanda.

E fu allora che mi alzai trionfante, :"e stavolta hai perduto, Mastro Will, è per questo che fino a qui sono venuto, tutti sanno che tu hai scritto e tutti ti hanno letto, ma tutti sanno che io ho scritto e quasi nessuno mi ha letto, tu hai più lettori di me, ma io ho più non-lettori di te!".

"Che intendi Mastro Rob?", nella locanda era piombato di nuovo il silenzio.

Mi lanciai il mantello dietro le spalle, con fare da tribuno romano ed esordii : "Eppure i miei non-lettori sono brave persone..."
"Questa l'ho già sentita, anche se non proprio uguale", mormorò Mastro Will.

"Mia sorella, le chiedo se sa che scrivo e mi dice di sì, le chiedo se legge cosa scrivo e mi dice di no, non ha tempo, mia nipotina, le chiedo la stessa cosa e mi dice che non può leggermi perchè deve studiare, la mia segretaria, sa esattamente quanti racconti ho scritto e non ne ha letto neppure uno perchè il suo tempo è riservato a rimediare ai guai che combino al lavoro, le mie amiche, io le annoio tutte chiedendo loro se sanno che scrivo e mi dicono di sì e chiedo se mi leggono anche e mi dicono che hanno altro da fare. Forse che io non sanguino nell'animo, quando queste parole addosso mi cadono?", recito io.
"Pure questa l'ho già sentita, anche se non proprio uguale", mormorò mastro Will.

"Forse sono mille, Mastro Will", riprendo, "mille persone sanno che scrivo, ma non mi leggono. Mastro Will, ho più non-lettori di te. Ti ho battuto, tocca a te pagare il conto stavolta". E trionfante chiedo alla cameriera di portarmi un altro giro di aranciata amara. Ma sorprendentemente lei mi si avvicina, mi pone un dito sul naso e mi accarezza fino al mento :"sei sicuro straniero?", mi sussurra, "guarda alle pareti della locanda, sugli scaffali ci sono i volumi delle opere di Mastro William, ebbene, io non le ho lette, pur sapendo che le ha scritte, non ho il tempo, devo servire gli ospiti dal mattino fino a notte".

"E nei palazzi e nelle librerie, nelle case e nelle fattorie", si uniscono alla ragazza le voci di tutti gli avventori, "quante copie delle opere del Maestro sono sugli scaffali, solo per fare bella figura o per arredamento?", cantano in coro.

Sbianco.

"Hai perso di nuuovo Mastro Rob", William mi dà una pacca sulla spalla e poi si volge verso la cameriera :"dieci giri di tutto quanto hai nella cantina ragazza e il conto finisce a Mastro Rob!".

"To be or not to be, that is the question, essere o non essere questo è il dilemma", mi sussurra ironica Gwyneth Paltrow.

"Oh no", rispondo come colto da un lampo, "to read me or not to read me, leggermi o non leggermi, questo è il dilemma!", esclamo e a Mastro Will va di traverso il vino :"ehi, Mastro Rob, buona questa, me la presti per la mia prossima opera?"


Il mio ufficio

La mia segretaria Cristina ieri, quando le ho detto che avevo scritto un nuovo racconto, mi ha risposto ironica:"ah, scrivi racconti? Quelli che io non ho il tempo di leggere?".

E oggi sono andato ad un appuntamento con un cliente organizzato da Cristina e da sua sorella Tiziana che mi gestisce le spedizioni, e i nuovi prodotti hanno sortito un bell'ordine che ho scritto e ho trasmesso al magazzino dove le due sorelle fanno tutto da sole, perché il magazziniere è un po' pigro. Ebbene, visto che ormai siamo nel tardo pomeriggio e non ho ricevuto la telefonata di Cristina e Tiziana per farmi i complimenti per l'ordine (di solito non mi fanno alcun complimento), ho telefonato io e ho chiesto loro se l'avevano visto, mi hanno risposto all'unisono che non avevano il tempo di guardare gli ordini che io prendo, così come leggere i miei racconti, non avevano tempo alcuno per leggere alcunchè io avessi scritto, di qualsiasi genere, perché erano occupate a preparare gli ordini che arrivano direttamente al magazzino.

E' come nelle storie strappalacrime, il personaggio che fa di tutto per farsi benvolere, scrive racconti, porta ordini, svuota i cestini, pulisce le scrivanie e così via, ma quando si volge verso il mondo, fiducioso non di un gesto di riconoscenza o di affetto, ma solo di riconoscimento almeno della sua esistenza, il mondo mostra solo un cuore gelido come il marmo. E il nostro personaggio dapprima si deprime cercando di buttarsi giù dal marciapiede con una barretta di Mars al collo e poi, poco a poco, nel suo animo prende il sopravvento il perfido desiderio di rivalsa ed ecco la trasformazione, da "L'incompresorob" a "Robby II, la vendetta".
Con gelida furia rovescio i cestini della carta, verso la Coca Cola sulle scrivanie, traccio una riga rosso sangue con il pennarello sui fogli di ordine, modifico i miei racconti comici e dolci riempiendoli di scene dell'orrore, in fondo in fondo non sono cattivo, ma spero così almeno di farmi notare, di modo che tornino ad apprezzarmi. Ma, quando accade, è troppo tardi, ormai ho premuto il pulsante che nel giro di dieci minuti distruggerà il pianeta, all'improvviso squilla il telefono, Cristina mi dice che ha letto il mio ultimo racconto, Tiziana che ha visto l'ordine, mi fanno i complimenti. Io rimango senza parole e balbetto :"ma... perché solo adesso, dopo che ho premuto...", perdo il fiato, mi dispero, il conto alla rovescia del dispositivo di distruzione non può essere arrestato.

Domani non uscirà alcun giornale con il titolo :"ieri il mondo è stato distrutto", non esisterà alcuna rotativa, non esisterà alcun mondo in cui possano comparire i giornali. Mi rendo conto con angoscia che è stato tutto un equivoco, ma non posso farci più nulla. Non posso sopportare il peso di quanto ho fatto e così apro il
frigorifero e decido di precedere il resto del globo nelle tenebre eterne con una mossa suicida, mi mangerò tutta la scorta strategica di cioccolata.

Mi risveglio al mattino, un poco di mal di pancia, l'incubo della notte ancora impresso nella mente, anche se poco a poco ne scompare la traccia, mi pareva che fosse la storia di un incompreso che poi per un equivoco distrusse il mondo.

Vado in ufficio, chiedo a Cristina se ha letto il mio ultimo racconto, mi risponde :"ah, tu scrivi racconti?".
Telefono a Tiziana per chiederle se ha visto l'ordine che ho ottenuto, mi risponde :"quale ordine? non ho tempo adesso!".

Sconvolto, corro verso il mio laboratorio segreto e costruisco la macchina della fine del mondo, come nel sogno.
Premo il pulsante, Cristina mi chiama per dirmi che ha letto il racconto e Tiziana mi chiama per dirmi che ha visto l'ordine. E' troppo tardi, non posso fermare la distruzione.

Mi sveglio, era un incubo. Vado in ufficio, chiedo a Cristina se ha letto il mio ultimo racconto, mi risponde :"racconto? non ho tempo di leggere i tuoi racconti". Chiamo Tiziana per chiederle se ha visto l'ordine, ma prima di porre la domanda, mi fermo, non so perché, ma sento di conoscere già la risposta.

Apro la finestra, mi concentro e scorgo la tela del ragno che sta avvolgendo il pianeta, comprendo che il tempo è divenuto circolare, che prima di essere schiacciati dall'essere extraterrestre saremo condannati a vivere e rivivere gli stessi avvenimenti, sempre più velocemente, perché scivoliamo dalle spire superiori a quelle inferiori della tela. Fino a giungere al punto di congiunzione.

Può darsi che qualcuno là fuori se ne sia accorto, come me, o forse non se ne è accorto nessuno di quanto sta succedendo, se mi leggete, per favore date l'allarme, forse se ci uniamo in tanti potremo fermare la catastrofe, se c'è ancora qualcuno là fuori, un sogghigno mi pare che si delinei su una specie di volto che compare al centro della tela del ragno. "Divertenti i tuoi sforzi", pare che mi dica, "ma lascia perdere, è troppo tardi".

Abbasso il capo, ormai conscio della sconfitta, all'improvviso mi illumino e chiedo al ragno :"hai letto il mio ultimo racconto?". Sulla sua specie di volto si delinea lo stupore e pare esclamare :"racconto? tu scrivi racconti? non ho tempo di leggerli io, il mio compito è distruggere il tuo pianeta!".

E questo momento di sospensione del suo tessere la tela crea una discontinuità, il moto della retroazione procede per inerzia e cade nel vuoto del nulla comparso tra un tratto della tela e quello successivo non ancora tessuto. Il ragno pare implodere su sè stesso. Il pianeta riprende a respirare.

Mi guardo attorno, tutto è tornato alla normalità, Cristina è occupata al telefono, Tiziana sta preparando gli ordini arrivati in magazzino. Non chiedo a Cristina se ha letto il mio ultimo racconto, non chiedo a Tiziana se ha letto il mio ultimo ordine. Va bene così. Non sapranno mai che cosa hanno provocato facendomi sentire incompreso e non sapranno mai come ho salvato il pianeta, non lo saprà mai nessuno e so bene che, se lo raccontassi, nessuno mi crederebbe.

Ma voi adesso lo sapete, to read me or not to read me, questo sarà il vostro dilemma, per sempre.

Roberto Mahlab
(I racconti dell'ufficio)

   
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