LA MIA INDIA
Agosto 2010 Quest’estate ho fatto uno dei miei viaggi dei sogni…sono stata nel Rajasthan, per un percorso di circa 3.500 chilometri nella parte più nota, forse, di un paese immenso che, a maggior ragione dopo esserci stata, considero eccezionale, affascinante, intrigante…complesso, estremamente contraddittorio e difficile da comprendere.
Insomma, bellissimo.
Il Rajasthan è tra gli stati più ricchi dell’India, sede di meravigliosi palazzi di Maharaja, e città famose per i colori vivaci delle loro case.
Questo stato è attraversato dal deserto del Thar, una piana d’oro che regala tramonti infuocati e file infinite di cammelli che procedono lenti verso il sole.
Il mio viaggio si è concluso con una breve tappa a Varanasi, la Città Sacra al dio Shiva, la città dove ogni induista vuole andare a purificarsi, ma soprattutto a morire.
Al di là delle incredibili bellezze viste ed impresse nei miei occhi e che sono a testimonianza di una ricchezza culturale non seconda a quella di nessun altro paese, non sono riuscita a non soffermarmi su quello che ne è di cornice.
Ovunque strade interrotte e inadatte al transito dei numerosissimi mezzi, che si allagano al primo accenno di pioggia, capanne fatte di lamiera o materiale di fortuna, uomini seduti, distesi, accovacciati che ti guardano e salutano. Carretti di frutta qui e là, mucche, bufale, cinghiali e pecore schivate dagli autobus troppo pieni di persone e visti solo nei film.
Le case di muratura, per i più fortunati, annerite dalla muffa, con cavi elettrici pendenti da ogni angolo e che si annodano a migliaia come un lungo serpente da un capo all’altro della strada. Case che non volevo credere stessero in piedi, e soprattutto fossero abitate.
Scene che si sono ripetute lungo tutto il percorso.
Ma come…l’India è il paese dei tassi di crescita economica che fanno vergognare il nostro vecchio Occidente, delle competenze informatiche, degli ingegneri richiesti in tutto il mondo…è il paese di TATA e del suo sogno di “democrazia” di dare un auto ad ogni cittadino indiano…
Ma dove è tutta questa ricchezza prodotta? Ma soprattutto, chi la origina, dove va a finire?
Non si direbbe che è così…e a Delhi, cos’ come nelle altre grandi città, tutto questo è esacerbato ed acuito dalla presenza di 13 milioni di abitanti (ufficialmente).
Un’altra cosa è stata immediatamente evidente: le donne in tutto questo? Dove sono? Cosa fanno?
Il culto del femminile, per quel poco che ho sentito e letto prima di partire, è alla base della cultura indiana, intesa in senso lato; un esempio fra tutti, il fiume Gange è la “Grande Madre Ganga”.
Ma ancora, il Saktismo, uno dei rami dell'induismo, trae origine da Sakti, che significa potenza, energia e forza suprema. Sakti è adorata prima come Madre, e poi come Sposa.
Sakti è la faccia femminile di Dio. Sakti è la madre di Brama, Vshnu e Shiva.
Lei è il grembo di tutto l'universo e di tutta la creazione.
La terra, per gli induisti, nella sua sacralità si manifesta come Bharat Matha: la Madre India. “Questo significa che l'aspetto femminile della religione indù è ben radicata in tal modo che anche alla terra viene attribuita la femminilità di dea. Oltre ad essere considerata come la fonte e datrice di vita, viene anche guardata come una sposa di Shiva. L'unione intima tra Siva e Sakthi riflette l'unione tra Brama e il suo popolo”.
E ancora tre dee con un ruolo importantissimo, sono le spose delle tre divinità maggiori, Sri Lakshmi, Sita, Parvathi, adorate quanto i rispettivi mariti.
Questo quello che ho letto e che mi è stato detto..
Le donne…nei campi a lavorare, nelle case a tessere o a impastare creta, per le strade a spaccare pietre e a sistemare marciapiedi sgretolati. Questo quello che ho visto, ovunque.
Nel mio breve soggiorno a Varanasi, la città della Luce, mi sono trovata ad alloggiare in un hotel dove ero l’unica donna, europea, e per di più sola. Ho provato un forte senso di disagio…e senza volerlo, la mia testa è andata ad uno dei miei film preferiti: “La mia Africa”, alla scena in cui Meryl Streep entra nel club inglese - non sapendo che è per soli uomini - e viene messa alla porta da un cameriere nero (nessun “bianco” si sarebbe preso la briga di farla accomodare fuori).
Sia chiaro..nessuno mi ha trattata male o mi ha messo alla porta; ma quella forma di rispetto imposta da un freddo rapporto turista/ospite, altro non era se non voglia di mantenere un distacco, dovuto più al fatto di essere donna che di essere turista…
Il Taj Mahal, giustamente famoso, è l’emblema in tutto il mondo dell’amore smisurato, eterno, di un uomo per la sua donna.
Un monumento eretto per una donna, che oggi è meta di turisti e di giovani coppie indiane in viaggio di nozze.
Le giovani spose, nei loro sari rossi fiammanti, con segni inequivocabili sulle mani, sui piedi, sulla fronte e sui capelli, della loro condizione di donne sposate, appartenenti a un uomo e a lui soltanto.
Le giovani e vecchie vedove, avvolte nei sari bianchi che troppo in fretta divengono sudari, e che attendono di morire ai margini della società, reiette dalle loro stesse famiglie in quanto portatrici di sfortuna, visto che una legge, oggi, impedisce loro di gettarsi sulla stessa pira del marito.
Dicono che non è più così, che erano pratiche barbare…nel 2001 c’erano più di 34 milioni di vedove in tutta l’India che vivevano in condizioni di degrado sociale, economico e culturale, come prescritto più di 2000 anni fa dai sacri testi di Manu…mi chiedo quanto sia cambiato, quante di quelle donne si trovino oggi, 10 anni dopo, in una condizione diversa.
“Una vedova dovrebbe soffrire a lungo fino alla morte, contegnosa e casta (Leggi di Manu)”.
Il capitolo 9 di un testo sacro, il Manava Dharma Shastra, tratta dei doveri di mariti e mogli: “Gli uomini devono rendere le loro donne dipendenti giorno e notte, e mantenere il controllo su quelle che sono attaccate a oggetti sensoriali. Suo padre la protegge nell' infanzia, suo marito la protegge nella gioventù, e i suoi figli la proteggono nella vecchiaia. Una donna non è fatta per essere indipendente”.
Riporto alcune frasi che mi hanno colpita e che non hanno bisogno di commenti.
Il primo ministro Rajiv Gandi e la moglie Sonia dichiaravano nel dicembre del 1985: "Non siamo contro la religione, ma contro la politica della religione, cioè contro la religione usata come strumento politico e contro la politica che la religione stessa crea intorno a sé...".
Si riferivano in particolare al ruolo secondario cui sono relegate le donne dalla tradizione religiosa.
Secondo la tradizione indù, la donna è tenuta a tre obbedienze: al padre, al marito, ai propri figli.
questo implica una scarsissima considerazione della donna; nonostante questo l'India è stato il primo grande paese ad avere una donna a capo del governo: Indira Gandi nel 1966..
Mahatma Gandi affermava: "Le donne costituiscono la metà migliore dell'umanità"…
“Le donne infatti non soffrono per quello che ciascuna religione è o dovrebbe essere in teoria; ma per quello che è in pratica”..
“Quando le catene della religione vengono sciolte, la condizione sociale dello sviluppo delle donne è pressoché eguale a quella degli uomini. Ma col pretesto della religione, gli uomini ora dominano sulle donne”..
La foga con cui sono state scritte queste righe, la superficialità anche, sono dovute alla voglia di capire un po’ di più questo paese, la sua cultura, il fenomeno economico che rappresenta; mi chiedo se sia corretto parlare di “una sola India”.
Trarre conclusioni da un viaggio sarebbe certamente sbagliato e sciocco.
Questo paese, così come è, mi è rimasto nel cuore, e spero di tornarci presto.
A seguito di una recente chiacchierata sul tema della condizione femminile nel mondo, questo resoconto, che voleva essere solo una testimonianza di viaggio, è andato un po’ oltre…il che mi fa pensare che nulla succede per caso e che comunque la donna è tale ovunque.
Francesca G