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 5 Poesie / Poetry - Galleria artistica
 DITIRAMBO D’UNA NOTTE D’ESTATE
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Domenico De Ferraro
Emerito


Italy
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Inserito - 08/07/2014 :  21:44:12  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a Domenico De Ferraro
DITIRAMBO D’UNA NOTTE D’ESTATE

Salve, serena estate, che di forme e di suoni il cuor s’appaga
di piccole emozioni .Salve primavera della vita, salve a voi tutti
che adorate questa estetica estate, evasione spirituale,
muta nel caldo meriggio portando seco sussurri , suoni
di lontane terre , voci diverse nate da confusi idiomi
che invadono all’unisono la mente .
Melodia discorde , accordata a mille diversi strumenti
che accompagnano il proprio viaggio trascritto sui
fogli di un taccuino , macchiato d’inchiostro .
Guarda mentre l’infingarda ,gagliarda rima esala l’ ultima strofa
all’interno del pentagramma , il contrabbasso , la chitarra ,
il volino elettrico abbandonano l’orchestra , suonando una
breve melodia , puerile stornello , fatto di note allegre
che tardano a morire , tremule nell’umile canto.
Per l’aere puro , l’ eco delle voci mediterranee risuonano
ricordo di un duro inverno , momenti eterei ,
mostro poetico che divora la sua metrica.
Isterica al sole ti stendi ignuda tra le dune di sabbia ,
tra l’onde rabbiose , schiumose , schiaffeggiando
i scogli assolati ove bagnanti appisolati ,ammirano l’orizzonte.
Disteso su un lettino solo e stanco il giovane
in riva al mare insegue la voluttà ,il piacere di una immagine,
sconvolto ,osserva estasiato i corpi abbronzati
d’ alcune formose, distese al sole.
Ascoltando musica rap , blues , jazz suonato per strada
ed altre questione illogiche del caso claudicante
derivazione di desinenza dialogiche , d’origine volgare,
sermone semitico per essere ascoltato un po’ da tutti , insieme
ad un gruppo di operai in lotta con tante rate da pagare ancora.
Ma tu ardevi e non cessavi di sorridere , ti bagnavi
ignara nell’acqua felice , andavi a largo ,nuotavi , cheta, nera
rimuginando chi sa , quale vendetta , idee ribelli
frutto di sacrifici e quant’altro si voglia scoprire dietro
la comune morale . Fermo al semaforo con un libro in tasca , impaurito da cronache d’ordinaria follia ,storie di angherie di crimini commessi , varie estrapolazione organolettiche d’una grammatica sequenza di frasi scurrili pronte per essere buttate
nel forno ,cotta , la pizza fu subito pronta e mangiata una volta giunto a casa.
T’alzasti immemore, incurante del conto e del torto di quel male antico portato in mostra per calli e viottoli nel profumo del mosto, mentre il mostro tramava dietro la vigna.
Grandi eri lussuria , umbra brama circense , scoppiettante in
mugolio di piacere , nascondevi le tue parti intime dea del focolare.
L ‘ora giungeva incredula, impura bramando orge e genuflessioni
varie voltavi pagina approfondendo altre tematiche sociali e sessuali.
Menando a quel paese l’autore di questo strambo ditirambo .
La mente s’elevava verso altre congiunture ed altre filosofie perseguibili ,
identiche nella logica dello scrivere e del leggere
dell’ essere sapiente o ignorante , stressato autore ,
ingrato sogno in bilico su d’un filo teso tra due steli.
E sulla sabbia disegnavi calligrammi , immagini surreali ,
piegavi in quattro , piccoli fogli di carta per farne barchette
per navigare infine sul grande mare tenebrarum.
Meditando il nome tuo l’aspetto di te padre dolente , semitica esistenza ,
flebile ricordo riflesso in un subconscio
alienato, prigioniero dentro questa vile esistenza.
Musica orchestrale , punk dalla cresta colorata , depresso
per fine dentro al cesso. Espressione ipocondriaca frutto
del dialogo urbano ,in preda ad un delirio ,figlio dell’ accidia
e della scopereccia cinciallegra amica d’una battona orba e zoppa.
Ed il vento porta via l’odore dei pini , donando nuove arie
per una altra vacanza senza speranza , accompagnato dalla
chitarra d’un ipocrita hippy ,ippocratico cantore dell’abisso
pesci e meduse, ossi di seppia trovati in riva al mare.
Ragionando del male e del bene , duole l’animo ed il ricordo tenero dei giorni
addietro oltre quello squallido muro di convenzioni ,
fiume ideologico di false correnti politiche.
Demenziali lacrime, scivolanti sul pallido viso ,
verso un buco profondo fino al centro della terra , li spingere in giù demoni e dannati.
Andare, urlare , riportare indietro te amore per placare in me , questo dolore.
Tu perduta beltà , seduta sotto l’ombrellone
circondata da corpi abbronzati , erettili e circonflessi
presagi , oscuri moniti dal vago nome simile ad
Ermione Dea della torrida estate romana.
Ardente estate che brucia l’esistenza inversa.
Simulacri borghesi, costumi e altri indumenti.
Pose, aspetti cruciali , circuite emozioni matrimoniali.
Lunghe spiagge affollate ove ella si bagna nell’acqua chiara,
corpo rotondo , perfetto ,provato dal lungo freddo inverno .
Fisiche congiunzioni , breve pennichelle
fatte nel romantico meriggio , ascoltando
un concerto di cicale e di grilli canterini.
Ma tutto ciò poco s’accorda allo scrivere ogni cosa ruota
risentita sotto il peso degli anni , sballati , solfeggi
rime e ritmi , villanelle e ritornelli
digrignando il muso l’aspetto offeso nel sole di giugno
funge la speme, mentre muore la mitica semenza itala.
Ella venne dopo l’eletta.
Ella venne dopo il dolore dell’inverno, dopo i cupi etici pensieri.
Ella ignuda in cerca di se stessa .
Una lunga spiaggia ,congiunte coste diverse,
ove l’onda ritorna a riva irascibile ,schiumando
con mille bollicine , chiacchierando con i gamberi bagnanti .
Relitti concetti lasciati andare alla deriva verso
il breve vivere di questa nuova estate.
Giorni diversi votati ad altre imprese , riscoprendo
il gusto di narrare novelle nella fresca sera
sotto le stelle , strabuzzando gli occhi , lasciarsi andare , ascoltare
le voci del mare , della terra del cielo , ascoltare il canto degli eroi degli dei ,
partiti per le vacanza come il resto del genere umano
pagando il parcheggio, la discesa al lido, l’affitto dell’ ombrellone
mangiando sulla spiaggia , angurie e panini
senza mai distogliere lo sguardo sui pargoli che corrono
sul bagnasciuga , giocando con palettine e secchielli.
Laudata sii dolce estate.
Laudata sia il canto dei tuoi figli ,il mare , i monti, la natura intera.
Laudata sia questa forza , questo piccolo amore terreno.
Laudata sia la fonte di questo bene profondo ,
nell’ intenso mio lasciarmi andare in questa notte d’estate.


Text

DOMENICO DE FERRARO

   
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