riccardo resconi
Senatore
Italy
485 Inseriti
102 Gold
490 Punti Rep. |
Inserito - 24/04/2017 : 21:14:10
CanyonMi ero alzato strano quella mattina e non capivo il perché La notte avevo dormito poco Avevo sognato, ma anche fissato il mio orologio sul comodino Continuamente Tutti quei numeri che avanzavano senza sosta mi avevano agitato Ma anche fatto riflettere sul tempo che a dispetto di tutti , proseguiva la sua corsa Noncurante Inesorabile Senza mete particolari Ne colore ne forma Ero talmente stordito che la caffettiera eruttò , senza fare in tempo a limitarne i danni Dalle vetrate del mio venticinquesimo piano vedevo tutta la città Ne appoggiai la fronte Il sole quel giorno aveva tutta l’aria di rifiutarsi nel mostrarsi E le strade erano una lunga scia di lampi di luce Un lungo canyon caotico Mentre gli alti palazzi delineavano rette infinite Nessun svolta improvvisa , nessuna sorpresa, emozione o distrazione Presi come un automa il mio classico completo grigio dall’armadio, scarpe nere Con una piccola trasgressione alla cravatta a tinta unita L’ascensore mi portò al garage Accesi il motore e mi diressi verso l’ufficio Anch’esso al trentesimo piano di un identico edificio La radio trasmetteva l’ennesima notizia di un attacco di guerra Altri bambini inermi avevano perso la vita Clacson intimidatori percuotevano la strada , su precedenze non dovute Le proteste che duravano da giorni facevano eco alla lotte degli afroamericani Mentre prostitute più giovani cedevano il posto a quelle anziane Mi ero alzato strano quella mattina e non capivo il perché Il mio corpo ero scollegato dalla testa Quello che vedevo non mi piaceva Quello che facevo non mi piaceva Quello che dicevo non aveva alcun senso Quando mi ritrovai sul ponte , che mi avrebbe portato nella zona dirigenziale un cartello attrasse il mio sguardo DI quelli indicanti località turistiche Con montagne irregolari color verde scuro Un brusco colpo allo sterzo Una frenata dell’auto dietro di me Infilai quella strada Dallo specchietto retrovisore vidi piano piano allontanarsi la città Sempre più piccola Fino a sparire Percorsi diversi chilometri e le abitazioni cedevano il posto ad alberi Alcuni corsi di fiumi scendevano a valle, arrivando da un unico punto di partenza Forse stavo andando dove tutto nasceva I cartelli indicavano la località turistica più famosa della zona Ma la mia meta sentivo fosse un’altra Tirai dritto Uno di questi, scalcinato, ormai consumato dal tempo , fu quello che imboccai Una strada non battuta da anni Era forse la strada giusta Mi ero alzato strano quella mattina e non capivo il perché Ma mi stavo rasserenando La strada correva lungo un fiume montano Da limpide acque fragorose Gli schizzi arrivavano su parabrezza e la frescura aumentava Sembrava una purificazione da quello da dove venivo La cravatta a tinta unita era volata sul sedile di dietro Quando arrivai alla fine della stradina mi paralizzai Fermai la macchina avvicinandomi al vetro Ne scesi Nessuno palazzo , né tantomeno lunghe scie di luci Né Il cielo privo di grigio e incroci che non ti facevano mai ritrovare La radura era davanti a me Alberi alla vista giganteschi Sembravano famiglie immobili, proiettate con i loro rami verso il cielo Abbandonai la macchina Scelsi di andare a sinistra Il canyon mi stava per inghiottire Sentivo che stavo lasciando qualcosa alle mie spalle Ma non avevo timore La curiosità mi dominava Le rocce avevano fiori meravigliosi attaccati ad esse Ero circondato da pareti frastagliate di color rosso , che ospitavano nidi Da uno di essi si staccarono in volo due uccelli Il loro stridere era forte, sicuro Nessun timore gli apparteneva Gli occhi al cielo mi fecero riconoscere una coppia di aquile Possente lui e aggraziata lei Iniziarono a volteggiare con maestria Feci in tempo a vederne gli occhi o almeno cosi me ne convinsi Occhi spalancati, cerulei Con quegli stessi occhi dominavano l’aria Ammiravano quel sole e la stessa terra che lo inghiottiva Non avevano padroni se non se stessi Ne imitai il volo spalancando le braccia e correndo verso il nulla Ero felice Nessun telefono se non i rumori spontanei della natura Nessun uomo calpestato da logiche economiche se non badare a scansare i fiori sul mio cammino Gli orologi qui non erano utili Tutto era dettato da una armonia ben definita Quando diedi l’ultimo sguardo alle mie spalle, alla mia vita Non provai distacco , ne rimpianto Il corpo e la mia anima avevano già deciso Fui inghiottito da esso Capii solo allora perché mi ero alzato strano quella mattina (patapump )
|