Il secondo tempo del buio.
E' così nera la notte dentro il mio petto che quasi rimbomba il cannone dell'odio alla vita, che quasi si storce la sciabola di marmo.
Stasera mi trovo nella mia stanza con un dolore che avevo dimenticato.
Di Elisabetta criticavo il piangersi addosso in continuazione e le chiedo scusa, io più di lei ho chiesto solo esplicitamente di non essere compatito, solo ascoltato o letto.
Successe così che circa cinque anni fa il mio cuore sbandò con una scivolata improbabile ed imprevedibile. Irene lo fece cadere, ogni stella sul cielo si squarciò come di latta, non riuscivo ad aprire gli occhi, li tenni chiusi per diversi giorni. Rimasi a letto per due settimane, sfinito dal dolore, volevo morire.L'estate dell'anno dopo arrivò Lara. Cominciò tutto per scherzo. In effetti non cominciò proprio, non ci si pensava. Un giorno - tempo dopo - cominciammo a pensarci, assieme, Irene era ancora La mia vita ma con lei non la pensavo.
Ci siamo lasciati, ripresi, rilasciati, riripresi, non siamo stati mai assieme ma a me andava bene così. A lei, evidentemente, pure.
Questa estate ci abbiamo provato. Ci siamo messi assieme. Irene sempre dentro di me ma era davvero Lara che mi riempiva l'esistenza. Per lei cantavo sonetti pieni di baci, storie di eternità che svergognavano il meschino pensare delle genti, ho scritto un fiume di parole che mai prenderanno forma. Ero tornato alla vita, tutto era diverso ed io, che avevo atteso quel momento da anni, non lo riconobbi. Stavo sempre attento a non scoprirmi. Mai più scottature.
E' finita a settembre, poi è rifinita ad ottobre. La causa era Irene.
Di nuovo, sempre e solo Irene.
Pensai che si dovesse combattere. Lo feci, andai incontro ad Irene, la frequentai di nuovo per tutelare Lara. Irene aveva occhi spenti. IL suo sguardo non mi penetrava, non gocciolava il profumo del miele dalle sue labbra. Per me era una ragazza qualunque, quasi estranea, non più Irene.
Attesi ancora del tempo, ancora attesi poi.
Poco prima di Natale mi decisi e telefonai a Lara. Lei era sorpresa.
Non penso che a lei, ogni petalo mancante del fiore del cuore mio appartiene al suo nome. Lei è la signora delle camelie. Ancora fiumi di parole inutili le appartengono, scrivo in continuazione la mia voglia della sua vita che si intreccia con la mia. Lei non mi sente più.
C'è un altro. L'ho vista pochi minuti fa. Le ho giurato il mio amore, le ho messo il mio cuore in mano gettando i miei dadi.
-Non provo più quello che provavo una volta-
Queste le sue parole.
Il secondo tempo del buio.
Un buio pesto, come il primo. Le mie mani tremano sopra questa tastiera morbida di sogni. E' un'ora che sto scrivendo. Scrivo per voi, famiglia di concerto. Le mie mani odorano ancora di lei. Poco fa ci baciavamo e lei, baciandomi, mi pregava di non farlo, mentre mi baciava forte.
Ho polpastrelli imbevuti di Lara ma anche quando questa essenza andrà via il mio dolore non sarà svanito. E continuerò a nascondermi dietro le lacrime. Forse questa volta il dolore è anche più forte. Questa volta il rimpianto si mescola al rimorso, lei non c'è più. Lei mi serve per vivere.
Scusate il mio pianto, il mio canto è stonato di tristezza ignara se un giorno risanerà mai.
Giovedì prossimo avrei dovuto dare un esame di Storia moderna. Non credo proprio di essere nella condizione adatta.
Piuttosto penso che lunedì prossimo andrò a Roma per almeno tre giorni per "pensare un pò", oppure per rattristarmi in santa pace senza dover rendere conto alla mia famiglia che ricorda con dolore il post-Irene.
Grazie per aver letto il mio fogo a chiunque l'abbia fatto.
Con l'amore ho un forte credito.
Scusate tutta questa tristezza.
So che si può vivere
non esistendo,
emersi da una quinta,
da un fondale,
da un fuori che non c'è se mai nessuno
l'ha veduto.