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 7 Riflessioni
 L'arte della parola: verità e inganno
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La_Zia_Cary
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Inserito - 21/01/2003 :  21:55:53  Mostra Profilo  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a La_Zia_Cary
Fin da quando ero proprio piccolina e ancora andavo all'asilo, forse per emulazione di mio nonno, ho sempre sognato di fare l'avvocato. La cosa che mi affascianava di più, sembrerebbe quasi che diritto e letteratura non c'entrino molto tra loro, ma nutrita di letture di autori quali John Grisham, Scott Turow e simili fin dalle medie, è proprio l'aspetto meno razionale e rigoroso, quello oratorio. Mi spiego meglio: nel sistema legale americano, la principale fonte di produzione normativa non è come in Italia costituita dai codici, bensì dal precedente giudiziale, quindi anche la preparazione degli studenti di legge è molto più concreta e pratica e si realizza sopratutto a livello di analisi di casi precedentemente sottoposti alle varie corti. Inoltre, sopratutto a livello penale, di solito il processo americano è molto più spettacolare e sopratutto le sentenze sono decise non dal giudice, ma da una giuria di semplici cittadini. E' molto forte e presente, quindi, la cultura dell'arringa, che non è una semplice elencazione delle norme attinenti al caso, ma è un vero e proprio sfoggio dell'arte della parola. Questo perchè gli avvocati non devono convincere dei giuristi, ma delle persone a digiuno di qualsiasi concetto legale in senso stretto. Si tratta di usare la parola, le argomentazioni per convincere, utilizzando quindi un linguaggio chiaro, comprensibile a tutti, che più che sulle norme in sè si concentri sui fatti. E' poi molto soggettivo, sopratutto tra coloro che non fanno parte del mondo della legge, parlare di giustizia. Ai cittadini non importa poi molto quale norma è applicata in un determinato caso, vogliono solo capire, dalle argomentazioni degli avvocati, se l'imputato è colpevole, oppure no. Ecco l'aspetto che mi piace della legge, che purtroppo in Italia è assente, e che ho studiato con molto piacere nel mondo greco, dove si parla dell'oratoria (vedi Lisia, Demostene...) utilizzata nei processi come un mezzo per ottenere la vittoria e che molto spesso trascurava la realtà dei fatti: bastava avere un buon logografo, che scrivesse un discorso convincente e presentasse l'imputato nella giusta luce, come cittadino morigerato sempre rispettoso della legge... che il gioco era fatto. Fin dai tempi dei sofisti non a caso l'oratoria è sempre stata considerata come l'arte di convincere di ciò che non è vero ma potrebbe esserlo. La parola è uno strumento potente, che a seconda di come è usato può affascinare e dire il vero, come anche ingannare. Questo mi ha sempre attratto: l'idea di essere davanti ad un gruppo di persone e di convincerle con le mie argomentazioni della mia tesi. Una persona che ha letto ciò che ho scritto ha detto che nel mio modo di scrivere è sempre presente la razionalità, ovvero voglio spesso "far quadrare i conti", convicere senza ombra di dubbio gli astanti di ciò che penso.

Aquilone senza vento.
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Inserito - 28/01/2003 :  19:46:50  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Aquilone senza vento.  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a Aquilone senza vento.
Ho più di qualche problema a considerare, quello di cui tu parli, giustiza.
Quella è la stessa giustizia che ha condannato alla sedia elettrica imputati della cui colpevolezza non si avevano prove complete e del tutto attendibili;
è la stessa giustizia che ha portato a condannare un nero, solo perchè quegli stessi "semplici cittadini", giudici part-time, erano razzisti.

Scusa, ma ho un'idea molto diversa di Giustizia.Vai a Inizio Pagina

La_Zia_Cary
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Inserito - 31/01/2003 :  17:11:38  Mostra Profilo  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a La_Zia_Cary
Una delle prime cose che si insegnano agli studenti di diritto è proprio il problema dell'interpretazione: di solito una norma è costituita da formula, che è il testo letterale e precetto, vale a dire il significato che a questo testo viene attribuito. Ma non si tratta mai di scoprire IL SIGNIFICATO, proprio perchè una norma può avere infiniti tipi di sviluppi e di applicazioni. Una norma descrive una fattispecie astratta al cui verificarsi vengono collegate delle conseguenze giuridiche. Proprio per l'astrattezza della situazione descritta si può ricolleggare alla norma in questione innumerevoli serie di situazioni concrete, tutte diverse tra loro e tutte con risultati effettivi particolari e contingenti. E viceversa, quando ci troviamo di fronte ad un caso specifico da normalizzare è proprio compito dell'interprete saper scegliere quale disciplina utilizzare. E proprio in relazione alla natura umana che è così irrazionale non si può che ottenere un'interpretazione soggettiva, che varia da soggetto a soggetto. E' assolutamente scorretto pensare che la legge sia solo una serie di regole bianche o nere. La legge è molto di più... E' qualcosa che rimanda proprio all'arbitrio umano, alla correttezza e alla coscienza di ciascuno nella sua applicazione. Non a caso vorrei sottolineare che il codice civile francese del 1804 (al quale si è ispirato il nostro codice civile del 1865, poi rivisto nel 1942) venne considerato da Paul Valery l'opera più importante della LETTERATURA francese. Inoltre Stendhal ogni giorno prima di scrivere leggeva alcuni articoli del codice "pour prendre le ton".
L'ideale della Giustizia si appella al sentimento interno di onestà, lealtà e obiettività di ciascuno di noi, per essere rispettato.

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