Concerto di Sogni
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Paolo_Talanca
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Inserito - 22/01/2003 :  20:05:24  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Paolo_Talanca  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a Paolo_Talanca
STELLE DI STELLE
(Claudio Baglioni)

Io sperai di esser tre quelli
che camminano le vie ribelli
stelle di stelle
sudici eroi
quei cialtroni degli artisti
scopatori pederasti tristi
incantatori aquilonisti
egoisti
quelli che qualcuno cresce
al riparo dalla realta'
fuori dai guai
senza un' eta'
soli
quelli che son tutto e niente
che non vivono mai veramente
ma neanche poi
muoiono mai
io in che parole fuggiro'
polvere e sere corse via
dentro il bicchiere clessidra
che butto giu' (puo' il cielo)
come un timbro dolce agro (finire qui)
si stacco' da quel suo corpo magro (ci pensi)
e un fumo blu (sì)
l'accarezzo' (no, i fiori recisi ancora)
stanco jazz nello sgabello (profumano)
madre il suo microfono cullò (ci credi?)
e ci soffiò (sì)
suoni d’ccello (no, puo' il mare fermarsi prima)
nelle pieghe delle mani (dell'orizzonte)
sciolse il tempo con monotonia (lo vedi)
sempre cosi' (si)
fu questa mia storia (non puo' mai una storia)
spinse tutto il fiato in gola (sfuggire,se tu non vuoi)
e una lunga ruvida parola (morire)
e il mondo li' senza di noi (senza di noi)
anche le stelle bruciate lassu' (anche le stelle bruciate lassu')
dal palco scesero (viaggiano per l'eternita')
a popolare i sogni della gente (a illuderci negli occhi che)
si spense il viso (per sempre c'e')
il suo sorriso (una luce)
e la voce (su chi non sa piu' cantare)

Voci: Claudio Baglioni e Mia Martini

Atlantide, anno 0 avanti Cristo. Appena fuori dalle mura della città, nell’anfiteatro comunale che è pieno di spettatori, tra poco si svolgerà lo spettacolo. Dietro le quinte, su una sedia, sta seduto Cucaio. Serio e pensoso, sorriso consapevole, quasi di sfida.

CUCAIO: Ma dove si sarà cacciata Mimì?! Bene, bene… io che l’aspetto.

Scruta non visto gli spalti

CUCAIO: Certo che quando cantavo io da solo il pubblico era dieci volte tanto. Perché poi l’avrò presa come socio? Oramai però io non ho più bisogno di fama, solo di stimoli. Ah! Gli stimoli. Ricordo da ragazzino quanto speravo di essere riconosciuto per strada, e che occhiali buffi! Almeno una volta sognavo, speravo con tutta la possente coscienza della genuinità, riempiva l’otre la mia mal celata ambizione. Ma ad una mente senza piaceri cosa importa di soddisfare anche quelli non suoi? Fondamentalmente volevo essere un ribelle: un giorno ci saranno dei poeti maledetti, gente che vivrà di sensazioni, che sfiderà l’arte e la sua malvagità – ed in effetti io non ho mai rinnegato il fatto che è solo la strada maestra che porta alla mediocrità. Avrei voluto far successo, essere un mostro e fare quel che più mi garbava, imitare i dei dell’Olimpo, inciuccarmi come Bacco, scorticare come Apollo, giudicare come giudicò, giudica e giudicherà Zeus. Sarei sicuramente diventato un eroe per tutti, un eroe meschino ed accettato, anzi idolatrato. Avrei raccontato sbalorditive storie con la paradossale ed insospettabile collaborazione del silenzio, avrei lanciato lame da occhi di ghiaccio capaci di rabbonire tigri ed istigare ciuchi alla rivolta. Sarei stato preservato dal tracollo grazie a pochi sofisti da scarsi denari ogni luna. Gli anni non mi avrebbero mai scalfito, insultato, incanutito. Sarei stato solo, nessuna bega, mai una grana. Avrei potuto decidere da me se essere tutto, niente, chiunque o nessuno, pieno o vuoto, triste o… comunque non sarei mai morto…
Ora mi piacerebbe conoscere le mie prossime parole, quali ragionamenti, se davvero questo piombo nel succo d’uva possa servire a vivere meglio, sogno di gesso attraverso ansiose e consenzienti froge, antitesi di assenzio in una di quelle sere senza fissità, a rincorrere emozioni in attesa che finisca la polvere della parte superiore o magari meditare un gesto estremo che la consumi d’un colpo, come l’ultimo sorso prima d’andar via.
Ma guarda quante stelle che ci sono su nel cielo! Qualcheduna è già morta, strano che qualcosa di lei, forse qualcosa che fa parte di lei, una sua creazione, arrivi ancora fino a noi…

Si sente una voce arrivare dal palco, un canto di donna

CUCAIO: Che storia è questa?! Che abbia iniziato da sola…

MIIMI': Ma lo immagini se tutto finisse qui?

CUCAIO: Tutto cosa? E poi non era questa la tua battuta… Ma che hai stasera?

MIMI’: Magari staremmo ancora aspettando l’estate.
Oppure saremmo in spiaggia
a farci le coccole
col sole che invade la pelle;
mentre ti giri nel letto,
ed io che non sento nient’altro
che il tuo bel respiro, così regolare,
così perfetto.
Un colpo improvviso,
un nero di colpo
e niente che mai ci riporti quei baci
non dati, ancora sognati,
da sempre voluti, semplicemente ancora da dare.
Che rimarrebbe di noi?
Noi dirmi che la risposta è niente…
dei nostri ricordi, di quello che faremo,
le gioie provate
nell’atto che serbiamo in cuore.
Della nostra poesie…
ecco…
forse la nostra poesia,
che sollievo!

CUCAIO : Che versi magnifici! Che sublime creatura. Non riuscirò mai a capire come mai la tua voce, nelle sere provviste di luna che dona un chiarore aurorale, riesca a donare quel un succo di latte e limone, incipiente bisogno di stringere la tua esile figura capace di sostenere sul grembo l’intera nostra isola.
Invidio la rugiada ed il tepore di un camino che riescono ad entrare nelle segrete del tuo animo, questo fumo di candele che libero ed insospettabile può sfiorare la tua veste e mescolarsi col profumo delle tue rose e dei tuoi oli.
Seduta sulla tua cassapanca di sogni sembra quasi che tu non ti curi della maschera che porti in volto per scandire ed espandere la tua voce d’usignolo ed anzi la ninni come faresti col più onesto dei nemici. L’argomento è quello di sempre, cerchiamo di capirci qualcosa, di intravedere un motivo nella coltre di stanchezza che sembra averci messo al mondo, ma tu… tu non sfoci mai nella fatica di versi già usati

MIMI’: Ma sì!
Ogni stelo conserva
l’essenza di un fiore
per tanto tempo sorretto
ed è degno di unicità il fatto
che tu ti sbalordisci,
rimanendo in preda all’incanto
per queste mie parole.
Non esiste un oceano
che ceda il passo alla linea del tramonto
né una poesia che,
pescata dal divino ed ingenuo
cesto dell’ispirazione,
abbia paura del tempo che incide e recide.
Oh, la volontà! La forza, rialzarsi,
la battaglia!
Chi ama sa che le sue membra
hanno ricevuto in dono
il frutto della bella Afrodite.
Il divino intelletto forgia
il sapore di succo di mirtilli,
l’odore dell’alloro lo rende
eterno
e la scura signora diventa
un guitto domato e sconfitto;
tutto
questo accade già quando
si prova ad impossessarsi di quella eternità
che ci spetta, tramite una penna non più sbigottita.

CUCAIO : Ma come mai sembra che a volte io faccia fatica a raggiungerti? Il nostro coro fa fatica a procedere all’unisono, ci allontaniamo continuamente per poi riunirci quando l’immenso ci richiama all’ordine e la verità vuole trasformare qualsiasi stoltezza di umana natura.
Vedo bene le tue mani ammansire la successione di istanti, stai usando tutte le forze che hai in corpo, perché tutta questa passione? Tanto verresti pagata lo stesso per la tua serata, a loro basta che tu regali filastrocche, nastri colorati e sfavillanti vestiti dai fulgidi colori. Tu, al contrario, cerchi di combattere contro la triste signora in abito scuro, cerchi di sconfiggerla, ti senti battuta sin dall’inizio, allora perché lottare? Perché lo fai? Non senti lo squamoso ed interminabile suono del suo nome avere il sopravvento? Ti converrebbe arrenderti… No, aspetta, che sciocco!
Morte.
Guarda quelle stelle, loro sono già morte, guarda come splendono! Io muoio stasera e tutte le sere che salirò su questo palco, la mia poesia sarà la ricompensa, la lancia invincibile che si farà strada, sarà me, già le appartengo. La mia poesia è già poesia d’altri, quelle stelle appartengono ai miei occhi, non al loro essere.

MIMI’: Quante volte mi son chiesta
a cosa servisse sognare…
mille volte ho pensato
ricolma di noia e stanchezza;
di fronte avevo i colori
ma cercavo un manto grigio
per asciugarmi il viso.
Non può lasciarmi indifferente
la voglia di capire che ci illude,
le colonne d’Ercole intensamente inseguite,
invalicabili
ma che non destano sgomento.
Bastava comunicare tutto l’amore
di cui si è capaci per uscirne fuori?
Bastava la forza di una metafora?
La sublime retorica dei sensi…
ci dona eternità, illusioni necessarie
per le quali lottare,
attraverso le quali pescare motivi vitali,
giuste vendette ed agognata perpetuità.
Il mio compito è finito,
le mie forze scemano,
il destino del titano è
perire di fronte alla saggezza,
quello mio è di continuare a donare emozioni
al mio pubblico,
è ciò per cui ho vissuto,
è questa luce che mi illumina il viso
di un chiarore tanto cercato ed ora colto,
ora che la mia ragione ed il divino Apollo
non mi donano più versi. Ora che muoio…

CUCAIO: Ora che assieme abbiamo capito il segreto, ora che il tuo posto non è più sostituibile, ora che tu non canti più versi di disperata ricerca, ora io sono troppo vile per spegnermi.
Vivrò col tuo sorriso fra la selva della mia mente, tra i ricordi che oggi e domani mi riproporranno il tuo viso, il tuo insegnamento, la tua voglia di vivere e la tua voce troppo presto scomparsa e dimenticata. Voci lontane ti schermivano, se la prendevano con te per qualcosa che non aveva fondamento, se non nella loro pusillanime paura di risultare banali a gente più banale da loro.
Grazie per questo sogno…
ci vedremo un giorno e magari ti vedrò ancora coi tuoi enormi cappelli…
grazie Mimì…


So che si può vivere
non esistendo,
emersi da una quinta,
da un fondale,
da un fuori che non c'è se mai nessuno
l'ha veduto.

   
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