Simo
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Inserito - 23/12/2001 : 20:31:51
Il testo che segue l’ho scritto di getto più di 9 anni fa rientrando a casa da un esame scritto all’Università (composizione inglese credo). Il titolo del tema era un frase di Wittgenstein che mi ha folgorata a tal punto da tornare a citarvela dopo più di 9 anni “I limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo”. Era l’ottobre del 1992 e io uscivo da un periodo difficile e pesante: il 18 settembre era mancato mio nonno materno, a cui volevo un gran bene e per un mese soltanto aveva voluto gravare con la sua malattia sulle nostre esistenze. Pertanto ogni giorno, per 31 giorni circa, siamo andati a trovarlo all’ospedale, sapendo che da lì a poco ci avrebbe lasciato, da soli, in compagnia dei 1000 ricordi delle sue battute da “toscanaccio doc”. Forse la frase di W. mi avrà colpito molto anche a causa del mio momento particolare, ma i limiti delle parole li ho sempre sentiti, in svariate occasioni. Qualche giorno fa, rimettendo ordine (cercando almeno di farlo) nel marasma dei miei cassetti, è sbucato un foglietto ingiallito. Sapevo di averlo conservato da qualche parte. Vi dico che, a parte una mia amica che forse non si ricorderà nemmeno di averlo letto, siete i primi a cui lo propongo. L’ho diligentemente ricopiato, lasciando anche gli errori e le espressioni che oggi, a distanza di 9 anni, forse non userei. …stavo per correggerlo, ma poi non l’ho fatto. Lo scrissi di getto, con la stanchezza di un esame scritto di tre ore alle spalle ma con grandissima intensità e quindi non posso e non devo modificarlo: non sarebbe più il frutto della Simo di allora. Vi sembrerà un po’ lungo…se non arriverete in fondo siete scusati.p.s. …comunque a distanza di 9 anni, rileggendolo, tutto sommato non molto è cambiato Ottobre 1992 CIAO! Credo che sia proprio vero che il linguaggio sia il limite del proprio mondo. Quante volte mi sono sentita “bloccata” dalle parole. Ma che significa sentirsi “bloccati” da una parola? Non è il linguaggio un mezzo espressivo, un qualcosa posto in nostro aiuto per comunicare? Certo che è così eppure sarebbe troppo illusorio credere di poter trasformare pensieri, idee e soprattutto emozioni in un insieme di segni convenzionali stesi nero su bianco. Difficilmente sono riuscita a dire chiaramente quello che sentivo. Anzi, direi che dovrei parlare al presente, dato che è una cosa che mi succede ancora e a cui non so davvero trovare una soluzione. A volte sento dentro di me come dei turbini di pensieri, mille idee in corsa una dietro l’altra, ansimanti, desiderose di calma, di pace, di risposte. Spesso buttare i miei pensieri su un foglio, così, all’improvviso,è per me una forma di sfogo e di parziale liberazione. Saranno questi i problemi dei giovani di cui si parla tanto? Beh, sicuramente c’è molto di peggio, ne sono consapevole. Però a volte basta poco per sentirsi cadere il mondo addosso, così come basta poco per ritirarlo su: un sorriso, una telefonata, un piccolissimo gesto imprevedibile. E tutto ciò veramente non può essere tradotto in parole, forse non può neanche essere compreso a fondo; spesso ho agito come d’impulso, facendo quello che in quel momento mi veniva di fare, senza pensarci troppo e di solito quelli sono stati i momenti più belli della mia vita. Gli schemi ci inquadrano, ci incatenano in un ordine che prima o poi ci andrà stretto, a cui ci vorremo ribellare: e allora conieremo altre parole, finché anche queste saranno diventate troppo limitative e banali. Visto così sembra un processo infinito e forse lo è, almeno se lo consideriamo dal punto di vista dell’umanità intera. Ho detto prima che scrivere a volte mi aiuta un po’ a sfogarmi. Ma allora le parole aiutano!!! Si, certo, aiutano a scoprire il limite, il limite dell’anima. Credo davvero che oltre a quei pensieri espressi ci siano quelli inespressi e segregati nel profondo di noi stessi. Sono il nostro patrimonio distintivo, la nostra univocità, la nostra fortuna, la nostra forza, la nostra malattia. Mi è successo spesso di mostrarmi allegra, gioiosa, mentre mi sentivo amareggiata e depressa interiormente; così come ho cambiato spesso di umore dopo aver visto qualcosa o qualcuno che non saprei definire particolarmente perché sono troppo diversi fra di loro da non poter trarre un elenco di caratteristiche comuni. “Non saprei definire” ho detto: visto come limitano le parole? Eppure, se in questo preciso istante io provassi nuovamente quelle emozioni, le saprei riconoscere perfettamente. Ecco: la perfezione è solo nel nostro modo di sentire delle emozioni: siano esse gioie o dolori, le sentiamo in maniera perfetta, totale: possiamo fingere di non esserne coinvolti forse, ma sarà una finzione, un falso, solo per gli altri, mai per noi stessi. “Le emozioni siamo noi” potremmo dire. Evviva! Una definizione l’ho trovata e con essa un’identità. Pensare di essere delle emozioni, un fascio di emozioni è già qualcosa credo. Non sto dimenticando l’intelligenza, no, certo. Sto solamente cercando di capire un po’ meglio il perché di tanti stati d’animo, dei miei stati d’animo e l’intelligenza (oltre al fatto che non ce n’è poi così tanta) non può bastare. Mi auguro particolarmente di saper cogliere il momento giusto per l’una e per le altre: essere intelligenti quando serve, essere emozionali quando si rende necessario. Non perdiamo questo scopo: non ci riusciremo forse, ma inseguendolo, sicuramente la nostra vita, la mia vita, avrà allora un senso maggiore.
Simo Edited by - simo on 23/12/2001 20:33:51 Edited by - simo on 23/12/2001 20:34:31 Edited by - simo on 24/12/2001 16:05:49 Edited by - simo on 24/12/2001 16:09:15
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