IMMAGINARIO...DIETRO L'ANGOLOQuando cala la sera e le prime nebbioline leggere s'alzano a stendere un velo di umido sulla natura, esco a cercare con risoluta fermezza e rinsaldata volontà un pò di libertà, un pò di me stesso, un pò d'aria pulita, un pò di serenità, un pò di rispetto personale.
Quando dopo le diciotto rientro dal lavoro a casa, sento un richiamo selvaggio, un impulso a cambiarmi, a mettermi le scarpette da ginnastica e la tuta, come immagino dopo uno stupro la giovane vittima sente impellente il bisogno di lavarsi di dosso l'odore del suo carnefice, staccare ogni frammento del recente passato, per proiettarsi con una nuova, la vera maschera nel futuro.
I rumori della strada interna del paese sono familiari, le luci dei lampioni diffondono pacatezza, la stessa pioggia insistente non dà fastidio più di tanto, scende qualche goccia dal naso, ballonzola per un pò scherzando con la forza di gravità, uomini in bicicletta passano perenni nello sfondo, grida diverse escono dalle case e si disperdono nella campagna battuta dal vento, gli animali tacciono raccolti negli ultimi nascondigli.
La corsa leggera mi fa danzare senza sosta e quando raggiungo il prato dalle mille ondulazioni mi sento un vagone di una tradotta che corre da anni in binari scassati e imperfetti, il buio mi avvolge di colpo e mi accorgo che l'unica compagnia è il rumore della pioggia che cade sul fiumicello parallelo al mio incedere.
Le scarpette affondano nel fango e i miei pensieri con loro, facce di colleghi, tecnici,dialoghi di operai, dispute quotidiane, ignoranza, tanta ignoranza, arroganza, tanta arroganza, tutti sanno di tutto, nessuno sbaglia mai e le pozzanghere insidiose nell'ombra mi fanno sbandare, ora il fiato della corsa si fa più affannoso, lontano nell'intricata boscaglia un volo pesante di uccello sfronda le rame fradice di pioggia. Quella sofferenza, quella continua incomprensione, quella compassata sufficienza offende la mia etica, sbruffoni, i rintocchi del campanile del santuario mariano mi riannodano al mio correre, nelle vie ora deserte, raggiunte sbucando da una stradina del parco mi appaiono come un'offesa alla mia riflessione e allora lasciato l'asfalto odoroso, di civiltà mi immergo
nel grande campo verde del convento domenicano.
Mi accorgo che la pioggia è cessata e il mio fiato si è regolarizzato, un bellissimo pioppo dalle gialle foglie cadenti ha formato un tappeto morbido e colorato mi sento incoraggiato a proseguire, mi sovviene che l'indomani dovrò andare alla scuola per una lezioncina di chimica agli studenti delle medie e penso che quei ragazzi sono fortunati oggi più di come lo eravamo noi, mio frattello mi aspetta dopo cena per quel libro sugli antichi ezigi e le foto che ho scattato alla pergamena del 1680, per papà, saranno pronte, sorrido ma non me ne accorgo, il mio mondo sta lentamente prendendo il sopravvento, la corsa si fa eterea e la fatica è un semplice opzional.
Un cane arrabbiato abbaia il suo dissapore con la vita, lo passo con rinnovata pazienza e le antica mura di sassi bianchi del Tagliamento mi seguono nel mio incedere, vecchi ruderi, i tempi passati...ecco il mio vero mondo...sono a cavallo e ho pergamene di fondamentale importanza da recapitare, i turchi saranno al castello tra pochi giorni, bisogna organizzarsi, bisogna approntare le difese, sono ferito ad una spalla, sanguino e brucia ma non fa male, ecco il capitano mi fa passare sul ponte levatoio, entro, grandi pacche sulle spalle, grandi riconoscimenti, una popolana mi getta una fiasca di vino, no...non ho mai bevuto vino!... assaggio educatamente quel nettare che scalda il cuore...e lo stomaco non i brucia!...il signorotto del luogo mi riceve e lodato il mio operato mi incarica di ripartire per Venezia a chiedere rinforzi...le mura finiscono in uno stop e i fari di un'automobile mi avvisano che non posso passare di là.
Il sudore mi scende copioso dalla fronte, ventate di scirocco s'insinuano nella tuta, le scarpette bagnate inzuppano i calzettoni, la signora con l'ombrello mi saluta e mi incoraggia perchè dice fa bene al corpo, quando rientro a casa sono stanco ma ho ripreso un pò del mio buon umore, un leggero dolore mi sale dal polpaccio ma gli amici esperti, mi hanno detto che è normale, eppure questo motore l'ho portato tempo fa a parecchi giri, si vede che non è più tempo per i record ma per i ricordi !
di Zanin Roberto
alias Bespunico
scritto il 24/11/2000