Senza Televisione
Le tormentate vicende di un popolo perseguitato e oppresso La nostra è una delle dodici famiglie in Italia che non hanno mai avuto la televisione. Lo ammettiamo: non è senza un po' di compiacimento che professiamo di appartenere a quel piccolo popolo che ancora oggi resiste alla seduzione del televisore a colori con novantanove canali, ma la fierezza dell'appartenenza al gruppo è giustificata dalla lunga serie di traversie che abbiamo dovuto attraversare per rimanere fedeli all'ideale.
La decisione
Dopo esserci sposati, molti anni fa, mia moglie ed io eravamo d'accordo: niente televisione. Per diversi anni non ci furono problemi, sia perché il popolo dei "senza televisione" era meno sparuto di adesso, sia perché non erano ancora arrivati i figli.
Ma col passar del tempo fosche nubi si addensarono all'orizzonte.
Le angherie delle pubbliche autorità
Dopo qualche anno di felice matrimonio, da un certo ufficio con sede in Bologna ci arrivarono, a pochi giorni di distanza l'uno dall'altro, tre avvisi. In ognuno di essi ci informavano che non avevamo ancora pagato il canone televisivo e ci invitavano a metterci in regola con l'abbonamento se non volevamo incorrere nelle sanzioni previste dalla legge. Le prime due volte respinsi l'avviso limitandomi a precisare che non avevo la televisione. La terza volta rimandai indietro l'ingiunzione con queste parole: «Capisco bene che la rinuncia agli interessantissimi programmi televisivi offerti dalla Rai costituisce per i suoi uffici una colpa grave di cui bisogna giustificarsi, ma per la terza volta ripeto: Non possiedo nessun apparecchio televisivo!»
Per qualche anno ci lasciarono in pace. Ma poi tornarono alla carica.
Suonano alla porta. Apro e mi trovo davanti un signore che mi mette sotto gli occhi una tessera con fotografia. Non afferro bene quello che dice e lo faccio ripetere.
«Mi faccia vedere il libretto di abbonamento televisivo», dice secco.
«Non ho la televisione», rispondo.
Resta un momento in silenzio, scuote la testa, sospira, e quasi a fatica dice a bassa voce:
«Lasci stare, se non ha ancora pagato l'abbonamento, la cosa migliore è che lo faccia subito».
«Prego», dico spalancando la porta, «se vuole, può visitare tutto l'appartamento».
Sorpreso dall'inattesa reazione, il funzionario si smarrisce un po'. Non entra.
«Sa », dice imbarazzato, «a Bologna mi hanno dato il suo nome e, lei capisce, oggi, non avere la televisione, è un po' strano. Comunque, mi scusi e arrivederci.»
Ancora una volta riuscimmo a parare il colpo. Ma l'incredulità istituzionale degli uffici della Rai non poté mai essere definitivamente vinta: a intervalli di tempo più o meno lunghi fummo raggiunti da inviti più o meno minacciosi a metterci in regola con l'abbonamento televisivo.
Le perplessità degli amici
A un certo momento cominciò a verificarsi che chi entrava in casa nostra prima o poi finiva per osservare: «Ma voi non avete la televisione!». E spesso la cosa finiva lì. Altre volte invece chiedevano spiegazioni. Dopo averle ricevute, alcuni (pochi per la verità) ci esternavano anche il loro consenso e la loro ammirazione, senza che questo li inducesse minimamente a sbarazzarsi della loro televisione.
Ancora adesso, dopo tanti anni, qualcuno ogni tanto ci chiede: «Allora, non l'avete ancora comprata la televisione?». La cosa, insomma, continua a non passare inosservata. Per alcuni restiamo sempre "quelli che non hanno la televisione".
I problemi di condominio
Può sembrare strano, ma anche i condomini possono riuscire a mettere in imbarazzo chi ha deciso di non avere la televisione.
Viene il vicino di casa a chiederti se anche il tuo televisore è disturbato, e ti devi sopportare lo sguardo perplesso con cui ti ascolta mentre gli dici che non hai la televisione. Partecipi a una riunione di condominio in cui si deve decidere uno stanziamento di fondi per lavori di miglioria all'antenna, e avverti subito l'atteggiamento un po' irritato e un po' sospettoso con cui i condomini ti ascoltano mentre spieghi di non essere interessato alla cosa. Piccole pressioni psicologiche, punture di spillo, ma che alla fine ti rendono insicuro, ti fanno sentire diverso.
Ma tutto questo è niente in confronto ai problemi che sorsero dall'interno stesso della famiglia.
I guai con i figli
A un certo punto della loro crescita i nostri due figli, sulla base dei discorsi che sentivano fare dai loro compagni, arrivarono alla conclusione che i bisogni elementari dell'uomo sono quattro: mangiare, bere, dormire e guardare la televisione. Non appena si resero conto della grave anomalia presente nella loro famiglia, costrinsero i genitori a fornire spiegazioni.
L'argomento venne esaminato in tutti i suoi aspetti in ricorrenti discussioni a tavola che finivano inevitabilmente con prese di posizioni autoritarie da parte dei detentori del potere. Considerate le difficoltà della trattativa, la controparte prospettò anche una soluzione di compromesso, consistente nell'acquisto di un piccolo televisore portatile da riporre in un armadio e da tirare fuori soltanto in occasioni speciali. La proposta fu respinta.
Ma la cosa non finì lì, perché col passar del tempo gli argomenti dei figli si facevano sempre più sofisticati. Con grande abilità fu toccato il tasto culturale-educativo. Dicevano che a scuola i loro professori ogni tanto facevano riferimento a particolari trasmissioni televisive e che loro, privati della necessaria documentazione, non erano in grado di svolgere i temi di italiano. Nostra figlia un giorno ci riferì, piuttosto seccata, che lei l'aveva detto, alla professoressa, di non avere la televisione, ma che questa con molto tatto le aveva risposto: «Ma insomma, i tuoi genitori sono così poveri da non potersi permettere neppure una televisione?» E vagamente aveva accennato alla possibilità di una colletta.
La battaglia dunque fu dura, ma finì con una vittoria su tutta la linea .
I conflitti interiori
Ma, come insegnano gli esperti di psicologia, una battaglia vinta sul piano esterno qualche volta si trasferisce sul piano interno. Ci furono quindi anche i tormenti di coscienza.
«Faremo bene a essere così radicali? Non produrremo ferite insanabili nell'animo dei nostri figli? E' giusto far subire ai figli le conseguenze delle scelte dei padri?», ci chiedevamo ogni tanto.
Un giorno incontrai il padre di un compagno di classe di mio figlio, e discorrendo del più e del meno facemmo la scoperta, con sorpresa e reciproco compiacimento, di appartenere entrambi al popolo dei "senza televisione". Facemmo un tratto di strada insieme e ci confortammo a vicenda discutendo ampiamente sui vantaggi che procura ai figli il fatto di non avere la televisione in casa. Poco prima di lasciarmi, però, mi chiese a bruciapelo: «Ma lei è proprio sicuro che i nostri figli non verranno su con qualche complesso? Non arriveranno a sentirsi un po' emarginati?» Cercai di rassicurarlo, ma se ne andò perplesso e pensieroso. Chissà se è ancora dei nostri?
E non mi sorprenderei se non fosse così, perché basta un attimo di debolezza e ci si trova subito dall'altra parte.
Le tentazioni
Chi non si è mai posto il problema del televisore perché ha visto la luce dello schermo prima della luce del sole, chi potrebbe arrivare a considerare come sacrilego il solo pensiero di non averne uno in casa, ben difficilmente potrà capire a quale resistenza è chiamato chi, avendo deciso di rinunciare al televisore, deve tapparsi le orecchie per non udire le innumerevoli sirene che lo invitano a comprarne uno.
Un momento critico, per esempio, è quello dei campionati mondiali di calcio. Non è facile trovare ogni volta un amico da cui andare a vedere la partita che interessa. E andare al bar è scomodo. «Tutto si risolve comprando un televisore... », canta la sirena. E cerca di distogliere l'attenzione dal fatto che una volta entrato in casa, il televisore non ne esce più.
Un altro momento particolarmente difficile fu quando si cominciò a diffondere la televisione a colori. Più di un amico ci offerse in regalo un televisore in bianco e nero perfettamente funzionante soltanto perché ne aveva comprato uno a colori. La tentazione fu grande, perché se è vero che l'occasione fa l'uomo ladro, è vero anche che l'occasione può far dimenticare le convinzioni più radicate solamente perché "tanto non costa niente".
Il lieto fine
Ma nonostante tutto siamo ancora qui: cittadini a pieno titolo dell'esiguo popolo dei "senza televisione", una strana razza ormai in via di estinzione ma non ancora del tutto scomparsa, nonostante le difficilissime condizioni ambientali.
Qualcuno si chiederà, con curiosità e apprensione, che fine hanno fatto i due poveri ragazzi costretti dai loro crudeli genitori a subire fin dalla più tenera infanzia una così grave privazione. Possiamo rassicurarli. Nostra figlia, la più grande, cessò ben presto ogni resistenza e si dichiarò del tutto soddisfatta della scelta familiare. Nostro figlio invece perseverò più a lungo nella sua dichiarata opposizione. Ma un giorno, quando già frequentava le scuole superiori, ci fece leggere un suo tema in classe che aveva come argomento la televisione. Aveva notato - diceva nel tema - una differenza tra i bambini che conosceva: quelli come lui che non avevano il televisore in casa gli sembravano molto più spontanei e creativi degli altri. Anche per questo - concludeva - era contento di essere cresciuto senza televisione. Capimmo che era un modo indiretto e discreto di manifestarci la sua retroattiva approvazione. Confermò praticamente il suo consenso qualche anno dopo, quando non incluse il televisore nella lista dei regali di nozze e, con il pieno consenso della moglie, evitò di comprarlo anche dopo essersi sposato.
NOTA - I fatti raccontati sono tutti realmente avvenuti.
Marcello Cicchese