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 4 Favole e Racconti / Tales - Galleria artistica
 L'avventura di Delia
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Gabriella Cuscinà
Senatore


Italy
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Inserito - 01/07/2003 :  07:42:35  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Gabriella Cuscinà Invia un Messaggio Privato a Gabriella Cuscinà

L’avventura di Delia


Era una signora dall’espressione un po’ melanconica, forse a causa della miopia che rendeva il suo sguardo grave, intenso e sognante. Delia aveva avuto tutto dalla vita, anche se, da ragazza, era rimasta senza padre e si era dovuta fare avanti da sola.
Però era stata fortunata, si era laureata, aveva trovato un lavoro gratificante e ben remunerato, e, soprattutto, aveva trovato l’uomo della sua vita, con il quale aveva generato due splendide figliole.
Aveva i capelli di un biondo naturale, che portava sempre corti e che le conferivano un’aria sbarazzina. Non era longilinea poiché amava la buona cucina, ma possedeva una statura non indifferente, cosicché il suo personale ugualmente risultava piacente ed elegante. A tal proposito, spendeva parecchio in abiti ed accessori, indulgendo in capi costosi e ricercati, ed il suo gusto evidenziava sempre molta classe e sobrietà.
Si circondava di pochi amici, ma quelli che aveva erano persone che conosceva da sempre e cui era legata da un antico affetto.
Le figlie ormai erano grandi, studiavano con profitto e non le avevano mai dato motivo di gravi preoccupazioni, quindi la sua vita scorreva serena e tranquilla, senza scosse e novità rilevanti.
Delia portava sempre gli occhiali da vista giacché, senza di quelli, non avrebbe distinto una bicicletta da una moto, ed il fatto di non vedere bene le aveva procurato non poche gaffe. Dal canto suo il consorte, invece, non udiva bene, ed era costretto a portare l’apparecchio auricolare. Dunque, entrambi sdrammatizzavano la cosa dicendo, per scherzo, di essere una coppia di handicappati.
Lei non aveva mai voluto apprendere l’uso del computer, perché non avrebbe avuto il tempo da dedicargli. Difatti correva tutto il giorno tra il luogo di lavoro e la propria casa, ove l’attendevano varie incombenze per la famiglia. Ma il momento arrivò nel quale dovette, gioco forza, addestrarsi all’uso del suddetto, visto che nel suo ufficio tutto era stato informatizzato. Così frequentò vari corsi d’ informatica, conobbe istruttori preparati e gente che invece, riuscì a confonderle le idee.
Dopo molti mesi, in ogni modo, aveva una dimestichezza encomiabile con il computer del suo ufficio, e vi lavorava con efficacia e destrezza.
Adesso, tornando a casa, poteva permettersi il lusso di illustrare e chiarire al marito taluni passaggi ed alcune operazioni che bisognava fare per andare avanti ad usare al meglio il P.C. Si sentiva finalmente un’esperta e questo la gratificava e la faceva sentire importante.
Durante la pausa pranzo, non era mai tornata a casa dal lavoro, perché si sarebbe trattato di riattraversare tutta la città; quindi restava in ufficio, oppure si recava in un vicino ristorante a consumare un celere pranzo. Da quando però aveva anche appreso a chattare, si dilettava a scambiare messaggi con il mondo intero.
Aveva ricevuto immagini dall’India, comunicati dal Messico, le erano giunte informazioni dagli States. Insomma si teneva collegata con centinaia di amici e s’intratteneva con diletto al computer, visto che le permetteva di trascorrere piacevolmente quell’oretta libera prima di riprendere a lavorare. Tra l’altro ne approfittava per seguire una dieta e non andare al ristorante.
Tra i vari personaggi che la contattavano, un giorno s’imbatté in qualcuno che aveva come user name: Farfalla cinese. Le mandava a dire di essere una persona amante della buona lettura e che avrebbe volentieri scambiato commenti e pareri su alcuni libri letti.
Delia sin da ragazzina, aveva amato moltissimo leggere e trascorre il tempo libero con dei buoni libri in mano. Quindi, poter intrattenersi a chattare sulle ultime novità editoriali la intrigava parecchio. Sicuramente poi, Farfalla cinese sarà stata, come lei, una signora bisognosa di trascorrere in qualche modo un’oretta della propria vita.
Si lanciò dunque in lunghi messaggi, e riceveva, come risposta, pensieri e dissertazioni varie su questo o su quest’altro problema esistenziale.
In effetti, le loro comunicazioni avevano cominciato ad esulare dalla lettura, ed ora vertevano su temi vari.
Lei si faceva identificare come: 008, e tale user name le era parso subito comico e divertente. Non vedeva l’ora, in ufficio, di poter iniziare a collegarsi con la sua nuova amica. Capiva di avere moltissime cose in comune con lei, condividevano gli stessi punti di vista, avevano le stesse opinioni e gli stessi gusti in fatto di viaggi e di teatro. Una volta Farfalla cinese le aveva raccontato che aveva due figlie femmine. Come lei! Proprio come lei! Ma che strana cosa la telematica! Le aveva dato la possibilità di conoscere questa signora così simile a lei, che diversamente non avrebbe mai e poi mai potuto conoscere. E lo strano era pure che la loro amicizia si nutriva di messaggi e confidenze on-line. Eppure la gratificava egualmente, non sentiva la necessità di vederla in viso o comunque conoscere, di persona, la sua interlocutrice. Quello che l’affascinava, di lei, era il modo di pensare e di scrivere, di porsi in relazione al computer e di inviarle di continuo, pensieri, idee, opinioni, critiche, commenti, suggerimenti.
Un giorno, parlò al marito della sua nuova conoscenza telematica. Fu entusiasta nel descrivere la personalità di quella signora, il suo corretto comportamento on-line, le sue battute, le sue frasi salaci, insomma la compagna ideale per chattare.
Il consorte era parso, sulle prime, molto meravigliato, era quasi rimasto a bocca aperta a sentir raccontare tutte quelle cose e quelle novità. Poi aveva chiesto: “Qual è il tuo server name, scusa?”
Lei aveva risposto che era 008, un’identificazione un po’ strana e da ebeti, ma era stata la prima che le fosse saltata in mente.
“Ah! 008!” aveva detto il marito. Poi si era messo a ridere come un pazzo.
“Non c’è niente da ridere!” aveva esclamato Delia tutta offesa ed aveva replicato:
“Vedi, mi trovo molto meglio a chattare con la mia amica che a trattare con te.”
Se n’era andata in cucina a preparare la cena con fare di sussiego.
Il giorno dopo, Farfalla cinese si lanciò in un mare di dissertazioni filosofiche e psicologiche; le scriveva che mai si era sentita così felice come da quando poteva chattare con lei. Aveva trovato la persona giusta con cui sfogarsi, confidarsi, l’essere umano che la capiva, l’apprezzava e le prestava la giusta attenzione.
Per un attimo, Delia ebbe il sospetto che non si trattasse realmente di una donna.
Oppure, un momento…! Poteva essere una lesbica, insomma una gay, come si diceva oggi. Ma no! Era impossibile! Una così brava signora, che sempre parlava di buoni sentimenti e di correttezza nell’agire e nel comportarsi! Non era possibile, aveva avuto un brutto pensiero. Però le ritornò alla mente una famosa frase del senatore
Andreotti che affermava che a far brutti pensieri si fa peccato, ma al novantanove per cento si azzecca. Macché, stava diventando come suo marito che vedeva il torbido ovunque!
Si mise a rispondere alla sua amica e volle anche chiederle dove abitasse e che lavoro facesse. Successivamente…..sorpresa delle sorprese! Ebbe come risposta che abitava nello stesso suo palazzo, ma non poteva rivelarle in cosa consistesse il proprio lavoro giacché si trattava di qualcosa di molto delicato. Questa era bella! Nel suo stesso palazzo!
Ma chi era mai? Adesso voleva diventare 007, non più 008; doveva scoprire assolutamente chi era la signora del palazzo che chattava con lei.
Furbescamente non comunicò a Farfalla cinese che erano coinquiline, anzi non insistette neppure sulla di lei occupazione. Volle dimostrarsi delicata.
Però la sera, a casa, cominciò a chiedere alle figlie: “Al primo piano chi ci abita?”
Risposta: “La signora Riviegi, quella mezza cieca.” Non contenta, incalzò:
“E accanto ai Riviegi chi abita?” Altra risposta: “Lo scapolo, quel signore anziano.”
Erano tutte persone da escludere. Vediamo, loro abitavano il secondo piano e accanto avevano una coppia con figli piccoli, che tenevano la madre impegnata tutto il giorno; dunque, il terzo piano: “Chi abita al terzo piano?”
“Scusa mamma, hai deciso di fare il capo condominio? Che te frega?”
Il marito, nel frattempo, ascoltava tutta questa conversazione in silenzio e con aria divertita. Lei insistette: “Se non ricordo male ci stanno i Cangelosi e i Ruffino.”
Una delle figlie: “Sì, e allora? Il quarto piano invece è vuoto. Mamma si può sapere perché, all’improvviso, t’interessi tanto dei tuoi coinquilini?”
“No niente, ho solo scoperto di chattare con una signora che abita qui nel palazzo.”
Le ragazze in coro: “Coooosa! Ma va! Ah, ah, ah, ah.”
“Davvero non riesco a capire chi possa essere, ma vedrete che lo scoprirò.”
Si rivolse al marito, speranzosa: “Non hai idea tu di chi possa trattarsi? La cosa è stranissima!”
Quello, come trasecolato: “Cose da pazzi! Ma come! L’hai sempre avuta qui accanto e non te ne sei mai resa conto! Potenza dell’informatica! Secondo me, a questo punto, potrebbe essere la mamma dei bimbi, nostra vicina. Quando non ne può più di stare dietro a quei due demonietti, si mette a chattare, dopo averli tramortiti.”
“Smettila di dire scemenze. Pensaci bene. Chi potrebbe essere? In fondo conosci tutti molto meglio di me, perché il capo condomino sei proprio tu.”
“Sì, ma non riesco ad immaginare chi possa essere. Forse il vecchio scapolo in cerca d’avventure.”
“Continui a dire idiozie. Quella che chatta con me è una signora, e non certo in cerca d’avventure.”
“Forse allora sarà la signora Cangelosi che, poverina, è semiparalizzata.”
“Già, e come fa con la tastiera se è disabile?”
“Il signor Ruffino è vedovo e i suoi figli sono tutti maschi. Ecco, ti ho dipinto il quadro del nostro condominio, ora sta a te andare a fondo.”
Delia era sempre più confusa e stranita. La vera avventura adesso era capire l’esatta identità di Farfalla cinese.
Durante quella settimana, osservò come non mai i suoi coinquilini, li scrutò, si soffermò a scambiare lunghe chiacchiere con loro. Il buio però rimaneva assoluto.
Arrivò a pensare che poteva essere qualcuno sotto mentite spoglie. Magari uno dei signori del palazzo che si spacciava per donna. D’altra parte era pure strano che non volesse rivelare la sua professione.
Una sera, il marito le disse: “ Scusa, perché non fissi un appuntamento a Farfalla cinese, e così v’incontrate?”
“No, ho paura che rifiuti l’invito.”
“Prova, tanto, cosa ci perdi?”
“Perdo un’amica, forse neppure mi scriverà più perché mi crederà troppo impicciona e curiosa.”
“No, se si comporterà in questo modo, vorrà dire che davvero ha qualcosa da nascondere. Le relazioni umane, secondo me, devono sempre essere alla luce del sole.”
Questo ragionamento del saggio consorte la convinse.
Fu così che l’indomani, Delia si pose dinanzi al computer prendendo quell’iniziativa che riteneva foriera d’insuccesso. Comunicò alla sua misteriosa amica telematica che aveva voglia e piacere di conoscerla e vederla in volto. Le dava appuntamento in un noto bar della città. Si sarebbero viste, se possibile, durante la sua pausa dal lavoro. Per farsi riconoscere, avrebbe indossato un completo pantaloni rosso con camicia bianca.
L’indomani, altro che insuccesso! Farfalla cinese rispondeva che volentieri l’avrebbe incontrata. A sua volta, per farsi riconoscere, avrebbe avuto in mano un mazzolino di rose rosse.
Che strano però! Delle rose in mano! Il suo fiore preferito, e poi come ad un incontro galante del secolo scorso.
Quella sera, raccontò a casa dell’appuntamento fissato e del come sarebbe avvenuto.
Le figlie cominciarono a sghignazzare e non la finivano più di ridere.
“Non vedo cosa ci sia da ridere tanto. Capisco che l’evento somiglierà ad una storia da romanzo d’appendice! Ma! Poi vi racconterò.”
Arrivò il giorno fissato ed il momento desiato.
Delia si sentiva come una scolaretta scema, trepidante, e tutta vestita di rosso in una giornata che Giove Pluvio aveva mandato da diluvio universale.
Entrò nel bar e si guardò attorno. Non c’era nessuno che avesse rose in mano. Guardò meglio: una signora stava prendendo il caffè ed aveva un sacchetto della spesa.
Un’altra teneva un ombrello chiuso. Un signore era con il cane. Insomma di fiori, neppure l’ombra.
Pensò all’improvviso che Farfalla cinese ci avesse ripensato, o addirittura che si fosse beffata di lei.
Mentre questi cattivi pensieri le attraversavano la mente, vide entrare nel bar il marito e le figlie. Lui aveva in mano un enorme mazzo di rose rosse.
Che significava tutto ciò? La stavano prendendo in giro? Già si sentiva furibonda.
Ma il consorte la salutò: “Buon giorno signora 008, io sono Farfalla cinese.”
Le ragazze l’abbracciarono allegramente divertite, mentre si squarciava il velo dinanzi ai suoi occhi. Si sentiva improvvisamente Giufà. Come aveva fatto a non capirlo! Era lui! Farfalla cinese era lui!
Restò dapprima come una statua di cera, poi si riscosse e finse d’essere offesa.
I suoi cari però le dicevano tante paroline affettuose e frasi scherzose e salaci.
Non resistette e scoppiò a ridere anche lei.
“E brava Farfalla cinese! Mi hai giocato proprio un bel tiro!”
“Ma sai che, all’inizio, non avevo capito neppure io che 008 fossi tu? Poi hai raccontato tutto, ed ecco che l’occasione era troppo allettante. Le tue figlie, tra l’altro, mi hanno dato l’idea dell’appuntamento.”
“E dire che ero tanto affezionata alla mia amica telematica! Per me, rappresentava proprio una bell’avventura!”

FINE


Gabriella Cuscinà

   
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