Mercedes
Emerito
Italy
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Inserito - 03/07/2003 : 21:23:06
E il pugnale! Aveva l’impugnatura lavorata di fino e in un angolo recava delle iniziali. J.G.H. Non aveva importanza, era un pugnale vero quello. Decise di andare in città e di concedersi un vero pranzo, ma doveva rendersi presentabile. Si spogliò e si getto nell’acqua limpida e fredda. Un brivido di piacere la scosse. Il getto forte dell’acqua portava via dalla sua pelle un anno di fatica, di privazioni, di dolori. Si rivestì , raccolse i capelli a coda, la setosa chioma nera le ricadde sulle spalle umida e lucente, mise i calzari, si strinse in vita la morbida veste e, armata del pugnale e della sua borsa se ne andò in città. Quando entrò vide che c’era animazione, la gente passeggiava, rideva, a gruppi giravano per le strade. Incrociò anche un gruppo di cadetti della Guardia Ducale, ed uno in particolare attirò la sua attenzione. Era giovane, dai capelli neri e dallo sguardo dolce e riservato, camminava come se sfiorasse la terra, come se non volesse attirare l’altrui attenzione. Lo fissò e vide lo sguardo del giovane farsi più brillante. Un profondo senso di tenerezza la pervase. Così giovane era e così vulnerabile! Proseguì, ed entrò nella taverna. Sedette ad un tavolo e incurante degli sguardi degli uomini chiese da mangiare. E mangiò, mangiò con gusto per la prima volta dopo un anno di solitudine e di abitudini frugali, e assaporò la bontà di quel cibo ben condito. Bevve una caraffa d’acqua (non beveva vino), pagò, si alzò ed uscì. S’avviò lentamente verso l’ingresso della città, era soddisfatta nel corpo e lo spirito cominciava a riemergere dal grigiore dei passati giorni. Ma mentre procedeva verso l’uscita sentiva una presenza alle sue spalle, uno sguardo che le serpeggiava lungo la schiena. Aveva i sensi all’erta, deviò con noncuranza verso il tempio della Dea Themis , cercando di sbirciare dietro di se. Ma non vide nulla di anormale. Però quella sensazione non scomparve e il formicolio che le saliva dalla schiena alla testa non cessò. Aveva l’impressione che una mano delicata le passasse sulle spalle e le carezzasse la nuca. Entrò nel tempio e sostò presso una colonna, e allora lo vide, simile ad un’ombra, celarsi poco dietro di lei. Poi non lo vide più. Pensò che fosse uscito e che forse il suo allarme fosse ingiustificato. Uscì dalla città e si affrettò verso la piccola radura, e mentre procedeva a passo svelto, evitando rami, radici e altri ostacoli ebbe di nuovo la sensazione ella presenza di qualcuno dietro di lei. Ma nella penombra del bosco solo alberi e rami creavano strane ombre. Sbucò quasi correndo nella radura, il rumore della piccola cascata era un mormorio rassicurante. E tutto era quieto e sereno come sempre. Si stese sull’erba e incrociò le braccia dietro la testa. In alto, attraverso il fitto fogliame un piccolo lembo di cielo blu già si punteggiava di stelle. Si sentiva felice, assurdamente e senza un perché… e poi lo vide. Attraverso la bruma della sera scorse la sua figura a ridosso di un albero. Non si muoveva, ma era li, presente e vicino….protettivo e desideroso di protezione, schivo ed audace. Sobbalzò spaventata, però non si sentì in pericolo, arretrò fino all’ingresso della capanna. Ma l’ombra fece un gesto come per fermarla e con voce sussurrata le disse:< Non fuggite, vi prego> -<Chi siete, che volete?> -<Un’ombra, io sono un’ombra nelle tenebre. Sono un nome che nasce dal buio, una fusione tra due stelle. Desidero solo vedervi. E’ splendido questo giardino, è un giardino di sogno, ed io mi sono vestito d’ombra per poter essere con voi. Non abbiate timore.> Parlava con voce dolce con una lenta e tenera cadenza. Si sentì avvolgere da un flusso magnetico, sentì le gambe farlesi molli.. Da quell’ombra si sviluppava una tale forza che l’avvinceva, come fosse un essere creato dalla sua fantasia e reso corporeo dal suo desiderio, ed esistente già nel suo animo da tempo. Come fosse una parte di se alla quale aveva dato vita, come, con la forza dei suoi sentimenti, della sua solitudine, della sua disperazione avesse lei stessa creato. Una risposta ai suoi tanti perché. -<Da dove venite?> chiese. -<Dalla città, sono un cadetto ducale. Scusatemi se vi ho spaventata…ma vi ho seguito non so perché, è stato un’impulso…..è stato come se una calamita mi attirasse….io> -< Come vi chiamate?> continuò a chiedere la donna. -<Mi chiamo Aldercor, e voi?> -<Dagmar> -<Vivete qui, da sola?> -<Si, non ho più nessuno, non ho più niente, e questo luogo l’ho scelto per la sua bellezza. Vedete come l’acqua brilla sotto i raggi della luna? Sentite questo silenzio quanta pace ispira? C’è un senso di dolce abbandono…Gli alberi sono pareti verdi che proteggono la mia intimità.> Mostrava con largo gesto del braccio quel giardino, creato da madre natura, come fosse suo, fatto per lei. -<Qui trovo asilo e rifugio, qui le mie ambasce spariscono. Perché non parlate, cosa guardate?> -< Voi, io guardo voi e non posso staccare i miei occhi….voi siete….un mistero e un miracolo. Siete prezioso. Mi permettete di venire qui da voi qualche volta? > Era una voce supplice, delicata. -< Quando vorrete – disse con impulso sincero – qui nell’ombra la vita diventa un sogno.> -<Potrò sognare con voi?> -< Si, poiché il vostro sentire, simile al mio io sento. Voi siete lo specchio in cui mi miro per riconoscere me in voi.> -< Verrò qui nelle ombre per leggere i vostri pensieri e capire cosa essi celano…..permettetemi un abbraccio che vi avvolga nella notte, mentre stendete il vostro corpo su un manto di velluto per essere cullata nei desideri nascosti, nelle ombre in cui vivo. A presto mia signora…qui e in ogni dove.> Avrebbe voluto fermarlo, dirgli -<Restate, non mi lasciate sola.> ma all’improvviso…non c’era più. Come una nebbia che un raggio di luce dilegua l’ombra era scomparsa. Si sentì improvvisamente sola, dopo tanto che lo era veramente. Non aveva mai avvertito quella sensazione di freddo nel suo giardino. Desiderò avere quell’ombra vicino, stretta a lei per sentirsi…protetta. In quell’istante nacque Dagmar, la donna innamorata. Mercedesmarconi
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