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 4 Favole e Racconti / Tales - Galleria artistica
 Mediterraneo
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LaStriX
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Inserito - 02/09/2003 :  22:51:35  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a LaStriX
"O tu, passante solitario, che per codesto luogo meni, abbi cura del mio ricordo. Se il mare ti avrà scolpito come uno scoglio, allora non ti avrò scritto invano"

Mediterraneo
La bellezza filtrava dalle finestre, pesante, come la luce del mezzogiorno d’agosto. Sapevo, che se avessi discostato quelle leggere tende bianche, avrei visto l’abituale assedio teso dagli ulivi del giardino al piccolo cortile bianchissimo, con la tovaglia sul tavolo, disegnata a rose che ne punteggiavano di sangue il candore, e poi il sentierino angusto, di sassi, che portava al mare (nascosto del muro secolare delle fronde) che passando per i profumi opulenti e lascivi delle zagare e aggirando il silenzio funereo della siesta del paese, conduceva al respiro infinito e sensuale del mediterraneo. La luce era bellissima e filtrava dalle finestre. Una vecchia, seduta nell’ombra, mi guardava, ma non mi vedeva. Il viso cotto dal sole, gli occhi quasi vuoti, i pochi capelli grigi sfuggiti al fazzoletto, nero, stretto sulla nuca, le mani come radici, che stringevano con delicatezza un fermaglio a forma di farfalla, ricordo di lontane vesti colorate, di una perduta bellezza, di una giovinezza antica, quasi dimenticata. Gli occhi mi guardavano, ma vedevano una domenica di infinite estati prima, un giradischi stridulo, una danza folle a piedi nudi, gli sguardi impudichi di occhi scuri. “Strano il destino, che ci vuole femmine per un giorno e madri per tutta la vita, ma tale è il destino, e bisogna pigliarselo”, sembrò dire, quella madonna avvizzita, riponendo in silenzio il suo prezioso nel grembiule. Eppure ora che le gambe stanche non la sostenevano, gli occhi l’avean lasciata orfana di colori, non aveva più figli al seno, e le ore sue passavano nella penombra dimenticata di un giardino, tra i solchi fondi del viso, a guardar bene, avrei trovato ancora un ancestrale sorriso.
Spalancai le tende e mi buttai nella luce delle finestre, di corsa feci a gara con le folaghe fino al mare, sotto gli sguardi impassibili dei gatti, signori incontrastati dei sassi, e calpestai la polvere di corallo e perle, mi gettai nel quarzo liquido e vibrante, la madre di Venere fra i capelli, tra gli sguardi attoniti dei figli del mare dai mille colori. Mi gettai nel mio mare, mi lasciai dipingere dai marosi, sfiorai la superficie muscosa degli scogli, dove si nascondono i tesori più preziosi, baciai il sale. Volando giurai a me stessa, (e presi a testimoni i figli del mare), che ogni volta che avessi perso il colore nella mia vita, avrei preso quei momenti di luce assoluta, riposti uno a uno in una scatola arabescata, avrei preso quei momenti, avrei tirato fuori quei preziosi, e come una vecchia donnaccia che vende i suoi gingilli, avrei preso quei gioielli, li avrei presi e li avrei barattati, venduti per ancora un mese, un giorno, un’ora di vita, un’ora di mare, avrei barattato quella voluttuosa unione con la spuma con un sorriso senile all’ombra di un giardino.


...e 'na bestemmia per 'sta libertà...

   
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