Giulia
Esploratore
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Inserito - 10/09/2003 : 18:31:17
Scrivo. Per nessuno, forse, sicuramente per me. I pensieri corrono, ora lenti, ora veloci, la musica è coinvolgente. Di me, di te. Il pane sta lievitando e le mani profumano di olio, lievi tracce di farina imbiancano le unghie. Impastare farina acqua olio lievito sale, un semplice gioco di cose, antico e nuovo, morbidamente plastico sotto le mani e gustare l'aspettativa. Verrà buono? Sì, verrà buono, il pane lo è sempre. Quanto durerà? Lo spazio di una cena, quanto durerà? Poco. Quel poco è stato magnifico. Farina e pensieri, acqua, sale e lacrime, olio per lenire. Afferrare, stringere, arrotolare, spianare, ricominciare. Ricominciare, no. Non tolgo la farina dalle unghie, è il ricordo di quello che è stato. Un sapore di pane quando avevo fame. Nella solitudine fredda del cuore, la luce, il colore, il sapore, l'odore...manca il tatto, breve e fuggevole, pochi attimi che concludono quello che era cominciato, il niente. Niente per te, troppo per me. Troppo, troppo, l'anima scoppia, il desiderio brilla di gran luce ed è difficile da spegnere. La fame aumenta, si nutre di musica tropo struggente, di pagine speziate, di profumi nuovi. Si nutre di me. Ora devo tornare indietro. A quale punto? Com'ero prima di incontrarti? Non lo ricordo. Ricordo il lampo delle tue parole, calde, subito. E hai catturato il mio pensiero, ho lasciato quello che stavo facendo, tutto. Forse avevo le mani nella farina e nell'acqua e sono scappata di corsa, ho abbandonato ogni cosa. Non ho mangiato pane, ho mangiato te, ho bevuto te. Per giorni. Giorni dolci, come biscotti zuccherati, friabili, pieni, sazianti. Ogni parola è stata masticata, inghiottita ed è riapparsa in me come luce nuova. Sei diversa. Ho tagliato i capelli. No, sei diversa. Ho preso un po' di sole. No, sei innamorata. Ma che sciocchezze stai dicendo? Innamorata, sì, di uno spirito, di un cuore, di una voce, di parole. Parole, parole scintillanti, tristi, allegre, tintinnanti, suadenti, nascoste, sussurrate, notturne, parole mangiate ad una ad una, , chicchi staccati dal grappolo, succhiati con cura, gustati con ogni senso. Notti non dormite ma assaporate, colme di parole. Ne voglio ancora. No, non ne ho più per te. Sei lontana, sei come non dovresti essere, voglio qualcuno sempre. Lo so. L'impasto sta lievitando velocemente, è caldo, vorrebbe inglobare me, rapire i miei sogni. Sì, prendili, prendili, non lasciarmene nemmeno uno. Sono belli, hanno il suono del mare in burrasca, la protezione di una casa. Vedo solo una parete, colma di libri, libri, libri. Per sei un libro, l'ho iniziato scorrendo veloce le pagine e troppo presto sono arrivata alla fine. Vuoto. Con cosa lo riempio? Senso di mancanza, disobbedisco all'abitudine, disobbedisco all'impulso di cercarti. Ma cosa posso fare? Posso cuocere il pane, è quasi ora. Posso assimilarne il profumo, denso e primordiale, di fame e di sazietà, intanto la musica è così dolce che non serve altro per mangiare. Sarebbe così bello ballare, dentro le tue braccia, dondolare piano, aspirare il tuo profumo, consolarti consolarti consolarti, volevo solo consolarti. Poca strada, un confine netto e niente si può fare, sbagliato anche sognare. Ho iniziato un gioco. Anch'io ho giocato. No, non lo penso più, non era un gioco per me. Era l'acqua per la pianta che muore. Acqua per germogliare, per godere ancora della luce. Dove metto i germogli? E c'è già qualche fiore che ha un profumo così intenso di gelsomino, di vaniglia, di miele. Annusando l'aria c'è l'odore del ricordo, il suo colore turchese, la sua voce di violino e di saxofono. Ho conservato tutto, tutto di quel poco. Poco? Una rivoluzione. Ti ho detto piano prendimi, prendi me, il mio spirito, impastalo, lavoralo a lungo, più a lungo che puoi, aggiungi fresca acqua che fa sbocciare fiori, sale della conoscenza, spezie profumate, olio caldo e luminoso. Impastami con le tue mani, pronuncia la magia delle tue parole. Impastami. Puoi mangiarmi, dopo. Mangiami. No. Tornare indietro di quanto? Rimettere tutto a posto, ce n'è bisogno. Devo fare ordine, inscatolare ogni cosa, una scatola per il mio cuore. Il profumo ora è inebriante, è il profumo della fame e del pane. La crosta è dorata, qualche fessura corre lungo la forma, si intravede il bianco dell'interno. Pane e pane, solo pane fragrante che si espande, mi prende e rimango al suo interno, in una piccola bolla d'aria e non ricevo suoni, nè altri profumi, nè vedo ricordi. Sto qui, al sicuro, non esco più, non avrò più fame. Il mago delle parole mi ha costruito bei sogni e poi mi ha risvegliata bruscamente, ha imbrogliato le carte, ha ingannato il cuore, riempito le orecchie e le narici, gli occhi hanno seguito la sua via. Taglio il pane, belle fette fragranti nel cestino. Taglio me stessa, che rimane? Il desiderio.
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