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 7 Riflessioni
 La Spirale
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emofione
Emerito


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Inserito - 11/11/2003 :  12:57:48  Mostra Profilo  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a emofione

Cantava Celentano “…due caratteri diversi, prendon fuoco, facilmente…”.
Poi continuava dicendo che divisi erano niente, così che, si evinceva velatamente, il testo risultava esser rivolto a due innamorati.
Ma la prima strofa, a mio avviso, potrebbe essere riferita anche al rapporto fra conoscenti. Gente di carattere, personalità, cultura, intelligenza, sensibilità naturalmente differenti, che si trovano, magari per caso, forse per un periodo di tempo limitato, sicuramente non per tutta la vita, ad occupare gli stessi spazi, a frequentare gli stessi luoghi, con il corpo o con la mente, magari anche ad avere amici in comune, con i quali non intendono chiudere i le loro “relazioni”, così che finiscono per tollerarsi vicendevolmente, per il bene comune.
Qualcuno la definisce saggezza, la capacità di valutare con imparzialità le varie situazioni e di non farsi assalire dall’impulsività finendo per reagire in maniera poco consona o comunque non particolarmente elegante. Recentissimamente, ad esempio, mi è capitato di trovarmi in disaccordo con varie persone e per motivi completamente diversi. Sul lavoro, nella sfera sentimentale, negli ambiti più disparati. Ciò è conseguenza, ovviamente, della totale assenza, da parte mia, della benché minima pace interiore. Di lì i problemi, di lì la “tolleranza zero” che mi ha portato a rispondere in maniera quanto meno eccessiva a tutta una serie di interlocutori. Se si aggiunge poi che, come naturale che sia, anche questi ultimi, stressati probabilmente dagli stessi problemi quotidiani che assillano me, hanno finito per porsi, nei miei confronti, in modo francamente spesse volte inadeguato, ecco che si spiega il perché di un patatrac (si scriverà così?boh….) che mi ha causato numerosi momenti di nervosismo, di ansia, di malessere, di angoscia, di delusione. Sì, perché alla fine non rimane mai la rabbia, mai il rimorso. Resta l’amaro in bocca, l’incredulità, il dispiacere di veder compromessi certi tipi di relazione, senza che si riesca a tornare indietro, senza che se ne riesca a venire a capo, senza che se ne capisca, fino in fondo, la ragione. Perché nessuno di partenza ama polemizzare, soprattutto se la polemica, come spesso accade quando i presupposti sono quelli sopracitati, ben presto diviene sterile, assolutamente non costruttiva, a volte anche dannosa.
Ma succede: una parola tira l’altra, uno stato emotivo induce una reazione che porta ad una controreazione, e così via. Il gioco è fatto, sei entrato nella spirale, e per uscirci dovresti solo annullarti, immolarti, offrirti al pubblico ludibrio, recitare una mea culpa che non riesci a recitare, non per orgoglio, ma perché, analizzando la situazione, ti rendi conto che non è giusto se recitato unilateralmente, perché indurrebbe solo quegli interlocutori a ritenere consono il loro comportamento e folle il tuo, ciò che non è.
E allora ti sforzi, dapprima per farti capire, poi, quando è palese che ciò non accadrà (per colpa tua, forse, non loro), per sottolineare che non ce l’hai con nessuno, che alcune cose le pensi veramente ma non è un problema, non coinvolgono qualcuno in particolare, non limitano la libertà di opinione e di espressione di alcun soggetto. Fanno solo parte di te, del tuo cervello, del tuo modi di ragionare e di sentire.
Ma non si torna indietro. Non ci si torna mai. E la profonda ferita procurata alla donna, all’amico, al parente, anche al conoscente, non si rimargina mai fino in fondo. E neanche quella che loro procurano a te.
Perché anche laddove tu cerchi di spiegare o di far placare le acque, oramai sei interpretato come il fasullo, o colui che cerca di arrampicarsi sugli specchi, e più che dici “ok, basta, riproviamoci”, oppure “ok, basta, ignoriamoci se non ci comprendiamo ma non facciamoci la guerra” e più che fai irritare coloro ai quali è rivolto il messaggio.
Che ti rispondono, di conseguenza, in modo sprezzante, così che rimani perplesso, a volte addirittura ti offendi, e fai la stessa cosa. Di rimando. E la spirale riparte, e gira, gira, gira, e crea un vortice, una tempesta, che alla fine lascia solo detriti, sporcizia, delusione.
Ed, infine, ripensi a come ha avuto inizio il tutto, a come è scaturita l’intera faccenda. E non sai spiegartelo, anche perché sai che queste persone sono valide, sono generalmente carine, e che anche tu non sei diverso. Ma ricordi solo qualcosa di confuso, vedi solamente tanta nebbia. Tutto è vago. Tutto è appannato. Tranne il dispiacere, tranne l’amarezza, tranne l'incredulità.


Edited by - emofione on Nov 11 2003 13:02:07

leda cossu
Senatore


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Inserito - 12/11/2003 :  11:46:01  Mostra Profilo  Visita la Homepage di leda cossu  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a leda cossu
La spirale è una immagine spirituale della vita. Una bella immagine.
Un sentiero che gira… in forme morbide.

Ogni passo, se è dato dalla mia scelta, pure in un contesto non scelto da me, percosso da tutti i venti e i temporali del mondo… porta alla mia méta. E’ mio. Va dove voglio io, e se la fatica è grande spero comunque di vedere ancora il sentiero. Magari non subito, a volte mi devo fermare e passo dopo passo tasto il terreno, lo cerco con la percezione del mondo che mi regalano tutti i sensi, oltre alla vista, in questo momento offuscata .

Quando lungo il sentiero anziché mantenere l’equilibrio al soffiare terribile della tempesta, rallentare, fermarmi, proseguire piano, mi metto a correre … senza vedere chiaro, mi potrebbe succedere di trovarmi sulla strada del ritorno. Doverlo rifare 1-10… mille volte finché non ho imparato a non farmi trasportare da ogni vento.

Ci sono venti che soffiano in poppa, rendono facilissimo il cammino… che bello: venti d’amore, di entusiasmo, di passioni…. attenta alle curve, sennò 1-10… mille volte il ritorno ancora.

Finché non ho imparato a prendere il ritmo, cambiarlo all’occorrenza. Finché non ho imparato a camminare sempre col “mio” passo.
Il passo del mio agire anziché del reagire all’azione altrui lo chiamo “agire libero”.

Questo è ciò che mi dico ogni giorno in questo sentiero a spirale della vita, a volte sorridendo, altre dolorosamente, ad ogni uscita di curva.


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