Gabriella Cuscinà
Senatore
Italy
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Inserito - 21/12/2003 : 08:49:58
Tina e il presidente Quella sera, Tina tornò a casa pensando ancora al suo racconto che era stato pubblicato, e ne era vieppiù eccitata. Bisognava che rivedesse bene quell’altro che aveva già scritto, in modo da portarlo, l’indomani, al presidente della casa editrice. Lo fece: lesse, corresse, rilesse, ricorresse, e stampò il tutto. Quando, a notte fonda, fu alfine soddisfatta del suo lavoro, andò a dormire. Di buon ora, si preparò più elegantemente del solito. Già si vedeva sottoporre al presidente Careri, il suo nuovo eleborato. Fu colta da un’idea improvvisa: doveva forse preavvisare Andrea di ciò che aveva scritto? Pensava proprio di sì. Bene! Avrebbe dapprima parlato con lui, il giovane addetto alle pubbliche relazioni, per consultarlo e sentire il suo parere. Arrivando negli uffici della casa editrice, fu riconosciuta da tutti ed accolta amichevolmente. Lei chiese tosto di poter parlare con il suddetto collaboratore e lo vide immediatamente spuntare da una stanza. “Tina! Che piacere! Venga, si accomodi”, e la condusse in un locale attiguo. “Senta Andrea, siccome ho scritto un altro racconto, volevo avvisarla che riguarda un po’ lei.” “Riguarda me? Sono onorato! Ma come, scusi?” “Ho rielaborato la storia di sua sorella, che lei mi ha raccontato. Ora però, le devo chiedere il permesso di farla leggere al presidente.” “Toh! E chi l’avrebbe mai detto! Ha proprio una bella capacità creativa Tina! Posso leggere io per primo?” “Certo! Ecco qua.” Così dicendo, porse i fogli al giovane. Questi lesse e sembrò entusiasta. “Sa cosa le dico: riferisca pure al presidente che è una storia realmente accaduta, che riguarda mia sorella, e che gliel’ho raccontata io.” “Va bene Andrea, come vuole.” Si alzò, e l’altro la fece annunziare al signor Careri. L’ufficio del presidente, lei già lo conosceva, ma lo osservava solo ora: era vastissimo, con poltrone di pelle, quadri enormi appesi alle pareti, vetrate immense da cui si vedeva uno stupendo panorama. Un fantasioso mobile bar occupava parte di una parete. Quando Tina entrò, l’obeso signore, con il cranio pelato, stava appunto versandosi da bere. “Eccola qui la nostra Ina! Ha fatto presto a ritornare. Brava! Venga, s’accomodi.” “Mi chiamo Tina, presidente, non ricorda?” “Ah già, sì certo, Tina! Resta in piedi come la statua della libertà?” Lei si sedette su una di quelle poltrone che avrebbero potuto accogliere due individui. Teneva in mano i fogli stampati, aveva la borsetta a tracollo, e non sapeva dove appoggiare la schiena, data l’enormità del suo sedile. La volta precedente non aveva notato tutte quelle amenità. Forse perché era stata troppo emozionata. “Gradisce un goccio di Porto, cara?” “No grazie, a quest’ora non bevo mai.” “Male! Dovrebbe abituarsi. Si affronta meglio la giornata!” “Purtroppo sono leggermente astemia.” Lui continuava a versarsi da bere, e intanto passeggiava e la scrutava. L’esame però, sembrava lo soddisfacesse parecchio. “Allora Ina, è soddisfatta della pubblicazione?” “Oh sissignore! Non sembra neppure ciò che ho scritto io! Sebbene il racconto venga riprodotto pedissequamente, la veste tipografica lo trasforma. E’ splendido! Però mi chiamo Tina, ah, ah, ah.” “L’ho ribattezzata, ma deve sapere che mi capita sempre così con tutti.” Rideva pure lui e scuoteva il grosso ventre ed il doppio mento. “Ho portato un altro racconto, dottor Careri. E’ una storia realmente accaduta, che riguarda la sorella di Andrea.” “La sorella di chi?” Sempre in posizione eretta e con il bicchiere in mano, il corpulento signore aveva inarcato le folte sopracciglia. “Andrea. Sa l’addetto alle pubbliche relazioni?” “Oh quello! Il fiume umano di parole. E che c’entra sua sorella?” “Mi ha raccontato la sua storia, e io ne ho tratto una novella, ma gli ho anche chiesto il consenso per sottoporgliela.” “Corretto! Proprio corretto da parte tua, Ina!” “Sono Tina signore.” Adesso appariva rassegnata ed allegra. “Beh! Dammi, fammi leggere. E’ questa che hai in mano?” Era passato con la massima naturalezza dal <Lei> al <Tu>. Finalmente si assise sulla sua poltrona presidenziale e si dispose alla lettura, avendo inforcato dei grassi occhiali che portava sulla punta del naso. Leggeva, e più andava avanti, più pareva interessato e immerso nella narrazione. Lei, dal canto suo, si guardava attorno incuriosita e roteava la testa tutt’intorno. Vedeva una vasta parete di legno piena di scaffali e trofei, un antico paravento giapponese, un caminetto moderno, insulso quanto inutile, visto che i sistemi di riscaldamento ed areazione erano efficienti e ricercati. Poi la sua attenzione fu attratta da un dipinto che rappresentava il volto di una bellissima donna. “Era mia moglie, ” gli sentì dire “ siamo vissuti assieme per quarant’anni, poi ella ha pensato bene di ritornare al Creatore e lasciarmi solo.” Aveva terminato di scorrere le pagine e guardava l’autrice da sopra gli occhiali e con espressione compiaciuta. “Mi spiace, presidente. Non sapevo.” “Ho ragione quando affermo di riconoscere il talento ad un miglio di distanza.” Tina era di nuovo in agitazione: “ Le piace il racconto? Davvero?” “Dovremo cambiare il posto della dicitura sui riferimenti casuali ad avvenimenti realmente accaduti.” “Io l’ho inserita alla fine, poiché vi ho pensato in ritardo, però ho anche romanzato certi episodi e taluni avvenimenti. Ho dato corso e spazio alla mia fantasia. Mi sono divertita insomma. Naturalmente, se lei afferma che bisogna cambiare qualcosa, sarà così. E’ molto più esperto di me. Chissà da quanti anni lavora in questo campo!” “Signorina, tu parli troppo! “ “Perché? Stavo solo spiegando il mio modo di procedere, scrivendo. Talora il mio computer è come se scrivesse da solo. Le idee e le frasi vengono giù da sole, senza che io le mediti o che vi faccia lunghe elucubrazioni sopra. Il tutto mi diverte in modo incredibile! Appunto ho cambiato tante volte le sequenze narrative; ho variato l’impostazione e l’ambientazione dei fatti. Ho usato nomi di pura fantasia per i personaggi.” “Quella tua bocca si può chiudere un momento? Sì? E allora chiudila. Santo cielo! Sembri un personaggio di Shakespeare nei suoi soliloqui. Dunque, a proposito della dicitura famosa, stavo dicendo che la porremo all’inizio del racconto per mettere sull’avviso i lettori e per evitare delle denunzie agli editori. D’altro canto, in tal guisa si opera nell’editoria.” “Certo, è giusto. Sa presidente che ho in mente dell’altro materiale per un nuovo racconto? Anche questo l’avrei tratto da un fatto realmente accaduto e che ha dell’incredibile!” “Non credevo d’essermi imbattuto in una fornace d’idee. Ma giacché ci sei, racconta. Così io potrò consigliarti e tu, al contempo, potrai dare sfogo al tuo temperamento garrulo.” Così dicendo, il dottor Careri si alzò e andò a sedersi su di una sedia posta di fronte a Tina. Teneva le spalle appoggiate allo schienale e i piedi puntati e piantati a terra. Ascoltava ed ogni tanto si dondolava. Lei cominciò a narrare del procedimento giudiziario contro un tale amministratore condominiale, filantropo ed innamorato. Un uomo che sembrava un antico cavaliere medioevale. Raccontò che i di lui coinquilini volevano pagare, a tutti i costi, le quote condominiali, senza riuscirvi. Diede spazio ai particolari e fu precisa nei dettagli: poiché nel condominio abitava una signorina indigente, di cui l’amministratore era segretamente innamorato, pagava lui le quote per tutti. D’altra parte era ricchissimo e se lo poteva permettere. Infine narrò della sentenza del giudice istruttore, che lo aveva rimosso dall’incarico, ed aveva scoperto la faccenda del suo amore unilaterale e segreto. “Ina, conosci per caso il nome di quel tizio?” Il presidente si teneva il mento e continuava a dondolarsi sulla sedia. Lei conosceva il cognome dell’amministratore incriminato ed assai galante. Pensò di poterlo ripetere: “ Io mi chiamo Tina, lui invece si chiama Fernando Rinaldi.” In quel momento, sentendo questo nome, il corpulento signore diede uno scatto più forte all’indietro e perse l’equilibrio, cadendo rovinosamente sul pavimento. La sua testa andò a prendere contatto col morbido e folto tappeto. Sembrò ignorare ogni male fisico, che in realtà non doveva esserci stato. Disteso ancora per terra, alzò gli occhi verso di lei: “ Non vorrai mica dire che si tratta del mio vecchio commilitone Nando Rinaldi!” Ella non sapeva se ridere o preoccuparsi per l’accaduto. Davvero non si era fatto male? Adesso come avrebbe potuto rialzarsi e sollevare la sua poderosa mole, simile a quella di un bisonte? Invece, il presidente diede sfoggio di inattesa agilità, tornando, con lenti ma determinati movimenti, in posizione eretta. A questo punto, Tina diede sfogo alla sua ilarità repressa e cominciò a ridere di cuore. Il presidente Careri era la personificazione dell’umana sorpresa e costernazione. La guardava con tanta meraviglia che pareva non riuscisse più a chiudere i suoi occhi bovini e spalancati. Lentamente, lei aveva smesso di sghignazzare. “Sei sicura che si chiami in quel modo? Ha press’a poco la mia età? S’innamora segretamente e non si dichiara mai?” “Il nome è certamente quello. Alle altre domande non saprei dare risposta, però posso meglio informarmi presso fonte sicura. Ma perché, forse lei conosce Fernando Rinaldi?” “Se lo conosco! Pensa che gli soffiai e sposai la donna che lui amava, ed alla quale non era mai stato capace di dichiarare il suo amore.” “Possibile?! Amava la donna del ritratto? Sua moglie?!” “La storia è lunga e complessa, ma il risultato fu proprio quello. Io sposai la donna del suo cuore, che lui stesso mi aveva fatto conoscere.” “Presidente, il fatto mi sembra interessantissimo e intrigante, sarebbe un’idea fantastica scrivere tutta la storia, con il suo permesso naturalmente, però lei me la dovrà narrare per intero e nei dettagli.” “Se non è lui, che storia vuoi scrivere? Prima accertati che si tratti di quel Nando che conobbi io.” “Ritengo invece che una storia possa nascere da qualsiasi idea, anche costruita e frammista di verità ed immaginazione. Qualcosa d’inventato con la fantasia, ma che possa partire o appoggiarsi su avvenimenti realmente accaduti. La prego dottor Careri, mi racconti ciò che accadde.” “E va bene! Ascolta dunque e fanne tesoro. Mi fido di te. “Avevo poco più di vent’anni e mi mandarono sotto le armi. Là conobbi un ragazzo timidissimo, magro ed allampanato. Si chiamava Fernando Rinaldi. Facemmo amicizia subito e divenimmo inseparabili. Ci legava la stessa passione per la letteratura e le buone letture; ci scambiavamo, di continuo, romanzi e libri di vario genere. Gli altri commilitoni presero a chiamarci francobolli, poiché non ci staccavamo mai l’uno dall’altro. Era una di quelle amicizie giovanili, fatte di lealtà, complicità, fiducia, confidenza e piacere di stare insieme.” Tina pendeva dalle sue labbra, era coinvolta emotivamente ed esclamò: “Accidenti! Eravate amici per giunta! E una donna vi divise!” “Signorina, ascolta e non m’interrompere. Dicevo appunto che eravamo inseparabili e che ci confidavamo ogni cosa. Così lui mi rivelò di essere innamorato, segretamente e perdutamente, di una ragazza, figlia d’amici dei suoi genitori. Disse però, che non era mai riuscito ad esternarle il suo amore, per troppa timidezza e ritrosia. Una volta andando in licenza, per non separarci, mi propose di andare a casa sua e di trascorrere quel periodo insieme. Accettai e andai con lui. Erano persone molto abbienti e mi ospitarono come un principe. Ma il bello doveva ancora arrivare. Una sera, infatti, mi fece conoscere la ragazza dei suoi sogni. Per me, fu il classico colpo di fulmine. Anche io me ne innamorai e sentii che era la donna della mia vita. A quei tempi ero piuttosto piacente. Sempre robusto, ma non così grasso come mi sono ridotto ora. Avevo tutti i capelli, la fronte spaziosa, gli occhi grandi ed accesi dal fuoco della gioventù. La famosa ragazza mi ricambiò all’istante e, solo guardandoci, capimmo di essere fatti l’uno per l’altra. Lei si fece tosto corteggiare da me; fu invitante e seducente. Insomma, mi fece capire in mille modi che le piacevo e che mi desiderava. Ci fidanzammo e ci scambiammo eterna fedeltà. Puoi capire come prese la cosa il mio amico!” “Però non poteva accusarla di nulla, in fondo lei non ha fatto nulla di male, presidente. E’ stata la ragazza a scegliere.” Tina appariva interessatissima. “Sì, ma il mio amico si sentì tradito e non mi rivolse mai più la parola. Quando ci congedammo, le nostre strade si separarono e non seppi mai più nulla di lui. Mi restò il ricordo e la malinconia di un’amicizia perduta. Spesso penso ancora a lui, e rivedo quel ragazzetto che correva a cercarmi per raccontarmi ogni nonnulla. Un ragazzo che trovava in me la sicurezza e la forza per affrontare la vita. Io, dal canto mio, mi sposai e vissi felicemente e lungamente con la mia adorata ragazza.” “E’ una storia romantica, dottor Careri, pare un romanzo d’altri tempi. Mi permetta di ricostruirla a modo mio; però lei dovrà anche aiutarmi. Se è lui la persona in questione, mi prometta che andrà a trovarlo.” “Cooosa? Sei uscita di senno? Io andare da Nando? Non lo farò mai! Scordatelo!” “Presidente, pensi che novità assoluta! Lei mi farà vivere la storia che scriverò. La prego, l’idea mi è frullata improvvisamente mentre parlava. Dobbiamo costruire insieme tutto il racconto. Io lo scriverò, partendo da ciò che lei mi ha narrato. Poi farò le mie indagini sul famoso Nando, e se risulterà, come spero, che si tratta del nostro uomo, lei dovrà contattarlo.” “Tu puoi scrivere tutto quello che vuoi e io pubblicherò il tuo racconto. Potrai inventare pure che gli asini volano, ma non sperare che io vada da Rinaldi.” Ormai lei era divorata dal sacro fuoco della creatività. Pensava che la sua storia andasse vissuta e realmente seguita nella veridicità degli avvenimenti. Ma, per far questo, bisognava che il protagonista riallacciasse i legami con il suo amico. “Non mi dica di no, io farò la cronaca di tutto ciò che accadrà. Pensi che cosa meravigliosa! Lei mi costruirà la storia, la vivrà, come l’ha già vissuta. Si rivedrà con Nando e seguiremo l’evolversi degli avvenimenti.” “Ina, la fantasia ci permette di compiere i voli pindarici più assurdi e pericolosi. Potrai inventare tutto quello che vuoi anche se non si trattasse della medesima persona che io conobbi. Non pretendere però che riapra una ferita che ancora sanguina.” “In questo ha ragione. Io cercherò di costruire, in ogni caso, una storia intrigante e coinvolgente. Rielaborerò tutti gli avvenimenti e li romanzerò. Non dubiti, d’altro canto, che farò le mie brave ricerche su Rinaldi e gliele comunicherò.” “Fai come credi. Buon lavoro signorina! Ora procura di scomparire poiché mi hai già rubato gran parte della mattinata.” Tina balzò in piedi. Non doveva più annoiarlo. Gli strinse la mano e si accinse a scappare via. Il presidente volle accompagnarla alla porta ed avanzò in quella direzione col suo passo imponente, che faceva pensare ad un elefante a passeggio per una giungla indiana.
Gabriella Cuscinà
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