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 L'indovinello
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Renato Attolini
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Inserito - 14/01/2004 :  23:25:05  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Renato Attolini Invia un Messaggio Privato a Renato Attolini
L'INDOVINELLO.

L'oscurità della notte stava lasciando dolcemente spazio alle prime luci dell'alba. Era quella fase particolare della giornata che gli spagnoli col perfezionismo lessicale che li contraddistingue, chiamano "madrugada": non è più notte ma non è ancora giorno. Guardavo da un ponte sul Naviglio l'acqua scorrere sotto di me: le tenebre sebbene non profonde celavano comunque i rifiuti d'ogni tipo che galleggiavano semi-sommersi, dando l'illusione di ammirare ancora un fiume vero nel quale si riflettevano le luci fioche dei lampioni, conferendo alla scena un alone di romanticismo. Lavorando di fantasia ci si poteva immaginare sulla Senna a Parigi o sul Tamigi a Londra, la visione sarebbe comunque cambiata di poco, tanto per evadere un attimo con la mente. Mi trovavo invece nella metropoli lombarda e più precisamente nella zona cosiddetta "artistica" luogo di ritrovo di tante persone che dopo aver trascorso una giornata segnata dal ritmo infernale che questa città impone a chi ci vive o lavora, stressati ma ancora con la voglia di raccontarsi le loro imprese quotidiane o le performance del "Nasdaq" cercano rifugio e sollievo davanti ad un boccale di birra o ad un "daiquiri". I locali notturni stavano, vista l'ora, abbassando le saracinesche mentre le schiamazzanti compagnie si apprestavano a ritornare a casa. Le portiere delle auto sbattevano ripetutamente come un crepitare di mitragliatrici e il rumore dei motori in partenza, all'inizio fragoroso, si faceva sempre più tenue a mano a mano che si allontanavano. Dopo un po' rimasi praticamente solo, in compagnia delle mie sigarette il cui fumo si spandeva nell'aria come un piccolo banco di nebbia. Guardavo il fiume e come spesso mi succede negli ultimi tempi i miei pensieri si fecero cupi. Come per gioco, alquanto masochistico, tentai ancora una volta di fare un bilancio della mia vita e la deformazione professionale m'indusse a presentarmene una versione nella quale la voce delle passività prevaricava nettamente quella delle attività evidenziando la dissipazione di un patrimonio non solo economico, grazie alla mia mediocrità. Guardavo il fiume, la città che si addormentava e mi venne in mente la canzone "Vecchio frac" di Modugno. Perché? Beh, per chi non la conosce, parla di un uomo molto elegante ("ha il cilindro per cappello, due diamanti per gemelli, un bastone di cristallo, un fiore all'occhiello e sul candido gilet, un papillon, un papillon di seta blu") che passeggia di notte vicino ad un fiume. Come evocato dai miei pensieri apparve accanto a me un tipo strano, alquanto "chic": indossava un mantello scuro di quelli che non si vedono più in giro e sotto non so se portava un frac, di certo s'intravedeva un papillon nero su una camicia bianca. Lo osservai per un attimo e poi feci finta di niente mentre mi sfiorava il dubbio che avesse tendenze particolari, reputando, quindi, cosa migliore non dargli importanza. Tornai con la mente al mio bilancio e l'amarezza mi sopraffece: quanti sbagli passati e quanti ne stavo per fare!
"Dura la vita, eh?", mi apostrofò lo sconosciuto. "Ma che cavolo vuole, questo qui?" pensai fra me. Lo catalogai come un'attaccabottoni reduce da qualche night club che aveva voglia di chiacchierare con qualcuno. Io invece non ne avevo per niente e continuai ad ignorarlo rituffandomi nei miei pensieri. Guardai il cielo e formulai una preghiera. "Possiamo ricominciare daccapo?". Canticchiai fra me l'omonima canzone di Maria Maddalena a Gesù in "Jesus Christ Superstar": "Could we start again, please?", "possiamo ricominciare daccapo, per favore?". Darei l'anima per poterlo fare, pensai.
"Ciò che è fatto è fatto! Non si può tornare indietro!". La voce dello sconosciuto rimbombò come uno schiocco di frusta. Il suo tono era gioviale e un po' ironico, nondimeno un brivido mi corse lungo la schiena.
"COSAAA?" dissi a voce alta per la sorpresa.
"Hai capito molto bene", mi rispose aggiungendo con un sogghigno "E poi, scusa, non puoi dare ciò che non hai più!".
Lo guardai sempre più disorientato e anche un po' spaventato.
"Ma tu, chi sei?" gli chiesi allarmato
"Oh, mi chiamano in tanti modi, ho tanti nomi, qualcuno anche molto pittoresco. Impossibile dirteli tutti. Forse non hai ancora capito chi sono, certo anche se mi guardi bene non lo capiresti. Non sono poi così brutto come mi dipingono. La mia specialità sono le pentole, mi riescono meno bene i coperchi. Adesso mi vedi in questa città, ma io giro molto. Chissà domani dove sarò. Senza dubbio questo è uno dei luoghi che preferisco: venire qui è sempre un divertimento! E' come per voi andare a Las Vegas o più semplicemente a Gardaland. Vedere come gli abitanti di qui hanno preso alla lettera i miei insegnamenti mi procura un'enorme soddisfazione. Se li osservi, così pretenziosi, arroganti pronti a scannarsi fra loro per un nonnulla, vanitosi, superbi ed altezzosi quando sciorinano le loro presunte capacità, pavoneggiandosi per i loro meschini successi, riempiendosi la bocca di parole altisonanti per sfoggiare la loro presunta preparazione e poi così codardi da voltare lo sguardo se qualcuno sta male per strada o dirò di più se viene aggredito o brutalizzato giungendo al colmo di irridere a volte la vittima. Ah, che gente splendida! Oserei dire che ci troviamo davanti al classico caso degli allievi che hanno superato il maestro. Quasi c'è da sentirsi geloso! Ma purtroppo non posso sempre fermarmi, il mio lavoro mi porta ovunque, devo andare a controllare le mie proprietà sparse per il mondo e, credimi, non hai idea di quante siano. Tu per esempio sei una di queste. Che fai, ammutolisci? Ancora non hai capito chi sono, oppure non ci vuoi credere? Guarda, come avrai senz'altro intuito, stanotte sono di buonumore, mi va di scherzare e ho anche voglia di giocare perciò ti farò quest'indovinello. Risolvilo, caro il mio René e saprai. Ascolta:
Il mio nome tu saprai
Se tre volte 6 scriverai
Ma se pensi che t'inganni
Vai a leggerti San Giovanni!
Dopodiché mi salutò con un sorriso e un leggero inchino e a passo veloce se n'andò fischiettando "Vecchio frac", cosa che mi fece sudare freddo. Non poteva essere una coincidenza! Quell'uomo mi leggeva nel pensiero! Non poteva essere un pazzo, non lo era di sicuro, certamente. Eppoi mi aveva chiamato con la versione francese del mio nome, che usano solo le persone che hanno confidenza con me. Come poteva saperlo? Chi era, infine? Dovevo a tutti i costi risolvere quell'indovinello che si era impresso nella mia mente come un marchio di fuoco. Tornai a casa e guidando ci rimuginavo sopra."….San Giovanni…..San Giovanni ha scritto il libro dell'Apocalisse…." Ebbi un presentimento ma lo scacciai via. Entrando in casa mi precipitai a prendere la Bibbia. Scorrendo freneticamente le pagine giunsi al libro dell'Apocalisse. Lo lessi con furia ma non incontrai nulla che potesse aiutarmi. Alla fine al paragrafo 18 del capitolo XIII trovai la soluzione:
"Qui consiste la sapienza. Chi ha intelligenza, calcoli il nome della bestia. Attesochè è numero d'uomo; e il suo numero è seicento sessantasei."
In quel momento capii di essere perduto.

   
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