A ClaraSoavità risuona, nell’eco infantile e antico
di una parola: “Madre”.
Folti riccioli d’oro e sogni
accoglievi in carezze di saggezza e amore
avvinghiandoli a lacci di seta e delicati odori,
ornandoli di fiori e amorevoli parole.
Bontà risiede, nell’onda languida e severa
di un nome: “Clara”.
Lunghe notti d’incubi e pianti
schiarivi in abbracci di fate e giganti
addormentandole a nenie di paese e remote ninna nanne,
fregiandole di sogni e smisurate speranze.
Realtà nasconde, la lacrima silenziosa e sorridente
di un grido: “Mamma”.
Infinite albe di lavoro e patimento
guadavi in mari di rinunce e annientamento,
sfamandole a pane di povertà e nutriente sentimento,
arricchendole di umanità e generoso struggimento.
Amore emana, la melodia discreta e irripetibile
di un suono: “Madre”.
Madre mia, mia saggia e tenera sorella,
mia ospitale e accogliente amica,
mia perenne strada di ricordo,
mia gigante via di conforto.
Madre mia, mio inestinguibile cibo di sapienza,
mio fiammeggiante e ardente cammino d’esistenza,
mio splendente e limpido sole del mattino,
mio verdeggiante e fiorito lembo di giardino.
Madre, madre mia, or che le labbra mie
han rubato alle tue la preziosità degli ori,
or che il cuor tuo ha replicato nel mio
l’immensità degli amori, io posso udire
e proferire la divinità d’un dire:
“Madre, madre mia, ti amo!”.