Renato Attolini
Senatore
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Inserito - 03/02/2004 : 19:47:57
3° APPUNTO: EL CIGARRO DE LA SUERTE.Il nodo alla gola mi prende già quando, seduto sulla poltrona della classe turistica, vedo sugli schermi la minuscola sagoma dell’aereo che lentamente lascia l’isola diretto verso l’Oceano Atlantico. E’ una sensazione comune a quanti vi sono stati più di una volta. Accanto a me sento i commenti dei miei compagni di viaggio che confrontano fra loro le varie esperienze: chi è stato nei villaggi “all inclusive” o chi magari ha passato la sua vacanza “on the road” visitando in poche settimane tutto ciò che era possibile. Ascolto queste voci allegre, eccitate, entusiaste e mentre scende lentamente un velo di malinconia mi chiedo dove mai sarà il mistero di quest’isola che affascina così tante persone, accomunandone le esigenze più disparate. Quale mai sarà l’identità di questa terra “que te atrapa y no te enteras” usando le parole di una famosa canzone tanto in voga qualche anno fa? Non è facile capire. Ma secondo me la risposta che Cuba è donna, è femmina. E come tutte le femmine, la puoi amare, odiare, alle volte maledire, sarai forse ricambiato, ma è assai difficile comprenderla: ti ritroverai confuso e disorientato. Puoi cercare di conoscerla, ma dipende da quello che cerchi. Si mostra attraverso varie facce. La più conosciuta e quindi per molti la più interessante è Varadero con la sua splendida spiaggia, fra le più belle di tutta Cuba e non solo, i suoi hotel a 4 e 5 stelle, le sue discoteche, i suoi negozi dove si trova tutto quello che può servire. A chi non c’è mai stato dico: vacci, se cerchi la vacanza nel vero senso della parola, spensierata, gaia, comoda, senza problemi. Vai in questa cittadina, Municipio Especial, dove i cubani non possono entrare se non per comprovati motivi in assenza dei quali vengono regolarmente spediti indietro al posto di polizia permanente situato all’ingresso. Vacci, se vuoi godere di un mare favoloso, trasparente come l’acqua di una piscina. Però non fermarti solo qui: perderesti l’anima di questa terra. Un viaggio così mostra la faccia più appariscente, la meno coinvolgente di Cuba: Come tutte le donne, le belle donne, non si accorgerà della partenza del turista come non si è accorta del suo arrivo. Ma a chi ha intenzione di conoscerla più a fondo, di capire i suoi sentimenti, lei volgerà il suo sguardo e a questo punto non ci sarà più scampo. Cuba entrerà nel sangue di chi la visita come nessun’altro posto al mondo e da questo momento non si potrà più farne a meno. Ci prenderà per mano dolcemente e ci condurrà alla conoscenza delle sue facce nascoste. Non tutto sarà meraviglioso. Quando ci ritroveremo sull’Autopista National, una specie di autostrada, attraversata a volte dai binari del treno (passa solo di giorno ma non ci sono sbarre), piena di buche che sembrano crateri, con la paura che una mucca ci si pari all'improvviso davanti alla vettura (a proposito: se l’ammazzi becchi 25 ani di carcere), quando passeremo la notte in case dove il cosiddetto bagno ubicato in cortile non ha lo scarico, dove la cucina è a petrolio e quando è in funzione bisogna aprire la porta per fare uscire il fumo, ci chiederemo disperati dove mai siamo capitati, pensando alle comodità di casa. E ancora: quando saremo in compagnia di una bella cubana e, sfortunatamente c’imbatteremo in un poliziotto (non sono ben viste le ragazze che si accompagnano con gli stranieri) l’ansia ci assalirà. E a quel punto andremo alla frenetica ricerca del pacchetto di sigarette. Purtroppo, aprendolo, ci accorgeremo che ne è rimasta una sola: el cigarro de la suerte! Questo è una specie di rito superstizioso molto amato dai fumatori cubani e subito adottato da chi vive a contatto con loro: quando si apre un pacchetto nuovo la prima sigaretta si capovolge e la si fuma per ultima. Si dice che porti bene e per questo viene chiamata “el cigarro de la suerte”. Si sa che non è così, ma è bello crederlo. A quel punto, fumando l’ultima sigaretta, ci sentiremo più rilassati. Effetto placebo? Forse. Il pensiero correrà a cose più piacevoli come, per esempio, alla notte fra l’otto e il nove di settembre, quando nelle case cubane, si festeggia l’arrivo della Vergine de la Caritad del Cobre. Se hai avutola fortuna di essere in una di quelle case ti rimarrà impressa la devozione dei cubani. La festa comincia in modo assai pagano con balli tipici e non, libagioni condite da abbondanti bevute di rum per raggiungere il culmine alla mezzanotte, quando tutti i presenti con una candela in mano si rivolgono all’immagine della Vergine, chiedendole una grazia. Gli innamorati sono vicini fra loro: sarà identico il desiderio da esaudire? Solo la Vergine può saperlo! Oppure il pensiero potrà correre a quella splendida chiesa del Corazòn de Jesus che sorge fra i diroccati quartieri del 10 de Octubre e dell’Arrojo Naranjo nell’Avana Vecchia (quella non frequentata dai turisti). Appare improvvisamente bella e maestosa fra le case in decadenza con lunghi colonnati che ricordano un passato glorioso. Dentro qualche fedele s’inginocchia, raccogliendosi in preghiera in un atteggiamento estremamente sincero e devoto. Le vetrate artistiche, le statue, i confessionali che ricordano vecchi film, strappano sorrisi compiaciuti. Esco ancora suggestionato pensando che in qualsiasi altra città del mondo questa chiesa sarebbe un’attrattiva turistica e mi si avvicina il signor Jesus Parondo che chiede, una volta che sarò tornato in Italia, un manifesto del Colosseo o di un altro monumento di una nostra città, in compenso mi dice, me ne manderà uno dell’Avana, pregandomi di scrivergli perché sicuramente diventeremo grandi amici. Si fa ritorno nell’Avana pagana che è dominata dal Maleçon, il famoso e bellissimo lungomare che pullula di ragazze bianche o mulatte. Sembrano appartenere ad un’unica razza, qui il colore della pelle pare non abbia importanza. Errore! Le “bianche” nutrono un certo disprezzo per quelle di “piel negra” e accompagnano le parole con un pizzico delle dita sul braccio. Stupirà il medesimo sentimento che la gente dell’Avana e Varadero riserva alle popolazioni più povere dell’est di Cuba che vengono nella capitale in cerca di un’improbabile lavoro e sarcasticamente vengono ribattezzate “palestinos” proprio come gli immigrati palestinesi. Dicevamo delle ragazze, quasi tutte belle, qualcuna bellissima. Sorridono al turista che si sente una volta tanto preda e non cacciatore. Vanitosamente si pavoneggia, gongolando ad ogni sguardo. A volte sono sguardi sinceri, carichi di simpatia, tipici di ragazze estremamente espansive che vedono in noi gente appartenere ad un mondo distante mille anni luce. Ma spesso, soprattutto da qualche anno in qua, le “chicas” sorridono non a un essere umano ma ad un portafoglio in pelle che cammina, il cui aspetto fisico è irrilevante: quello che conta è il contenuto in dollari. La crisi economica, sempre più grave a causa dell’embargo Usa ha messo in ginocchio il paese e per procurarsi i mezzi di sostentamento non si va troppo per il sottile. Se si combina comunque l’incontro, fare attenzione che non sia presente il sedicente fratello, cugino o amico carissimo: il più delle volte si tratta del marito, dal quale si dicono separate, o del fidanzato. Questa figura chiamata dai cubani “el churro” non vi mollerà più e ce lo si ritroverà sempre tra i piedi. Non tutte però hanno perso quella spontaneità e quel genuino interesse fatto di curiosità e simpatia. Basta passeggiare all’Avana di sera (è stupenda!), magari nelle vicinanze dove si vede la splendida statua illuminata del Cristo alta circa 20 metri: tante coppie di giovani cubani camminano mano nella mano. Basta fischiettare una canzone da discoteca o un recente successo italiano e le ragazze si volteranno rivolgendo uno dei loro più caldi e smaglianti sorrisi. Questa è Cuba, splendida donna e come tale fatta di tante contraddizioni, dall’amore smisurato dei suoi abitanti per l’igiene personale che però non impedisce loro di riempire le spiagge di lattine vuote ed altre immondizie le spiagge, dell’immensa gentilezza e cordialità che li contraddistingue. Fra di loro si chiamano, anche se s’incontrano per la prima volta, “mi vida” o “mi amor” se il dialogo è fra uomo e donna o “mima” o “mama” se lo è fra donne. Le quali se s’incontrano in una “tienda”, pur non conoscendosi si scambiano opinioni sui vestiti o sulle misure delle scarpe, per poi allontanarsi ognuna per la propria strada. In contrasto a ciò, della pericolosità dei quartieri più infimi, della paura che serpeggia di notte, mali comuni in tutto il mondo e che comunque, uno spietato regime poliziesco che si autocelebra in imponenti cartelloni lungo le principali “carreteras” come nelle scritte sui muri inneggianti all’unità, alla cooperazione ed alla fratellanza non è riuscito a debellare. Questa è Cuba dove tutto è amore, allegria, gioia, dolore e rassegnazione: la speranza, forse, non abita più qui. Questa è l’isola dove il mare è più bello, le palme più verdi e la pianura più rigogliosa perché godono di due fonti di calore: un sole bruciante ed un cuore pulsante. Questa è la donna che si mostra in innumerevoli aspetti, nel sorriso di una “negrita” come in quello di Raul Molina, il “ dueño” che affitta la “casa particular”, con la sua faccia che rassomiglia a quella di Jack Palance, che ti ha portato il miele sciolto nel limone per guarirti dal mal di gola. Questa è la donna che ti ha condotto per mano per un periodo di tempo che ora ti sembra esageratamente breve e adesso si mostra a te col viso degli addetti al check-in e dei controllori dell’aeroporto. Lei attraverso i loro occhi ti sta dicendo: vai, parti pure, tanto ritornerai. E tu mentalmente rispondi: Volveré! Tornerò!
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