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falug
admin
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Inserito - 06/09/2004 : 21:27:15
Ogni volta che leggo uno scritto di Adriano Sofri sento l’impulso di dire la mia opinione su di lui e la sua vicenda giudiziaria. Dapprima perché lo avversavo; mi dicevo che una persona con la sua cultura ed intelligenza avrebbe dovuto usarla meglio anche da giovane; che andava comunque condannato, perché, visto ciò che diceva e scriveva all’epoca, era comunque da considerarsi quantomeno un mandante virtuale dell’assassinio di Calabresi. Poi tanti anni e tanti processi a seguire mi hanno fatto pensare che qualcosa non quadrava: ma naturalmente ho anche pensato che tante possibilità di giudizio alla fine erano pur sempre una garanzia che il problema giuridico di verità fosse stato sviscerato in ogni suo aspetto e quindi risolto secondo giustizia. Alla fine Adriano Sofri è stato condannato in via definitiva e perciò, per me, cittadino italiano, va considerato colpevole sino a prova contraria. Detto ciò, soffro molto nel sapere chiuso in galera, fosse anche con privilegi che la sua intelligenza e la sua fama potrebbero avergli concesso, un uomo che, secondo me, si è ormai ampiamente riscattato con la parola, quella stessa parola che, usata forse malamente in passato, lo ha portato alla attuale condanna. Tutti gli articoli di Sofri che ho letto da alcuni anni a questa parte sono stati letture di grande godibilità letteraria, ma soprattutto argomentazioni sui più svariati temi, pervase da grande intelligenza e cultura universale; certo hanno espresso l’opinione di Sofri, ma in modo assolutamente pacato, culturalmente documentato e comumque aperto al contraddittorio, se se ne fossero trovate adeguate contro-argomentazioni. E così mi nasce in mente un’ipotesi che non vuole essere né offensiva né semplicistica, solo un pensiero che non ho potuto o saputo arrestare: forse che nelle patrie galere sia possibile ad uomini di grande forza di carattere e personalità di trovarvi la calma e la fertilità dell’”otium” e, liberi dagli impacci temporali e mentali della quotidianità, poter esaltare la capacità di esprimere il massimo delle proprie possibilità analitiche ed espressive? Non farei cambio con Sofri, ma io non sono Sofri e anche con tutto l’otium del mondo non saprei scrivere con la lucidità e maestria che ritrovo ogni volta che mi dice, per iscritto, qualcosa di interessante. Lo vorrei perciò libero di vivere la vita seguendo le sue scelte, ma anche ristretto nell’immenso spazio creativo e concettuale in cui penso si ritrovi ora, in modo che possiamo continuare a godere delle sue parole assolutamente libere.
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Elena Fiorentini
Curatore
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Inserito - 07/09/2004 : 14:37:43
Ho letto anch'io gli scritti di Sofri ( su Panorama?)che ho molto apprezzato. Non è che in prigione si vive bene, ci sono però dei diritti che possono essere fatti valere. Moltissimi carcerati non li conoscono e non hanno le capacità di farseli riconoscere per ottenere qualche sollievo alla reclusione. Ho letto un libro scritto da un ex-detenuto che ora si occupa di aiutare gli ex carcerati. A. M. mi ha raccontato di avere fatto ben 16 anni di carcere. I prigionieri si chiamano"ristretti", ricordo con orrore questo termine. A. M. aveva fatto parte un maxi-processo, ed era stato un gregario della malavita. Accumulò una serie di reati, che diedero luogo a questa detenzione così lunga. Attualmente è libero e si occupa di una associazione per aiutare gli ex detenuti, che hanno una marea di difficoltà quando escono dal carcere. Per lui la cosa principale resta quella di "...non tornare in prigione,mai più, la prigione è orribile..." Quanto a Sofri,intellettuale dalla forte personalità, si ritiene innocente e perciò rifiuta di fare domanda di grazia. Mi sembra di capire che ne fa una questione di principio.Molti hanno cercato di convincerlo, ma inutilmente. Elena Fiorentini
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