Pubblico questa mia analisi grazie alla gentile autorizzazione di Stefano De Martino, patron del Premio Lunezia che è il riconoscimento al valore letterario nelle canzoni italiane e che si svolge ogni anno nel mese di luglio ad Aulla, in provincia di Massa.
La canzone di Marco Masini si è aggiudicato il premio come Canzone più poetica del secolo in base ai voti degli ascoltatori di Radio LatteMieleCI VORREBBE IL MARE
(G. Bigazzi - M. Masini)
Ci vorrebbe il mare che accarezza i piedi
mentre si cammina verso un punto che non vedi
ci vorrebbe il mare su questo cemento
ci vorrebbe il sole col suo oro e col suo argento
e per questo amore figlio di un'estate
ci vorrebbe il sale per guarire le ferite
dei sorrisi bianchi fra le labbra rosa
a contare stelle mentre il cielo si riposa.
Ci vorrebbe il mare per andarci a fondo
ora che mi lasci come un pacco per il mondo
ci vorrebbe il mare con le sue tempeste
che battesse ancora forte sulle tue finestre.
Ci vorrebbe il mare sulla nostra vita
che lasciasse fuori, come un fiore, le tue dita
così che il tuo amore potrei cogliere e salvare
ma per farlo ancora, giuro, ci vorrebbe il mare.
Ci vorrebbe un mare dove naufragare
come quelle strane storie di delfini che
vanno a riva per morir vicini e non si sa perché
come vorrei fare ancora, amore mio, con te.
Ci vorrebbe il mare per andarci a fondo
ora che mi lasci come un pacco per il mondo
ci vorrebbe il mare con le sue tempeste
che battesse ancora forte sulle tue finestre.
Ci vorrebbe il mare dove non c'è amore
il mare in questo mondo da rifare
ci vorrebbe il mare
ci vorrebbe il mare
E’ il mare l’assoluto protagonista di questa canzone. Il mare come riscatto per una storia d’amore conclusa, o come estrema risoluzione. Il mare che nel testo compare poco alla volta, con una immagine lieve dell’acqua che “accarezza i piedi”, fino ad esplodere in tutta la sua forza arrivando al ritornello. Tramite questo mare, Masini vorrebbe quasi capovolgere il destino, trovare stille di coraggio.
Il mare è, da sempre, simbolo di sicurezza, di forza e di nascita, o, per meglio dire, di ri-nascita (“questo modo da rifare”). Alcune immagini di forza e prepotenza marina del testo rimandano direttamente ad un poeta come D’Annunzio ed al suo naturalismo. Ci colpisce la forza di una natura che sommerga tutti i mali e le frapposizioni della vita, permettendo all’autore di individuare le dita dell’amata e poterla salvare. Ci pare indicativo, in questo senso, sottolineare come l’autore non colpevolizzi la donna, ed anzi sembra volerla perdonare per la frettolosa decisione di averlo lasciato “come un pacco per il mondo”. Questa donna appare come una delle tante vittime di un “mondo da rifare”; vittima in possesso di un amore puro e che l’autore vorrebbe assolutamente riconquistare attraverso una dolce e sospirata deriva, alla stregua di due delfini che attuano quel gesto in maniera del tutto naturale, innata (“vanno a riva per morir vicini | e non si sa perché”).
E’ forte la tentazione di citare alcuni punti della poetica del primo Leopardi. La natura, nel poeta di Recanati, è vista come un riscatto, unica entità in grado di dare felicità – anche se poi il poeta capovolgerà il proprio punto di vista.
Masini qui cerca proprio nel mare, ed in tutto quello che rappresenta, una soluzione. Incredibilmente allusivo è, inoltre, il verso “ci vorrebbe un mare dove naufragare”, che ci fa tornare alla mente il “naufragar m’è dolce in questo mar” di leopardiana memoria.
Anche lo stile risponde ad una ricerca di sintesi poetica, che permette di muoversi nel significato del testo un po’ per analogie. Le parole in rima hanno tutte una relazione semantica tra loro ed il ritmo è abbastanza cadenzato, con la prevalenza di una struttura senaria nei versi.
E’ significativo, poi, il fatto che in questa canzone la poesia nasca da diversi fattori. Oltre che da convincenti figure retoriche e artifici tecnici sopra spiegati, nell’ascolto siamo colpiti da un’atmosfera irripetibile, una apertura orchestrale che permette alle parole di galleggiare e, per via di suggestioni sensoriali, sembra davvero di sentire in sottofondo il rumore inconfondibile del mare.
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So che si può vivere non esistendo, emersi da una quinta, da un fondale, da un fuori che non c'è se mai nessuno l'ha veduto
Edited by - PaoloTalanca on 19/11/2004 22:18:43