La camminata dello scorso fine settimana primaverile verso la Fextal, la valle di Fex, è stata proprio avvincente, i sentieri ben indicati salivano sulle montagne attraverso i boschi di pini e poi scendevano fino ad aprirsi all'improvviso sui diversi laghetti. Ho percepito che il bosco era affollato e ho tentato di chiacchierare con gli abitanti che lo percorrevano e popolavano, certo non potevo vederli perché erano nascosti molto in alto dai rami, ma potevo sentirli, almeno tre diversi toni e sequenze, "trcip, trcip, trcip" era il più diffuso, "trrr, trrrr" ogni tanto, "cuuu, cuuuu, cuuu" era il terzo. Masticando cioccolata svizzera al latte e nocciole attaccavo discorso modulando voce e fischio, non potrò mai sapere se rispondevano a me oppure se non mi ascoltavano e continuavano a parlare tra loro, ma a volte mi pareva che arrestassero le loro per attendere le mie parole per poi replicare a loro volta. Magari in questo momento gli abitanti alati del bosco staranno scrivendo alle loro amiche dalle piume colorate per raccontare di aver dialogato con uno strano essere che attraversava il bosco e avere scambiato con lui un misterioso dialogo ed esprimeranno i miei stessi dubbi a cui forse non avranno mai risposta, rimarrà anche a loro la nostalgia di qualche curioso mistero parallelo che hanno sentito di sfiorare?
Ho rivisto così luoghi che avevo percorso con gli sci da fondo in inverno, il cambio di colori tra il bianco e nero e l'azzurro e verde non ha reso irriconoscibili i laghetti e i sentieri, come se fosse una struttura ricoperta di stagione in stagione di tinte diverse, ma era distinguibile come medesimo disegno con solo tempera o pastello su differente scenografia. ..."Ci vediamo al ristorante in fondo alla Fextal a mezzogiorno", era dicembre e c'erano sole due modi per arrivarci, con una carrozza a cavalli oppure con gli sci da fondo. Lei faceva la guida turistica a St Moritz e ci eravamo conosciuti la sera prima dopo un agguerrito testa a testa in una gara di slittino. Era stata prenotata da una coppia e avrebbero raggiunto la valle per pranzo con la carrozza, la distanza era di tredici chilometri dal villaggio montano e io ero contento di mettere alla prova i miei nuovi sci da fondo e la mia resistenza, era oltre il limite di quanto avessi mai percorso. Ma nessun pensiero mi turbò, non capita tutti i giorni di avere un appuntamento con un'amica all'altro capo di una valle, ero contento di dover attraversare boschi di pini e scivolare sui laghetti ghiacciati e di buon ora partii. Sono sempre stato un dilettante in quello sport e come al solito mi pareva di essere quasi immobile mentre persone molto anziane e ragazzini mi superavano sparendo poi all'orizzonte, ero ammirato dalla loro capacità di spinta e dal passo pattinato, io facevo del mio meglio ma non riuscivo ad aumentare la velocità del mio cammino, poco male certo, perché i boschi silenziosi a milleottocento metri e poi la lunga pista sul lago ghiacciato circondato dalle vette innevate e da un cielo blu cristallizzato trattenevano la mia fretta di arrivare, il timore di giungere in ritardo, di deludere chi mi aveva dato l'appuntamento.
Ci misi più di tre ore e dopo l'ultima radura comparve una bassa costruzione in legno scuro con di fronte parcheggiate due carrozze a cavalli. Lanciai loro un'occhiata ironica dopo aver legato i miei sci al gancio ai lati dell'abbeveratoio, mezzi di trasporto così diversi in attesa fianco a fianco.
Tolsi guanti e cappello e con euforia entrai nel locale, un bel caldo, forse erano gia' lì, tra poco mi sarei seduto ad un tavolo di legno con i miei amici, avevo proprio da raccontare quel percorso e che fame!
La sala era piena e il proprietario mi si avvicinò informandomi che tutti i tavoli erano prenotati e io gli spiegai che i miei amici erano sicuramente tra coloro che avevano riservato. "Ah, sì, mi ricordo, mi pare abbiano telefonato poco fa, non vengono".
All'improvviso sentii lo sforzo e stancamente gli chiesi :"E' libera una di quelle carrozze per tornare?" "No, mi spiace, servono per riportare indietro gli ospiti, festeggiano una cerimonia, tutto é prenotato oggi nella Fextal".
"Come torno?" Mi guardò, distrattamente, impegnato di nuovo a prendere ordinazioni :"come sei arrivato".
Me l'ero cercata, condividevo l'ovvia risposta. Altri tredici chilometri, ma solo i primi furono pesanti, poi credo caddi in uno stato di trance, una spinta dietro l'altra agli sci, non scivolavo certo, ma procedevo nel silenzio ovattato, metro dopo metro, ora dopo ora, all'imbrunire di quel giorno d'inverno ricordo un'immagine di me che avanzava nel buio, tra una leggera nebbia che si alzava dalla superficie del lago, persi il conto del tempo e fu un bene, era notte fonda quando arrivai di fronte all'albergo nel villaggio, con calma tolsi gli sci, li riposi nell'apposita stanza e salii nella hall, avevo una fame, ma c'era ormai solo il portiere di notte, la cucina era chiusa da tempo.
"Speravo non fossi arrivato fino là, che avessi deciso che era troppo lontano", era stata lì ad attendermi, gli occhi stanchi, mi guardava tra il sorpreso e il dispiaciuto :"dovevo accompagnare quella coppia, ma ho rinunciato, non mi andava di fare da balia a due innamorati su una carrozza!". Per le misteriose vie dell'animo, trovai comprensibile la sua spiegazione e accompagnado le parole con il classico movimento delle mani dall'alto in basso le dissi che non importava, di non preoccuparsi e dopo ricordo solo che non so come arrivai alla mia stanza e piombai nel mondo dei sogni.
Nei giorni successivi lei riprese a lavorare a pieno ritmo perché erano arrivate numerose comitive di turisti e non potemmo scambiare più di qualche parola, o meglio erano sguardi, mi accorgevo che mi osservava pensosamente. Io ritornai in città e ci scambiammo solo qualche allegra cartolina per un po' di tempo. Talvolta mi immagino che da qualche parte in Europa una donna racconti ai suoi bambini la storia di un uomo che fece ventisei chilometri attraverso una valle per andarla ad incontrare e non disse nulla perché lei mancò all'appuntamento e probabilmente lei sorride mentre taglia il dolce per il più piccolo della sua famiglia e il suo sguardo si perde pensosamente.
Da quel giorno mi rimase un desiderio, di rivedere quella penisola bianca sul lago un giorno in primavera, ne sarebbero passate diverse prima che, per una ragione o per l'altra, potessi esaudire la curiosità...
Adesso posso infine scrivere il racconto, la lunga camminata di qualche giorno fa e l'avventurosa sciata passata, giusto appena mi e' passato il raffreddore e gli occhi hanno smesso di lacrimare per gli starnuti, il prezzo per essermi fermato ad ammirare i luoghi da sotto i pini della penisola che si incunea nel laghetto più grande, ho sempre sognato di ritrovarmici in mezzo a primavera, ma il vento ha voluto venirmi a salutare, solo che aveva dimenticato che lui è grande e grosso e freddo e io solo un piccolo e fragile essere umano, proprio come succede quando un vecchio amico gigantesco che rivedi dopo tanto tempo per salutarti ti dà una forte pacca sulla spalla, inconsapevole della sua forza. E tu, per non contrariarlo, sorridi e al momento trattieni il grido per la botta, però dopo a casa, due aspirine non te le leva nessuno.
...Avanzavo sul sentiero tra i pini, prima era tutto bianco, poi poco a poco si schiariva e diveniva verde, prima avevo freddo, poi il sole sfuggiva lentamente alle nuvole e mi scaldava, prima avevo dei lunghi sci ai piedi, poi leggere scarpe da montagna, il mio passo scorreva continuo sullo stesso sentiero, attraversavo stagioni...
Roberto Mahlab