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Incontro con Natan Sharansky

Stampato da : Concerto di Sogni
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Stampato il: 22/12/2024

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Autore Tema: Pamela Lawi
Oggetto: Incontro con Natan Sharansky
Inserito il: 03/04/2005 15:40:28
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Natan Sharansky nasce il 20 Gennaio 1948 in Ucraina da una famiglia ebraica.
Si laurea in Matematica Pura all'università di Mosca, intraprende una carriera da scienziato e, consapevole della propria identità ebraica, riceve il visto per Israele nel 1973.
Nel Marzo 1978, tornato in Russia, viene accusato di spionaggio per conto degli Stati Uniti e viene mandato in carcere per 13 anni di cui nove in gulag per aver rivendicato il diritto a mantenere la propria identità ebraica.
Con la Perestroika e la Glasnost viene liberato in cambio di una spia , liberazione anticipata da una grande mobilitazione nel 1986. Nel 1988 diventa presidente del Forum Sionista, scrive per il Jerusalen Report, nel 1989 riceve da Reagan la medaglia d'oro. Nel 1995 fonda il partito degli ebrei russi e nello stesso anno diventa ministro dello stato d’Israele.

La redazione della Concerto News System ha incontrato Nathan Sharansky durante la sua sosta a Milano.


Sharansky spiega che la democrazia esiste quando si esprime il proprio punto di vista senza essere puniti per questo. Agli studenti ed agli attivisti per i diritti umani racconta che misurare il grado di libertà di un paese è cosa semplice: "se una persona non può camminare nel mezzo della piazza centrale della sua città esprimendo le sue opinioni senza paura d’essere arrestato, imprigionato o fisicamente danneggiato, allora quella persona vive in una società della paura, non in una società libera". Bisogna capire come combattere i regimi totalitari non credendo all'immagine di forza che questi cercano di dare all'esterno. Le energie degli stati totalitari sono concentrate e interessate a controllare i propri cittadini. I politici in Occidente sbagliano a credere nella propaganda di tali regimi, ad esempio Kissinger sbagliava quando pensava che l'Unione Sovietica sarebbe vissuta per sempre e perciò era necessario trattare con essa. Reagan invece agi' saggiamente nel chiedere all'URSS maggiore libertà per i russi in cambio di un miglioramento nei rapporti internazionali. Questa azione decisiva segnò il conto alla rovescia per il crollo del muro.
Nel libro "The case for Democracy” l'ex dissidente parla anche dell'opera di Giovanni Paolo II in Polonia: una mobilitazione che dimostrò ancora una volta come i regimi possano essere facilmente messi in crisi aiutando l'opposizione interna.

Per il ministro israeliano anche alcuni stati arabi hanno gli stessi fragili meccanismi di governo.
Sharansky racconta del suo incontro con il Presidente degli Stati Uniti, alla domanda di questo : Come combattere le dittature mediorientali? l'ex dissidente sovietico spiega che nelle società arabe ci sono i dissidenti che non hanno la forza di emergere e bisognerebbe sostenerli. Bush, a differenza degli europei, non si accontenta ad esempio delle promesse di ritiro della Siria dal Libano, ma chiede fatti.

Bisogna dare ai dissidenti la forza non facendo affari con le dittature a meno che questi non vengano contraccambiati con la democrazia, i diritti civili e la libertà di stampa.
Il ministro afferma che c'è dello straordinario su alcuni rapporti pericolosi che la UE ha con le dittature.

Riguardo a Israele e Abu Mazen, Sharansky dichiara che sta a noi decidere come risolvere la situazione, solo con la democrazia si vince la pace. Se l'occidente farà come fece con Arafat durante il processo di Oslo e sceglierà di rinforzare il suo regime nella speranza che possa così essere forte nel condurre i palestinesi alla pace, falliremo nuovamente. Le dittature hanno bisogno del nemico esterno per giustificare i propri fallimenti e per questo scatenano le guerre .

La serata si conclude con alcune domande da parte del pubblico tra queste : “ se dalle elezioni di un paese dovesse emergere un governo totalitario?” l'ex-dissidente risponde che è molto difficile che in una società veramente libera la gente scelga di farsi privare della libertà. Ma se capitasse, come accadde nella Repubblica di Weimar, allora sarà sufficiente non comportarsi come la “pavida” Europa degli anni '30, non bisogna illudersi che la stabilità sia sinonimo di pace. La democrazia è l'unica polizza contro la guerra che valga la pena di sottoscrivere.

Pamela Lawi - Concerto News System - @ 2005



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