"Ten li lanuach"
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da : Concerto di Sogni
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Stampato il:
22/12/2024
Tema:
Autore Tema: Roberto Mahlab
Oggetto:
"Ten li lanuach" "Canto affinche' il mio cuore non sia radice di pena e di dolore...", le parole e le note della romanza in ebraico-spagnolo mi hanno accompagnato in un breve viaggio nella musica ebraica, tra recenti esperienze e i concerti che si tengono negli spazi dell'ex ospedale Paolo Pini a Milano. La sera successiva, sempre al Paolo Pini, un secondo concerto di musica ebraica Sefardita, retaggio cioe' delle comunita' che ebbero il massimo splendore con la dominazione araba in Spagna e termine con cui si indicano gli ebrei dell'area del Mediterraneo. Una bravissima cantante traeva da una chitarra classica e dalla sua propria voce note e melodie che si accordavano con la scenografia di altissimi alberi e cielo stellato, romanze in spagnolo, che parlavano d'amore, parole prestate dalla tradizione ebraica del Marocco, della Turchia, della Persia, della Spagna, del Portogallo, ritmi che si ritroveranno nel flamenco e nella musica gitana, raccolti e tramandati dopo la cacciata degli ebrei dalla Spagna, nel 1492. Musica dolce che racconta di un popolo in esilio, che intonava "Hod Noded", l'uccello che vaga tra le Terre del mondo, alla ricerca di quella pace che trovera' solo nella nostalgia della Terra degli Avi, dove riporre la ali. "Ten li lanuach", cantavano in ebraico gli ebrei rifugiati in Persia dopo la dispersione che segui' la distruzione del Tempio di Gerusalemme, "...concedimi di riposare....". Il canto straziante di Askhenaz dal ghetto in fiamme, la voce struggente di Sefarad sulla via dell'esilio, la tranquilla certezza malinconica che ogni ebreo cerca delle note del popolo d'Israele odierno, era come se sul palcoscenico della musica fossero presenti insieme tutte e tre le musiche, come sarebbe bello poterle riprodurre qui in questo momento, per trasmettere la sensazione, le diverse note si riunivano in completo accordo, a rappresentare quel percorso della Storia e quell'anima che non si ritrova e vaga senza pace e dispersa tra le nazioni della Terra, forse perche' in essa c'e' un pezzetto di ogni nazione della Terra. Bob Porter - Cns - Concerto News System - @2002
Inserito il:
06/01/2002 15:41:59
Messaggio:
Lo scenario del primo concerto della domenica sera era inquietante, il vento e quelle nubi bianche che risaltavano correndo nell'oscurita' del cielo, mentre la cantante intonava "Il ghetto di Vilna brucia! Qualcuno...qualcuno spenga le fiamme..." l'invocazione in yiddish, il dialetto ebraico-tedesco parlato dalle comunita' ebraiche dell'Europa Orientale, denominate Askhenazite, risuonava come sapesse di gridare nell'infinito gelo di nessuno, come allora.
La musica "Klezmer", nata nei ghetti dell'Europa Orientale e che poi diede il seme al jazz, era alle origini allegra e trascinante, ma domenica sera il suono era appositamente stridente e angosciante, la trasformazione che ebbe negli anni dell'Olocausto, come la rivolta dell'anima che urla incredula al graffio del demonio, la voce solista precipitava il pubblico indietro nel tempo, come il Picasso dai paesaggi dolci e poi improvvisamente sfaccettato subito dopo la morte di un caro amico, l'anima che voleva lo stesso raccontare ma non ritrovava piu' il significato precedente della vita. Nonostante la musica fosse avvincente, mi sono pero' alzato prima della fine, come molti altri, il mio essere ebreo che da un lato premeva affinche' chiudessi le orecchie, mi gridava di non ascoltare piu', non cosi' spesso, la contraddizione di continuare a conoscere quanto avvenne e il desiderio di essere normali, come tutti, perche' non avvenne a noi, alle nostre generazioni, eppure dall'altro lato la consapevolezza che dobbiamo ricordare, perche' non avvenga ancora, altrimenti l'oblio li avrebbe fatti morire per la seconda volta. Ho colto il mio pensiero cercare sollievo ritornando al recente dolce ricordo della spiaggia di Israele, un'altra sera, dove le onde del mare e il vento accompagnavano la melodia delle chitarre e dei violini che suonavano "Erev shel Shoshanim", la sera delle rose, quanta quiete e tranquillita' nella nuova musica del popolo ebraico libero e lontano dal male che riporta la meraviglia per l'aspra Terra del latte e del miele.
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