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Piano Bar

Stampato da : Concerto di Sogni
URL Tema: https://www.concertodisogni.it/mpcom/link.asp?ID ARGOMENTO=16630
Stampato il: 26/12/2024

Tema:


Autore Tema: luisa camponesco
Oggetto: Piano Bar
Inserito il: 17/04/2008 19:45:48
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Piano Bar

Erano quasi le 20 Buddy Evans gettò il mozzicone di sigaretta sul marciapiede. Brutta abitudine avrebbe dovuto smettere, il suo medico aveva scosso la testa all’ultimo controllo.
- I tuoi polmoni sono un grigio fumo, Buddy!
- Non serve che smetta, nel fumo io ci vivo.
Buddy si riferiva al locale in cui lavorava, un interrato arredato in stile liberty nel quartiere di Soho. Voleva andarsene da New York, ma quel maledetto 11 settembre gli aveva cambiato la vita. Era rimasto per rabbia e per dolore senza decidere chi dei due prevalesse, ma cosa importava ormai, lei non c’era più, la sua Helen. Se n’era andata proprio quel mattino

°°°

Non riusciva a dimenticare l’espressione felice del suo viso.
- Non voglio far tardi tesoro, la prima impressione è quella che conta.
Quel colloquio di lavoro era importante per Helen, lavorare come broker era tutto ciò che desiderava.
- In bocca al lupo amor mio ti aspetto per il pranzo!
Buddy la seguì dalla finestra del soggiorno, mentre correva per prendere il Bus che l’avrebbe portata al Word Trade Center.
L’attese invano, la cercò come un disperato, di lei non si trovò traccia, nulla, nemmeno qualcosa su cui piangere, sperò addirittura che fosse fuggita con un nuovo amore, almeno sarebbe stata ancora viva.

Negli anni seguenti condusse una vita quasi randagia fin quando, una sera si trovò casualmente al Blue Note.
L’orchestra aveva appena terminato un pezzo jazz, Buddy contemplava il suo bicchiere di bourbon e non fece caso all’uomo che si era seduto accanto.
- Il solito Charlie! – urlò al barista poi si rivolse a Buddy - Brutta serata?
- Una vale l’altra. - rispose vuotando il bicchiere.
Una parola, poi un’altra ancora e alla fine si scoprì a raccontare sé stesso.
Che follia raccontare la propria vita ad uno sconosciuto eppure lo fece, fu così che incontrò Aaron Murphy.
Ormai era consuetudine, tutte le sere si trovava con Aaron durante la pausa musicale, parlavano spesso di cose banali ma, tra un bicchiere e una sigaretta si spezzava la monotonia di una giornata insulsa.
- Non mi hai mai detto cosa sai fare Buddy!
- Un tempo suonavo il piano, ma forse è stato in un’altra vita.
- Ma non mi dire! Sei un musicista!
Aaron gli batté una mano sulla spalla.
- Stacco fra un po’ aspettami devo parlarti!
Buddy alzò il bicchiere in segno di assenso.
Videro l’alba su quella panchina in Washington Square Park. Alcuni colombi zampettavano nelle vicinanze incuranti della loro presenza.
- Sai Buddy, mi è venuto in mente una cosa. Un mio amico sta aprendo un locale da queste parti ed è alla ricerca di un buon pianista. Se fossi in te ci proverei.
- Già ma tu non sei me!
Aaron non si rassegnava facilmente e così passeggiando, si trovarono davanti a quel locale.
- Prendi qualcosa? – chiese Aaron.
- Si, un bourbon.
- Ciao Brian. - Aaron salutò l’uomo che si stava avvicinando. – Portaci del caffè?
- Che ci fai da queste parti? Sei un po’ lontano da casa!
- Avevo voglia di camminare e poi volevo presentarti il mio amico Buddy, dice di essere un pianista, volevo assicurarmene.
Brian osservò con attenzione Buddy.
- Così tu suoni il piano!
- Lo suonavo.
- In fondo è come andare in bicicletta, basta rimettersi in sella. Perché non mi fai sentir qualcosa?
- Coraggio Buddy fallo per te stesso! – Aaron lo sospinse verso il pianoforte e lo costrinse a sedersi sulla panca.
Buddy si sentì smarrito le mani tremarono, e non riuscì a sfiorare i tasti.
- No, non posso, non ce la faccio!
- Certo che puoi, la musica è dentro di te, devi solo tirarla fuori.
Aaron sedette accanto e con le dita affusolate iniziò a suonare Night and Day.
- Questa la conosci? – sbagliò di proposito una nota.
- Ma cosa fai? È questa la nota giusta! – Buddy mostrò il tasto e poi senza nemmeno rendersene conto proseguì da solo.
Aaron si allontanò in sordina dopo aver strizzato l’occhio a Brian.

°°°

Quello fu l’inizio di un nuovo periodo, non poteva dirsi più felice ma almeno aveva una occupazione, quando suonava si estraniava dalla realtà per immergersi nel mondo delle note. Solo quando era in pausa osservava i clienti del club, alcuni erano abituali frequentatori, spesso soli. Buddy si domandava cosa cercassero in un piano bar, non sembrano interessati alla musica persi in chissà quali fantasie.
- E’ ora Buddy! – Come di consueto Brian gli feceva cenno di tornare al lavoro. Il repertorio era quello classico, da Cole Porter ad Irving Berlin, chiudeva sempre la serata con Blue skies tranne la volta che lo fece con I’ll never smile again.
Un solitario applauso richiamò la sua attenzione. Sally Hunt, serviva ai tavoli nella zona fumatori una presenza discreta, passava quasi inosservata ed ora era lì, ferma davanti al pianoforte con gli occhi sgranati.
- Si sente bene? – chiese Buddy.
- Sto bene grazie, è stata la musica….. – si interruppe con un singhiozzo e fuggì via.
- È per via di suo marito. – Brian aveva assistito alla scena e si era avvicinato.
- Non credevo fosse sposata.
- Suo marito era un pompiere, uno di quelli morti l’11 settembre e I’ll never smile again la loro canzone.
Un dolore sordo lo afferrò alla gola, per un attimo gli mancò il respiro, guadagnò l’uscita il più presto possibile.
La notte era chiara e la città viva nonostante l’ora tarda. I taxi gialli percorrevano in continuazione la strada, uno di essi si fermò.
- Ehilà Buddy come va?
Il viso nero e sorridente di Andy suo caro amico si sporse dal finestrino.
- Dove ti porto stasera?
- A Battery Park.
Andy si mise a canticchiare un noto motivetto mentre Buddy metteva fra le labbra l’ennesima sigaretta ma senza accenderla.
La luna si specchiava sulle acque dell’Hudson, una coppietta passeggiava mano nella mano, Buddy la invidiò un poco poi si sedette su di una panchina ed attese l’alba.

I primi clienti arrivarono alla spicciolata, alcuni si fermarono al banco altri presero posto ai tavoli. Buddy si scoprì ad osservarli con occhi diversi, e a domandarsi quali storie ci fossero dietro i loro sguardi. Lo aveva colpito il fatto di sapere che Sally fosse vedova, ma era da tempo, troppo, che non faceva caso agli altri, preso dai suoi problemi aveva innalzato una barriera impenetrabile attorno a sé, nessuno entrava e lui non poteva uscirne.
Sally apparve proprio in quel momento e Buddy si scosse dalla sua riflessione. La osservò, senza farsi accorgere, mentre si aggirava fra i tavoli e si scoprì inaspettatamente colpevole.
Sally si accorse d’essere osservata e istintivamente mise una mano fra i capelli. La serata stava entrando nel vivo, Buddy sedette al piano e le note di You and I si diffusero dolcemente.

All’ora di chiusura Buddy si attardò nel locale col pretesto di scambiare, con Brian, impressione sull’affluenza degli avventori.
- Sembra che gli affari stiano andando bene! Anzi sto pensando di diversificare la gestione, magari inserendo dei numeri di cabaret. Cosa ne dici Buddy potrebbe funzionare?
- Beh pensiamoci su! – In quel momento Sally si preparava ad uscire – Ciao Brian ne parliamo domani.
- Buonanotte Sally – disse raggiungendola .
La donna lo guardò sorpresa, non era mai accaduto prima che la salutasse all’ora di chiusura.
- Anche a te Buddy.
- Ti serve un passaggio? Abiti lontano? Una donna sola a quest’ora di notte….
- Prendo l’ultimo metrò, abito a Ridgewood.
- Ma è lontano!
- È La casa dei miei, non posso permettermi una abitazione più vicina.
L’uomo si rese conto che la vita, per qualcuno, poteva essere anche più dura.
- Mi piace come suoni il pianoforte, ascoltare la tua musica mi fa star meglio.
- Sono contento. – Presero a camminare vicini come vecchi amici, si misero a parlare del più e del meno, e il tempo passò.
- Oh no! – Sally guardò angosciata l’orologio. – Ho perso il metrò, adesso cosa faccio?
- Aspetta ho un’idea! – Buddy si mise in mezzo alla strada finchè non fermò un taxi.
Sally lo vide discutere un po’ prima di chiamarla.
- Non posso permettermi un taxi. – protestò
- Non preoccuparti Andy è un amico.
Il viaggiò si rivelò piacevole sia per la compagnia sia per l’atmosfera che si era creata. Andy cantava a squarciagola.

- Ecco sono arrivata!
Si fermarono davanti ad una modesta villetta circondata da un fazzoletto di verde.
- Posso offrirvi qualcosa?
- Grazie ma io devo tornare al lavoro. – disse Andy
- Hai del brandy?
- Ho una vecchia bottiglia di gin di mio padre, non è mai stata aperta, penso sia giunto il momento di farlo.
L’interno era accogliente e pulito, su di un mobile dell’ingresso, il ritratto di un uomo giovane in divisa da pompiere.
- E’…era mio marito, la mia vita da allora non è più la stessa.
- Nessuno sarà mai più lo stesso.

Il pendolo del soggiorno scandiva le tre del mattino, tutt’intorno era silenzio, un silenzio complice per Buddy e Sally. Una serie di dischi in vinile attirò l’attenzione dell'uomo che, incuriosito, volle esaminarli.
- Jim amava il blues e il jazz , era felice quando riusciva a trovare un LP del suo autore preferito. Era fiero della sua collezione, ogni sera dopo il lavoro si sedeva qui accanto al caminetto, li ascoltavamo insieme ed era come se fossimo soli su di un’isola, io e lui. Da quel giorno non ho avuto più il coraggio nemmeno di guardarli.
Gli occhi si Sally si riempirono di lacrime, Buddy mise un disco sul giradischi e le note di I’ll never smile again si diffusero nella casa, poi prese la donna e la tenne stretta a sé.
Tradiva la memoria di Helen? Forse, ma era così dolce sentire ancora il calore di una donna fra le braccia.





Luisa Camponesco


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