La vocazione disattesa
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da : Concerto di Sogni
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Stampato il:
24/12/2024
Tema:
Autore Tema: ophelja
Oggetto:
La vocazione disattesa
Inserito il:
19/02/2009 21:45:19
Messaggio:
La vocazione disattesa
La maestra elementare di Pizzoalto, un paese che solo per un eufemismo poteva essere così definito, si chiamava Maria e aveva un sorriso stampato sul bel viso rotondo e pacioso, circondato da una corona di capelli castani ondulati.
“Oggi scriverò una frase alla lavagna” disse sorridendo ai suoi alunni che l’amavano come la loro mamma.
“Cera. Una volta.....”, scrisse sulla lavagna della classe V^ B.
Nessuno dei venti bambini aveva colto la leggera titubanza della mano di Maria e il conseguente stridio del gesso sulla lavagna, quando la voce di Sandrino: “ma è sbagliato, maestra...si dice c’era una volta, con l’apostrofo.....”
Chi aveva parlato era il figlio dell’avvocato Brunori.
Sandrino, figlio unico del maggiorente del paese, era cresciuto con il convincimento d’essere destinato ad una luminosa carriera di principe del foro e cercava, nell’emulazione del padre, la speranza di un futuro fra codici e carte da bollo.
La maestra si voltò e continuò: “Bravo, Sandrino, meriti un bel volto, ma anche un brutto voto”.
Tutta la classe ammutolì: la solidarietà a Sandrino era scontata , ma la maestra non poteva essersi sbagliata...!
Fu così che Maria continuò a scrivere con la sua bella grafia la frase lasciata a metà sulla lavagna: “..., quando non esisteva la luce elettrica, si usavano le candele: esse erano composte essenzialmente di cere naturali o artificiali.”
“Ci sono errori?”, chiese poi sorridendo alla scolaresca.
Sandrino si alzò e, con voce bassa ma guardando dritto negli occhi la maestra. disse : “Maestra, questo suo atteggiamento è estremamente lesivo della mia buona fede di scolaro e di cittadino in formazione. La prego, pertanto, di non approfittare della mia ingenuità, non ancora contaminata dalle astuzie dell’età.
A tale proposito vorrei sottolineare che il punto messo dopo la prima parola è stato certamente posto lì per indurre la classe tutta in un ragionevole inganno, e che, in mancanza di tale motivazione, avrebbe dovuto consigliarle di andare a capo, configurandosi , in tal senso, come il titolo della frase che lei si apprestava a terminare.
Debbo comunque dire a mia colpa, di essere stato oltremodo precipitoso e di questo me ne dispiaccio. Ed ora mi taccio.”
E, con grande dignità, si sedette.
La maestra, alla quale l’iniziale sorriso, nell’udire la requisitoria di Sandrino, era via via scomparso dal bel viso, non si scompose; si accomodò in cattedra, prese un pezzo di carta, una penna e, per qualche secondo, scrisse in silenzio.
Poi , tenendo il biglietto in mano, lesse: “La seduta è tolta. Sandrino Brunori è pregato di presentarsi all’udienza di domani mattina - accompagnato dal suo avvocato - per le contestazioni di rito.”
La sonora risata della scolaresca seppellì la segreta aspirazione di Sandrino che, da quel giorno, non volle sentir le ragioni familiari decidendo di abbandonare la primitiva vocazione e di dedicarsi definitivamente allo studio della chimica.
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Ophelja
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