L'ultimo concerto
Stampato
da : Concerto di Sogni
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Stampato il:
22/12/2024
Tema:
Autore Tema: Gabriella Cuscinà
Oggetto:
L'ultimo concerto L’ultimo concerto Gabriella Cuscinà
Inserito il:
21/03/2013 12:30:06
Messaggio:
Il suo nome era Margherita ma tutti la chiamavano Megghy. Aveva lunghi capelli neri e un viso da bambola. Quella sera avrebbe suonato all’Auditorium e il suo concerto era molto atteso perché era una delle migliori pianiste sulla piazza. Con lei non ci sarebbe stato suo marito Enrico che l’aveva lasciata tre anni prima.
La musica limpida e armoniosa del pianoforte riempì la sala e, mentre suonava, Megghy ebbe la strana sensazione che il marito fosse presente e che la osservasse. Quella sinfonia l’avevano suonata insieme nel loro ultimo concerto. Poi la sua vita era stata stravolta da un incidente terribile. Infatti, una sera, mentre tornavano a casa, Enrico non era riuscito a evitare un’automobile che procedeva contro mano. L’impatto era stato devastante e Megghy aveva perso il figlio che aspettava da poco. Per giunta, aveva pure perso l’uso delle gambe ed era finita su una sedia a rotelle.
Il marito invece era rimasto illeso. Anche lui era concertista e avevano sempre suonato a quattro mani riscuotendo enormi successi.
Dopo l’incidente, Megghy aveva pensato che forse Enrico avrebbe potuto scansare il veicolo che procedeva in senso proibito. Però l’Assicurazione aveva attribuito ogni responsabilità all’altro conducente.
Il marito aveva ripreso a suonare e a dare concerti poi, inaspettatamente, aveva abbandonato la moglie.
Ora sentiva i suoi occhi che la osservavano, ma forse era solo un’impressione. Terminò l’esecuzione della sinfonia e gli applausi furono scroscianti.
Quando si ritirò dietro le quinte, se lo vide davanti, alto e aitante che la guardava con i suoi intensi occhi grigi. Megghy adesso poteva di nuovo camminare e lo scansò come fosse un appestato. Lo amava ancora da morire ma era stata lasciata quando aveva più bisogno di lui e non voleva incontrarlo, tanto ormai si era convinta che non l’aveva mai amata, che il loro era stato solo un sodalizio artistico molto conveniente. Enrico aveva ammirato e aveva apprezzato la sua abilità come pianista, ma non le aveva mai voluto veramente bene, altrimenti non si sarebbe dileguato in compagnia di un’altra donna.
In quel momento era scappata e si era rifugiata nel camerino. Lui l’aveva raggiunta e aveva bussato insistentemente per farsi aprire, le aveva detto che non si sarebbe mosso da lì se non lo faceva entrare e non lo ascoltava.
Megghy aveva ripensato a quante sofferenze aveva dovuto sopportare per causa sua.
In seguito aveva reagito, aveva fatto degli interventi chirurgici e aveva cercato con tutte le sue forze di tornare a camminare. C’era riuscita ed era stata una rivincita su di lui e sulla sua crudeltà. Aveva ripreso a dare concerti da solista e riscuoteva successi ovunque.
Che cosa voleva adesso? Perché era tornato? Ormai aveva riacquistato la sua pace e non voleva essere tormentata; solo ogni tanto pensava a lui e con estrema sofferenza.
- Megghy apri, apri ti prego, lo so che mi odi, ma voglio dirti una cosa sola e poi andrò via.
- No, non hai niente da dirmi, vattene, non ti voglio vedere.
- Alla fine dovrai uscire dal camerino. Io sarò qui. Devo dirti solo una cosa.
- Non hai capito. Non voglio vederti né parlarti. Vattene.
- Non me ne vado. Aspetterò sino all’eternità.
Megghy fremeva, avrebbe voluto chiamare aiuto, ma non osava farlo per non destare curiosità e pettegolezzi.
Trascorsero alcuni minuti, dopo di che si arrese pensando che davvero non si sarebbe mosso se prima non lo ascoltava. Perciò disse: - Dammi la tua parola d’onore che dopo te ne andrai via per sempre.
- Te lo giuro.
- Dammi la tua parola.
- Ti do la mia parola d’onore.
Si udì girare la chiave nella serratura e la porta si aprì: - Entra – disse Megghy.
Enrico entrò e la guardò con uno sguardo carico d’amore e di rimpianto. Subito disse: - Megghy, mi odi ancora? Continui a odiarmi per quell’incidente? Questo solo voglio sapere.
- Io non ti ho mai odiato per l’incidente di cui non hai avuto colpa. Ti detesto per avermi lasciato quando non potevo più camminare. Sei un verme e non mi hai mai amato.
- Ma come! Pareva proprio che mi odiassi! Eri fredda, distaccata. Mi guardavi con astio. Ti disperavi per il bambino e non pensavi a ciò che provavo io.
- Non potevo più camminare e sei andato via con un’altra.
- Questo non è vero! Non ho mai avuto nessun’altra donna.
- Basta! Hai saputo ciò che volevi sapere. Ora mantieni la parola. Vattene.
Enrico abbassò la testa e si avviò alla porta. Prima di uscire, esclamò: - Non ti libererai di me facilmente. Non siamo ancora divorziati e non lo saremo mai, ora so che il tuo odio non era dovuto all’incidente.
Andò via e Megghy scoppiò a piangere. Lo amava pazzamente, gli voleva tutto il bene di cui era capace, ma non credeva più in lui, aveva perso la fiducia. Era divenuta disincantata e scettica. Aveva ripreso la sua solita esistenza ed era tornata a vivere con la madre vedova, che l’aveva aiutata a dimenticarlo.
Quando giunse a casa, le raccontò subito chi aveva incontrato. La madre non sembrò sorpresa di quella notizia. Anzi disse: - Ah bene!
- Bene? Come bene, mamma, io non volevo vederlo. Ha insistito come un pazzo e l’ho ascoltato. Voleva sapere se lo odiavo ancora. Gli ho risposto che non lo detesto per l’incidente, ma perché si è comportato come un mentecatto e mi ha abbandonato nel momento del bisogno.
- Quando hai perso il bambino, l’avevi con lui, sembrava proprio che lo odiassi, che pensavi di non poter più camminare per causa sua.
- Non ha commesso nessun errore al volante; ripeto che la sua unica imperdonabile colpa è stata quella di andarsene e lasciarmi sola.
- Megghy, in questi tre anni hai riflettuto sulla sua incolpevolezza, ma a quei tempi anche io ero convinta che lo odiassi.
- Smettila mamma, non ne parliamo più. Spero che non si faccia vedere di nuovo.
Invece Enrico cominciò a tempestare Megghy di telefonate. Voleva rivederla, chiedeva di essere perdonato, diceva che non aveva mai smesso di amarla.
Una volta, al telefono, gli scappò detto: - Allora fu tua madre a convincermi che sarei dovuto andare via.
Queste parole la lasciarono a bocca aperta e non riusciva a crederci. Comunque volle saperne di più e gli fissò un appuntamento in un bar vicino a casa.
Quando s’incontrarono, Megghy chiese subito: - Perché hai raccontato quella bugia su mia madre?
- Non è una bugia, amore mio. Io stesso mi accorgevo che mi respingevi e tua madre diceva che soffrivi per causa mia, che mi ritenevi responsabile di tutto.
- Non mi ha mai detto niente. Non ci credo, non è possibile. Mia madre non avrebbe agito così.
- Sicuramente allora non ti avrà neppure detto che, poco tempo fa, è stata proprio lei a telefonarmi e a dirmi che dovevo tornare.
- Ma che dici! E perché?
A questo punto, Enrico era divenuto reticente e non aveva risposto.
- Secondo me – aveva continuato Megghy – stai inventando tutto per convincermi. Vattene, sei un bugiardo.
- Tua madre ha un cancro. Non avrei voluto dirtelo, ma mi stai obbligando- aveva soggiunto lui.
Megghy era impallidita, aveva spalancato la bocca e le sue mani cominciarono a tremare. Adorava sua madre e quella notizia le straziava l’anima. Cominciò a piangere in silenzio.
Enrico le afferrò il viso: - Non piangere amore, ci sarò sempre io per te. Ho amato solo te nella mia vita e se ti ho lasciato è perché credevo che mi odiassi, che non mi volevi più. Tesoro ti prego, perdonami, non credere che abbia mai avuto un’altra donna. Quando tua madre mi telefonò, mi disse di andarla a trovare. Mi comunicò che stava per morire e che non ti voleva lasciare sola. Sarei dovuto tornare e stare con te. Sapeva che mi ami ancora. Megghy, guardami, è vero?
Continuava a piangere e aveva il cuore lacerato, ma come mentire? Come dirgli di no? Il solo rivederlo aveva risvegliato tutti i suoi sensi e i sentimenti sopiti del suo cuore. Gli voleva bene come il primo giorno, amava tutto di lui, il suo sorriso, i suoi occhi grigi che sapevano guardarla con tenerezza.
- Dico solo che mi piaci ancora – rispose sulla difensiva.
- Sì, ma mi ami, mi vuoi bene come un tempo?
- L’affetto non svanisce mai – si schermì ancora.
- Vuoi tornare con me Megghy? Prometto che ti farò felice. Se vuoi, potremo ancora suonare a quattro mani, vivremo insieme per sempre.
Il dolore continuava a torturarla, tuttavia disse: - Enrico, se mia madre non ti avesse cercato, saresti tornato?
- Credo di sì, perché spasimavo per rivederti, non potevo più vivere senza di te.
Quegli occhi grigi erano irresistibili e lei vi si perdeva dentro.
- Va bene, potremmo riprovarci e vedremo cosa succederà.
Appena pronunziò quelle parole, Enrico la afferrò e l’abbracciò con passione, la baciò e lei ricambiò. Fra le sue braccia, le sembrava d’essere ritornata nella sua vera casa, nel suo porto di quiete.
- Megghy, amore, andremo da tua madre e le diremo che ci amiamo e che vogliamo stare per sempre uniti. Un malinteso ci ha diviso, ma è come se non ci fossimo mai lasciati. Avremo dei bambini, torneremo a lavorare insieme e non ci sarà mai più il nostro ultimo concerto.
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