Solima e il perdono
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Stampato il:
22/12/2024
Tema:
Autore Tema: Gabriella Cuscinà
Oggetto:
Solima e il perdono Solima e il perdono Era una ragazza della Libia, esattamente della regione ovest in cui ci sono i ribelli di Alba Libica. Solima era giunta in Italia su un barcone di disperati e aveva perso tutto. Gli scafisti avevano obbligato i suoi genitori a imbarcarsi e si erano presi i pochi soldi che possedevano. Gabriella Cuscinà
Inserito il:
06/07/2015 07:41:10
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In pieno mare aperto, era scoppiata la tragedia: alcuni profughi avevano cominciato a lamentarsi delle pessime condizioni di navigazione e gli scafisti avevano risposto sparando contro di essi. Avevano colpito anche i suoi genitori, dopo di che, avevano scaraventato in mare i corpi di quei poveretti. Lo strazio del suo cuore era stato indicibile, ma non aveva neppure potuto urlare e inveire contro quegli energumeni.
Trascorsi due giorni, erano stati avvistati dalla guardia costiera italiana e soccorsi. Solima aveva quindici anni e adesso era sola al mondo. Era stata sbarcata a Pozzallo. Aveva ricevuto le prime cure mediche, era stata fotosegnalata, aveva manifestato la sua intenzione di richiedere la protezione internazionale ed era stata smistata a Trapani. Il suo stato di salute era precario, ma soprattutto la sua anima era malata perché nutriva un odio terribile e profondo verso quella gente che aveva deliberatamente trucidato il suo papà e la sua mamma.
Arrivata a Trapani, tramite le competenti amministrazioni giudiziarie, Solima era stata messa in contatto con Caterina che si dichiarava disposta a prenderla in affido e ad inserire nella propria famiglia una ragazza come lei. Le aveva raccontato tutta la sua breve esistenza, di quando i soldati ribelli avevano stuprato la sorella sotto i suoi occhi e di quando avevano sgozzato il fratello che la voleva difendere. Le aveva detto di non aver mai ricevuto alcuna educazione religiosa perché i suoi genitori non avevano nessuna fede né musulmana, né cristiana, però lei era convinta dell’esistenza di Dio.
Caterina l’aveva avvicinata alla fede cristiana e le aveva fatto seguire dei corsi di Catechismo, ma era con lei che Solima preferiva confrontarsi su taluni problemi religiosi. Per esempio le chiedeva come fosse possibile perdonare e dimenticare chi, nella vita, ci ha fatto deliberatamente tanto male.
Caterina le aveva raccontato di Giovanni Berchelet e di ciò che aveva detto nel 1980, dinanzi alla bara di suo padre ucciso dalle Brigate Rosse. Aveva detto: “Vogliamo pregare anche per quelli che hanno colpito il mio papà perché, senza nulla togliere alla giustizia che deve trionfare, sulle nostre bocche ci sia sempre il perdono e mai la vendetta, sempre la vita e mai la richiesta della morte degli altri”.
Sembravano parole difficili da comprendere, ma per chi si professa cristiano non sono lontane dalla fede, perché Cristo ha detto di perdonare settanta volte sette.
“E bisogna - aggiungeva Caterina - concederlo con sincerità di cuore questo perdono. Bisogna autoconvincersi e dimenticare. Sforzarsi di scordare e volere stendere la mano al fratello che ci ha fatto del male”.
Il Catechismo della Chiesa cattolica dice che non si può essere assolti nel sacramento della Confessione se non siamo in pace con i fratelli e, di conseguenza, non ci possiamo avvicinare al sacramento della Comunione.
Se non ho perdonato mio fratello, come posso pretendere di essere perdonato da Dio?
Solima imparò tutte queste cose, ma non riusciva lo stesso a dimenticare. Frequentò per tre anni i corsi Catechismo, ma non fece mai la Confessione perché sapeva di non meritare la riconciliazione con Dio, in quanto non si era mai pentita del suo odio immenso e ossessivo. Stava spesso silenziosa e triste e non partecipava agli svaghi degli altri figli di Caterina.
Poi il giorno del suo diciottesimo compleanno fu assalita da una crisi di pianto e disse a Caterina di volersi confessare, che aveva bisogno di liberarsi, di sfogarsi.
Caterina la condusse in chiesa e la affidò a un bravissimo sacerdote. Questi la ascoltò per un’ora, dopo la quale la ragazza parve rinata, felice. Sorrideva, il suo sguardo era sereno, tranquillo, abbracciò Caterina e le disse di essersi liberata da tutto quell’odio che le opprimeva l’anima e non la faceva più vivere.
Da quel giorno fece la Comunione ogni domenica, partecipò con gioia alla vita degli altri figli di Caterina e condusse un’esistenza serena e in pace.
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