Un cielo stellato
Stampato
da : Concerto di Sogni
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Stampato il:
22/12/2024
Tema:
Autore Tema: frenkbull
Oggetto:
Un cielo stellato Ci spinse con fare morbido nella camera e ci lasciammo dirigere perché non
Inserito il:
05/05/2004 15:49:18
Messaggio:
potevamo temere. Qualche minuto prima ci aveva svelato il suo mondo, quel
piccolo delizioso appartamento nel quale viveva in compagnia delle sue
complesse letture. L'arredo sobrio svelava una noncuranza tipicamente
maschile verso le questioni della casa, ma al tempo stesso risultava
funzionale alle esigenze di una persona quasi sempre fuori per lavoro. In un
angolo dietro il letto faceva mostra di sé, su quello che appariva un
vecchio canterano ormai cigolante, una campana di vetro con una madonna in
cartapesta di cattiva fattura; il mio occhio attento aveva catturato lo
sguardo inebetito di quella figura religiosa, statica e ridicola al punto da
non suscitarmi alcuno slancio spirituale. Non capivo il suo entusiasmo nel
condurre la nostra attenzione verso una simile proprietà: per quanto la
venerazione possa considerarsi un fatto personale, la passione per quella
che poteva tutt'al più essere una reliquia familiare mi restava inspiegata.
D'accordo con me, il mio fido accompagnatore volgeva in basso gli angoli
della bocca in una espressione vagamente sbalordita. «Dovresti spolverarla»,
così dissi dopo aver carezzato lentamente il vetro, sicuro di coglierlo in
un riso imbarazzato. Quello era il luogo più intimo della casa, non ci
restava che penetrarlo. Non mi vergogno a dirvi di non essere mai stato a
mio agio in una stanza da letto come quella volta, tra il silenzioso passo
del mio amico e la velata tenerezza del padrone intento a presentarci i suoi
tesori. Quella coperta leggera profumava di pudicizia, quel passaggio oltre
la porta sapeva di sentimento inviolato, quel nostro respirarci addosso a
poca distanza aveva la purezza di un sonno infantile. A questo pensiero, mi
commuovevo. Mi strinsi alla parete, ora che non parlava più nessuno; di lì a
qualche secondo la luce si spense e ci trovammo immersi in un buio ormai
rassicurante. «Questo è il pezzo forte», prese a sussurrarci invitandoci a
guardare verso il soffitto. Un sospiro, due sospiri: lì sopra avevamo un
cielo stellato, sorridente luccicante. Non c'era più il canterano della
biancheria, non c'era nemmeno il fanciullo nelle braccia della madre, né
tutti i ricordi o i dolori del passato. Avevamo un bisogno di fratellanza
immenso più del mare di luci sopra le nostre teste, avevamo fra le costole
un vento docile di primavera e nel cuore il battere impellente della gioia.
Sentivo un abbraccio senza essere premuto da mani. Mi accorgevo di essere
entrato in una famiglia di gesti confidenziali, in una solidarietà
scandalosamente spontanea. Non volli chiedere altro. Sciolsi i lacci del
ritegno antico, afferrai il segreto delle stelle, me ne rivestii. Tra me e
il fido accompagnatore, c'era lui: ricordo la sua voce come uno spiffero
d'aria calda fluito nel ghiaccio della solitaria apparenza. Quell'intimità
l'avevo penetrata senza muovermi, senza possederne le chiavi. E viceversa.
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