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La solitudine di Aida

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Stampato il: 26/12/2024

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Autore Tema: ophelja
Oggetto: La solitudine di Aida
Inserito il: 12/06/2004 23:54:21
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La solitudne di Aida

"Albani"…"Presente"
"Berardi"… "Presente"
"Catalano"…"Presente"
La litania dell'appello si ripeteva, uguale e monotona, quella mattina, all'ora di matematica:
"Dettori"…"Demente…"
Una voce si sovrappose al "presente" sussurrato dal ragazzino del primo banco.
Risolini soffocati e non tanto, poi la pausa interrogativa della professoressa d'Orio Balzarani.
"Chi è stato?" . Il tono e lo sguardo della professoressa non promettevano nulla di buono.
Tutta la scolaresca, ventiquattro ragazzi, ammutolì.
Alberto Dettori, rosso in viso e a testa bassa, tratteneva a stento le lacrime.
Alberto era un ragazzino buono, dagli occhi grandi e scuri, ma aveva una qualche strana malattia che l'obbligava a lunghe assenze per cui, pur con tutto il suo impegno, non riusciva a stare al passo con gli altri compagni e, spesso e volentieri, le sue interrogazioni erano uno strazio.
Gli piaceva però la matematica e, a dispetto delle assenze, il suo naturale intuito sopperiva alla difficoltà della materia che era appunto insegnata dalla d'Orio Balzarani, di nome Aida, nubile ed ultima esponente di una famiglia di antica nobiltà.
La professoressa era una donna piacente, sempre elegante, molto ricca e, sebbene avesse passato da un lustro la quarantina, era ancora quello che si dice comunemente "un buon partito".
Il suo patrimonio annoverava il palazzo nobiliare al centro del paese, svariati locali adibiti a negozi e una villa in campagna con molti ettari di terreno coltivato ad olivi, in una località detta "Canneto"

"Come mai non si è sposata?" era la domanda che veniva in mente a quanti l'avvicinavano per la prima volta, ma il carattere riservato della professoressa evitava che la domanda venisse formulata anche ad alta voce e a tutti rimaneva la curiosità di indagare il mistero di quella incredibile solitudine.
A dire il vero Aida d'Orio Balzarani sola non lo era proprio.
In casa sua vivevano Gina, la cuoca, Marietta, la cameriera, Gennaro il giardiniere-autista tuttofare; per non parlare poi dei fittavoli che a turno e a giorni stabiliti, le portavano i prodotti delle sue terre.
C'erano, inoltre, i suoi alunni e soprattutto Alberto Dettori.
Eppure fra tutte queste persone non si trovava mai nessuno che fosse disposto a parlare della "professoressa". Tutti parlavano della sua generosità, gentilezza, ma nessuno accennava mai alla "disgrazia".

"Mi ami Aida?" le aveva chiesto sottovoce il giovane che tante volte aveva incontrato .
"Prendi questa catenina; è l'unica cosa che ho da darti, era di mia madre... "
C'era la guerra e proteggere un "nemico" era un rischio per la propria vita.

Eppure, per ben due mesi, all'imbrunire, Aida, Gennaro e Marietta, carichi di ogni bendidio, avevano attraversato i campi dalla villa e si erano inerpicati per il sentiero che portava alla piccola chiesetta degli appestati, così chiamata perché costruita sull'antica fossa comune dei morti per peste di secoli prima.

Lì era nascosto un giovane, Alberto Zach, che aveva la colpa di non essere morto nell'incendio doloso della sua casa.
Alberto era il primo figlio del podestà del piccolo paese e, alla caduta del fascismo il rancore di antichi avversari politici del padre, spinti dalla sete di un potere non esercitato per anni, avevano assoldato uomini senza scrupoli per l' eliminazione fisica di tutta la famiglia Zach.
Si era appunto salvato solo Alberto; gli altri, la signora Erminia, insegnante di lettere, Margherita, una ragazzina di quindici anni, la loro cameriera, e il dottor Zach , erano tutti morti nell'incendio che si era sviluppato "improvvisamente" durante un temporale, alimentato da micce imbevute di benzina.
Fortuna volle che il giovane, scappando nei campi, e nascondendosi per giorni, restasse in vita, seppur debole e provato.
Lo trovò Gennaro che lo disse alla signorina; e lei non si dimostrò paurosa. Anzi, fece di più: s'innamorò di Alberto.
Anche Alberto amava Aida e una notte, complice una sera calda e senza luna, decise di fare una sorpresa al suo coraggioso amore ed azzardò ad uscire dal suo nascondiglio.

Silenziosamente, attraversò i campi, discese la collinetta,…la villa era vicina… e anche Aida.
I cani, fiutando una presenza sconosciuta, cominciarono ad abbaiare furiosamente.
"Chi sarà?" pensò Gennaro mentre prendeva il suo fucile, sempre carico in quei tempi così insicuri….
Senza far rumore, aveva aperto la finestra solo di poco, quanto bastava per farci passare la canna del fucile; aveva preso la mira con calma e, quando la sagoma nera era giunta a tiro: "Alto la' o sei morto"
La figura nell'ombra continuò spavaldamente ad avanzare….
Due colpi e neanche un grido.
Alla detonazione tutti gli abitanti della villa si svegliarono e ci fu un gran trambusto; pianti, grida…. E poi tutti capirono .
Il giovane fu sepolto, quella notte stessa, sotto la grande quercia a margine del boschetto della proprietà .

Passarono gli anni e Aida rimase fedele alla memoria del suo amore sfortunato; la sua vita, ormai, era la scuola e nelle classi, poi, c'era sempre qualche ragazzino da aiutare .
A volte, qualcuno si chiamava anche Alberto….


* * *

Ophelja


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