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La Terra sotto le Pietre

Stampato da : Concerto di Sogni
URL Tema: https://www.concertodisogni.it/mpcom/link.asp?ID ARGOMENTO=8653
Stampato il: 21/12/2024

Tema:


Autore Tema: Carmine Monaco
Oggetto: La Terra sotto le Pietre
Inserito il: 25/06/2004 08:58:14
Messaggio:

Carmine Monaco

La Terra sotto le Pietre

La Terra sotto le Pietre. Estratto per “Concerto di Sogni”
Copyright Carmine Monaco – cell. 347.18.16.250
e-mail: carmine.monaco@email.it


La Terra sotto le Pietre
Il Signore apparve ad Abramo e gli disse:
«Ai tuoi discendenti darò questa terra».
Genesi, 12, 7.

Terra indesiderata, landa desertica ormai dimenticata, relegata nelle sabbie del mito, tra i rovi dell’incuria.

Popolo indesiderato, il rimpianto della terra, tra i roghi dell’odio, la speranza e la disperazione del ritorno, belve che gridano: «torna nel deserto!».

In fuga dall’odio e dal nulla infernale, dalla cenere e dalla polvere, quel popolo è tornato alla sua Terra.

Come agricoltori ciechi, con unghie vanghe e cervello hanno lottato per tirare fuori la terra sotto le pietre e per estrarre l’acqua sotto il deserto.

Col loro sangue hanno vinto l’aridità di uomini e Natura. I bambini hanno fatto crescere le foreste: duecentocinquanta milioni di alberi in un secolo.

Ora, questo deserto è fertile e prospero, roccia di una piccola grande nazione. Ora, questo deserto tornato giardino, tutti lo rivogliono: «Fuori dal giardino!», gridano falsi cherubini, agitando scimitarre e tritolo.

Ma questo giardino è Israele, che fu, è e sarà abitato dal popolo ebraico, terra sotto le pietre del tempo, acqua sotto il deserto del mondo, per sempre.

§§§


Gerusalemme

Quand d’Amsterdam le coq d’or chantera
La poule d’or de Harlem pondera.
Les Centuries De Nostradamus

Gerusalemme, città di Davide,
canzone e canto, narrante e narrata.
Strade impolverate e cupole d’oro,
invetriate fiammeggianti di chiese,
campanili e minareti,
il Muro del Tempio e la cittadella.
Tra le pietre arroventate dal sole
una colomba batte le ali
intorno all’Orologio della città,
tendendo il collo verso l’alto del cielo,
per implorarne una due gocce di pioggia nel becco.
Un indolente beduino si accarezza la barba,
un chassid innamorato si strugge
fissando un tulipano nel negozio di un fioraio,
i pellegrini chiacchierando si guardano intorno,
altri dentro, in silenzio.
Da una finestra cadono le note di Mendelssohn,
una soldatessa compra pane e dolci da portare a casa,
un vecchio signore aspetta l’autobus
che sale dalla città vecchia,
un bambino gonfia un palloncino.
Al bar un uomo d’affari sorseggia la sua birra ghiacciata,
la ragazza gli serve pezzetti di focaccia alle erbe,
lo sguardo dell’uomo cade nella scollatura.
Fa caldo, si suda.


§§§


Pellegrini

Homo quodammodo omnia
Gregorio Magno

Verso sera, una trentina di monaci, in fila per due, salmodiavano lodando Dio e dicendo peste e corna del diavolo.

– Signora, sarà per l’incenso che questi monaci spargono tanto generosamente, saranno i colori accesi di questo tramonto, ma io devo confessarle che la sua bellezza è pari, se non superiore, a quella dell’intera Gerusalemme! Le sue spalle sembrano fatte di gigli e di rose e... – e, nel fare il buffone, l’uomo urtò un’anziana passante facendola quasi cadere.

– Imbecille!, farfugliò la povera donna, mentre la bella, lusingata e divertita, avvertiva il suo corteggiatore: – Fate il bravo, ché sono sposata... – ma il cavaliere non raccolse.

– Cos’è quella, una guida ai luoghi sacri? – le chiese.

– No... è una guida ai locali notturni e ai negozietti più carini della città.

L’ufficio era stato salmodiato. La signora aveva pensato di recarsi ad un istituto di bellezza famoso per i suoi trattamenti a base di fanghi e sali del mar Morto, ma se l’«obiettivo» era stato raggiunto senza, perché gettare via i soldi? Chiuse la guida e disse: – Per oggi s’è pregato abbastanza. Andiamocene.

A me, non pellegrino, in disparte a studiare sotto l’organo, pareva quasi di udire gli angeli discendere in melodie dal cielo. Raccoglievo da lontano effluvi di incensiere, mentre Dio permetteva che il mio sguardo cadesse sui capelli della signora, ricco campo di grano, sulle sue torri d’avorio e sul suo abbondante raccolto.


§§§


Qumran

O mia colomba: negli anfratti della roccia,
nel nascondiglio del dirupo,
fammi vedere il tuo volto,
fammi udire la tua voce,
perché la tua voce è piacevole
e il tuo volto è grazioso.
Cantico dei Cantici, 14.

Quando arriverete a processarmi, quando vi chiederete sgomenti semmai può esistere tutto ciò...

Quando anche il cuore dei giusti dirà: O esiste Dio o esiste Auschwitz...

Quando avvertirete dentro soltanto gelo, paura e incertezza, persi nel buio e nella polvere, tra ceneri, rovi e serpenti, mi ritroverete in una grotta,

sepolto nel deserto,

nascosto per mille e mille anni in giare di terracotta, ad aspettarvi per ricominciare là dove avevamo interrotto.

Un pastore vagava tra rocce silenti e anfratti segreti. Aveva perduto la sua pecora. Per fugare il pericolo in agguato tra i rovi lanciò un sasso in una grotta:

quel sasso ha attraversato i millenni:

un raggio di luce, fumo... e di nuovo aria, polvere e vento.

Pietra e luce mi hanno riportato a voi e agli uomini.

Capirete, capiranno, che sì, non sono morto: nemmeno voi; che, sì, sono qui: sono sempre stato qui,

e vi aspettavo.

Da sempre.


§§§


Il venditore di fiori

Il tulipano è tra i fiori quello che il pavone è
tra gli uccelli. L’uno è senza profumo, l’altro
senza voce; cosicché l’uno si inorgoglisce
della veste, l’altro della coda.
Le Jardin des Fleurs rares et curieuses

Il solo rumore che emetteva padre Eichmann era il fruscìo delle pagine di esile pergamena che sfrigolavano sotto le sue dita sottili, dita di una mano vellutata. Greco latino e aramaico non avevano misteri nella sua mente.

Il francescano staccava gli occhi dalla Bibbia fiorita di miniature gotiche solo per ammirare l’oro del manto di due canarini prigionieri in un’ampia voliera.

I battenti della porta cigolarono: era un giovane arabo, un venditore di fiori che, con le braccia cariche di diversi vasi di tulipani, si scusò per aver interrotto la meditazione di un personaggio tanto sapiente.

— Maestro — gli disse — ecco il tesoro dei tesori, la meraviglie delle meraviglie, un bulbo che non fiorisce che una volta ogni cent’anni nel serraglio dei re d’Olanda!

— Un tulipano! — esclamò il frate gettando sul giovane arabo uno sguardo paralizzante — Un tulipano, il simbolo dell’orgoglio e della lussuria che, nella scellerata Wittemberg, diedero vita alle abominevoli eresie di Lutero e Melantone!

Padre Eichmann era riuscito a soffocare il grido interiore, ma non il tremito dell’adrenalina. Agganciò come poté il fermaglio della Bibbia, sistemò le lenti nella custodia, si asciugò con un candido fazzoletto la schiuma che colava dall’angolo sinistro della bocca e, con un sol gesto, scostò la tenda della finestra.

Il fioraio arabo vide allora, illuminata da una drammatica luce solare, una passiflora con la corona di spine, la spugna, la sferza, i chiodi e le cinque piaghe di Nostro Signore.

Il venditore di simboli eretici s’inchinò rispettoso e, in silenzio, intimorito dallo sguardo inquisitore di un santo appeso alla maestosa parete, richiuse la porta.


§§§


La commedia

Al chiaro di luna,
amico Pierrot,
prestami la penna
per scrivere un po’.
La candela è spenta,
spento il foco mio,
aprimi la porta,
per l’amor di Dio.
Canzone popolare

Appena il regista chiese il silenzio necessario per cominciare, la prima attrice rispose che era “ferocemente preoccupata” per l’andamento delle prove generali, che rifletteva “in un certo senso, lo stato d’inedia in cui versava l’Arte”, quasi che il destino della Commedia Italiana dipendesse da quegli scarsi nove minuti di battute che le toccavano lungo tutto il lavoro.

Ciascuno dei personaggi prese ad assicurarle che, per quanto possibile, avrebbero fatto di tutto per aiutarla a dare il meglio di sé, sebbene con un pubblico numeroso questa operazione potesse risultare lunga, ma non sgradevole...

— Non capite: questo è un pubblico difficile, sono abituati bene: fior di scrittori, di commedie, di film... di registi!

— E di attrici!, aggiunse il regista

— Pensate solo a Woody Allen!, disse lei

— Pensate solo alla Streisand!, rispose lui

— Al diavolo il liutaio che mi ha venduto queste corde per la chitarra! Non si accorderanno mai! — esclamò il giovane musicista dai capelli lunghi, gettando l’incolpevole strumento nella custodia rigida. La corda s’era ormai spezzata.


§§§


L’Alchimista

La nostra arte s’apprende in due maniere,
ovverosia per insegnamento di un maestro,
direttamente dalla sua bocca, e non altrimenti,
o per ispirazione e rivelazione divine;
oppure attraverso i libri molto oscuri ed intricati;
e per trovare in essi concordanza e verità, occorre
essere molto perspicaci, pazienti, studiosi
e continuamente vigili.
Pierre Vicot, La Clef des secrets de filosofie.

Ancora nulla. Sto qui a sfogliare i libri ermetici di Raimondo Lullo da trentanove giorni e quasi quaranta notti, alla luce alterata delle lampade a risparmio di energia!

Nulla, solo il rumore del traffico, le risa sguaiate dei bambini che si divertono ad uccidere lucertole e piccioni, e a turbare le mie meditazioni.

Rabbi Schneerson ha ragione: a volte mi appaiono tremende immagini di me stesso, proprio mentre prego; quando è ora di gioire mi compaiono la morte e i rimorsi invincibili; quando è il momento di aiutare qualcuno decido di pensare solo a me; quando comprendo un concetto elevato una forza irresistibile mi porta lontano dal luogo di studio; quando mi compiaccio in ciò che scrivo una voce mi dice: — sei un fallito!; invece avrei “solo” bisogno di riuscire a rompere le mie catene e cambiare me stesso.

Vorrei appuntarmi queste riflessioni, ma per questo non c’è penna né carta né inchiostro, e dentro di me il dolore soffia la cenere del fornello sulle pagine del mio formulario.

Il male, sempre più lancinante, fischia la stessa aria del diavolo. Nulla, e ancora nulla! Ma non smetterò, e per altri giorni e altre notti, all’inutile luce delle lampade a risparmio, continuerò a sfogliare i libri ermetici di Raimondo Lullo.

E se invece provassi a studiare alla luce di una candela, o di una lanterna? Forse alcune verità hanno bisogno di una luce fioca...


§§§


Essendo la storia

Poets are... the mirrors of the gigantic shadows
which futurity casts upon the present... the
trumpets which sing the battle, and feel not
what they inspire...
P.B. Shelley, Defence of Poetry, 1821

Non fuggo dai momenti drammatici, rifletto sugli eventi che si susseguono per capire le cose che mi circondano.

Cosicché non tremo se, a volte, vedo il presente per quello che è: un tempo di nascita e morte.

Ma non importa, essendo la storia.

Sensazioni sgradevoli, inquietudini e domande, paura e incertezza si affacciano alla mente, eppure lotterò per non lasciarmi strumentalizzare.

Non so cosa credere di fronte a popoli sconvolti, guerre e genocidi, povertà e ingiustizie, eppure quanto progresso e benessere, quante idee, progetti e nuove conquiste, quanta energia.

Le città dell’uomo, costruite su sabbia bianca e nera, scivolano via sopra un miscuglio di bene e male che motiva, crea e uccide ogni sforzo.

Di fronte a tutto questo non c’è risposta politica o religiosa, non c’è ragione: quasi che lo Spirito universale sia nient’altro che un immenso specchio roteante, con sul dorso il buio e davanti la luce, così che ci sembra talvolta smettere di esistere e di rappresentarsi in noi, e talvolta esaltarsi in noi, gioire in noi,

e realizzarsi a Sua immagine e somiglianza.

Ma non importa, essendo la storia fatta da piccoli uomini simili a specchi roteanti, con davanti il buio e sul dorso la luce, cosicché sembrano a volte odiare Dio e distruggere la loro immagine e la loro somiglianza, e altre volte sembrano esaltarsi in Lui, gioire in Lui e ridere,

e realizzarsi a Sua immagine e somiglianza.


§§§


I due ebrei

A Marsiglia due ragazzi ebrei s’erano dati appuntamento al campetto di calcio, per la solita partita.

— Ragazzi, avete qualche spicciolo? — domandò uno sconosciuto al più piccolo dei due — No, mi dispiace, siamo scesi senza perché dovevamo giocare...

— Dovevate! Hai scelto il tempo giusto: e da quando in qua due sporchi ebrei escono di casa senza soldi?

In quel momento una brigata di persone si precipitò nella strada dai portoni del vicinato, e delle grida esplosero contro i vetri come sassi lanciati da una fionda.

Erano a volto semicoperto, e correvano festosamente verso il campetto, sospinti da un vento che portava scintille e un odore di bruciato.

— Sporchi ebrei! Ai forni! Ai forni! Il campetto è nostro: addosso ai giudei! Ammazziamoli!

E le campane incrinate scampanavano lassù, nelle torri della gotica Saint–Eustache: Din don, din don, dormite! din don, din don, din don dan, dormite, ché tanto, prima o poi,

toccherà anche a voi!

*

Non sapete chi c’era sotto quei cappucci? Davvero?


§§§


Stella tra le stelle

L’angelo precipita ma, lontano dal volto di Dio, geme al gelo.

L’aquila scende in picchiata, afferra la sua preda e risale veloce.

Ma tu, stella, cosa vedi da lassù che noi non vediamo da qui?

“Semplicemente, le sembianze della bellezza, dell’armonia,

della pace”.

Solo una stella può davvero cadere, ritagliando un sogno con una scia

di luce e di istanti.

Giù, sulla Terra, ciascuno esprimerà un desiderio, svelando

la propria natura alla presenza di Dio.

Shalom Ilan,

Shalom, stella tra le stelle

§§§


Shekhinàh

Mi diceva, il bell’Alcade: «Fin tanto che
pescherà sulla cascata il salice dai
ramoscelli chiomati, tu sarai, vergine
consolatrice, la mia stella e la mia bussola».
Romanza spagnola, XVII sec.

Per seguirti, mio popolo, mi esiliai dalla terra dei profumi: in essa piangevano la mia assenza le mie compagne superne, le mie colombe sulle foglie di palma.

Mio padre mi tese la mano dal giaciglio di morte: la mano ricadde di ghiaccio, e non mi fermai sulla soglia per piangerla, una volta morta.

E non ho pianto neppure, mio popolo, la sera quando, sola con te nella barca scivolante al largo, nelle lande desertiche, nelle pianure d’oltreoceano o al freddo del nord, sentivo le brezze della mia terra, gonfie d’effluvi, traversare il mondo per venirmi incontro.

E nei rapimenti degli shtetl dicevi allora, mio popolo, che ero più ammaliante della luna, sultana del serraglio dalle mille luci d’argento.

Mi amavi, mio popolo, io n’ero fiera e felice. Ora siamo di nuovo a casa; vedrai, sono sicura, prima o poi si prosciugherà anche questa amara fonte di lacrime.

- "Shekhinàh è la presenza immanemte di Dio in questo mondo. E' la divinità che noi possiamo sperimentare quando siamo affascinati dalle bellezze della natura, nell'incontro, denso di significato, con un altro essere umano, o da soli nei momenti di tranquillità, ogniqualvolta apriamo il nostro cuore" A. Green, Queste sono le parole, Firenze 2002.


§§§


Un sogno

Questo ho sognato e anche di
più, ma non ci capisco nulla.
Rabelais, Pantagruel, l. III

Mi trovavo in un deserto, non sapevo come ci ero arrivato, quando, né se vi fossero motivi precisi per essere lì.

D’un tratto tutto si fece buio, non c’era nulla a cui potevo fare riferimento per mantenere un minimo di equilibrio e fui terrorizzato da questo, perché mi sembrava di essere diventato cieco.

Poi vidi un minuscolo puntino luminoso che man mano si espandeva fino a diventare assolutamente abbagliante, e di nuovo pensai che stavo per perdere la vista.

Quando la luce diminuì, riportando il paesaggio ad una condizione di normalità, vidi da ogni granello di sabbia sorgere un’anima, e poi un’altra, e un’altra ancora, e ancora... il popolo di Abramo, di Isacco e di Giacobbe si sollevava dalla polvere, tutto insieme, da ogni tempo e da ogni parte.

Veniva dal presente, dal passato e dal futuro; veniva dai quattro angoli del mondo, parlava tutte le lingue e tutt’insieme formava il Tempio e il Messia. L’intero popolo era, al tempo stesso, il Terzo Ultimo Tempio e il Messia, quel Messia che da millenni attendeva e che, in fondo, era sempre stato con lui.

Poi fu la pace. Immaginai che a quel punto le montagne d’odio avrebbero preso a spianarsi, i burroni a riempirsi e che il deserto sarebbe fiorito, e poi la storia del leone e dell’agnello... e un senso di pace mi pervase per quella notte e per diversi giorni ancora, dopo il risveglio.

*

Quella volta preferii non guardare il mio consueto telegiornale del mattino, per non rischiare di rovinare tutto.



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