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 Un diario per non dimenticare - conclusione -
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saphir
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Inserito - mag 17 2002 :  02:07:24  Mostra Profilo  Visita la Homepage di saphir  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a saphir
La storia più difficile.
La storia che più profondamente mi ha colpita, quella che, forse, ha chiuso il cerchio delle cose che ho imparato.
Un uomo intelligente, di circa sessant'anni, operato per un tumore alla laringe...non può parlare.
Conosce la sua malattia e il suo decorso.
Mi chiamano verso le 22...mentre passo davanti alla guardiola prendo automaticamente la sua cartella e comincio a leggere.
La sua non è una stanza come quella di F..e di Maurizio, è una stanza con otto letti...non c'è nessuna privacy.
Lui è Luigi.
Mi fa capire di passargli il blocco e la penna che sono sul suo comodino e comincia a scrivere.
Gli altri pazienti sonnecchiano...la sua scrittura è minuta, ordinata e stranamente familiare.
Scrive che un anno prima ha rifiutato l'intervento, pur avendo un cugino medico che gli aveva spiegato di cosa si trattasse e delle conseguenze del suo rifiuto.
Poi, venti giorni prima di quella notte, il ricovero d'urgenza...non poteva respirare...e l'intervento.
"Ora", mi scrive, "mi serve il suo aiuto...dovrebbe andare al mio armadietto, prendere la mia valigetta e portarmela. Poi dovrebbe lasciarmi un momento da solo e quando la chiamerò dovrebbe aiutarmi ad alzarmi e condurmi in un posto tranquillo, appartato".
La sua richiesta mi fa scattare un campanello di allarme, ma con tranquillità gli domando a che gli serve la valigia e perchè devo lasciarlo solo.
Faccio un cenno all'infermiere facendogli capire di non aver bisogno di lui e, mentre si allontana, gli chiedo di spegnere la luce e di lasciare accese solo quelle notturne. Sto, così, cercando di creare una piccola illusione di privacy e voglio evitare che qualche altro paziente si possa svegliare ed interrompere quel momento di confidenza che sento pressante in lui.
Accosto una sedia al suo letto, così posso leggere alla luce della mia pila mentre lui scrive...in questo modo gli sono più vicina e posso parlargli a voce bassa senza che nessun altro possa udire le mie parole.
Lui scrive...io parlo.
Ci diamo del lei dall'inizio alla fine, ma non cambia il nostro rapporto.
All'inizio lui tergiversa, dice che vuole solo stare un po' da solo, che deve pensare.
Sembra tranquillo, ma so che c'è dell'altro.
Perchè anime simili riconoscono la somiglianza?
Forse perchè hanno percorso le stesse strade?
O perchè hanno attraversato le stesse correnti impetuose?
Oppure si tratta solo di sensibilità o di esperienza?
Le pagine si riempiono di quella scrittura che, ora ricordo, assomiglia a quella di mio padre..ingegneri entrambi.
Si riempiono di cose che però non spiegano la sua richiesta: la sua solitudine, i figli grandi e lontani, la moglie separata, il suo buttarsi nel lavoro...la sua vita sregolata dopo aver perso ad uno ad uno i suoi cari.
Il rifiuto all'intervento è stato un rifiuto alla vita, lo so...lo sento. Ma lui non lo scrive.
La sua richiesta viene sottolineata più volte...a tratti diventa una preghiera.
"Mi dica il perchè", insisto.
E' trascorsa più di mezz'ora...poi lo scrive.
"C'è una pistola dentro la valigia...ho dovuto aspettare di essere abbastanza in forze...di trovare il coraggio, ma qui non posso farlo, non davanti a loro...non è giusto. Per favore..lei deve solo portarmi la valigia e farmi arrivare a un angolo tranquillo".
Non riesce ad alzarsi da solo...
Perchè ha scelto quella notte?
Perchè non un'altra, prima o dopo?
Perchè io?
Sono domande che mi faccio ancora.
Non so neppure se ho fatto bene quella notte a non lasciarlo andare.
Oggi si parla molto di eutanasia e di scelta cosciente...del diritto del malato a chiedere di aiutarlo a morire, e sotto certi aspetti non posso dire di essere contraria, anche se ogni caso è a se stante e dovrebbe essere valutato singolarmente per evitare abusi da una parte o dall'altra...ma valutato da chi? Con quali criteri?
Questo è il problema.
Quella fu la prima volta che mi venne posto quel quesito anche se in forma totalmente diversa da quella di cui si discute...ma non fu l'ultima.
Leggere quelle righe mi turbò molto...avevo immaginato qualcosa del genere, ma vederlo scritto è molto diverso.
Mi erano già capitati casi di tentati suicidi, ma parlare è più semplice...c'è una partecipazione immediata da ambo le parti...un "botta e risposta"...puoi valutare le emozioni dal tono della voce, puoi correggere le tue parole e spiegare i tuoi pensieri man mano che li esponi.
Questa situazione era molto più difficile...uno scrive e l'altro parla.
E' come guardare dentro se stessi e parlare col proprio io...fa sempre molto male.
Così su due piedi non sapevo non tanto cosa rispondergli, ma come farlo.
Come fargli accettare di desistere dal suo proposito in modo che non si sentisse respinto, ma capisse, invece, che, pur comprendendolo, la sua azione non era giusta?
Che non solo non era giusta per me, ma nemmeno per lui?
Se non ci riuscivo sapevo che ci avrebbe riprovato..con qualcun'altro o da solo, forse.
Credo che, pur nella tenue luce notturna, lui abbia letto sul mio viso che stavo cercando di ordinare i miei pensieri, che stavo cercando le parole..non parole di circostanza o un moralismo spicciolo, ma qualcosa di diverso.
E aspettò paziente.
Cominciai parlare...sottovoce perchè avesse la sensazione di essere solo con me.
Parole difficili.
Quasi ad ogni frase mi fermava e scriveva le sue obiezioni..molto determinato.
Era intelligente, abituato a dirigere..furbo perchè cercava di far
leva sulla compassione ponendola in primo piano.
Continuai a parlargli partendo dalla "mia" etica, e non da quella
che potrebbe essere considerata uno standard della medicina, che non avrebbe accettato.
Da qualcosa di personale...qualcosa che potesse essere mio e suo.. che avrebbe capito e sentito come parte di se stesso se fosse riuscito a vedere al di là della solitudine e dell'amarezza.
Non mi interruppe..avevo la sua attenzione ora.
Purtroppo quella fu una brutta nottata, ma ad ogni chiamata gli dicevo che sarei tornata.
Le prime volte, quando tornavo, trovavo pagine scritte fittamente, molte obiezioni, ma col prosieguo del discorso ogni volta che tornavo c'erano sempre più domande che obiezioni.
Tutte erano molto difficili..alcune erano del tipo: "a chi serve la mia sofferenza?"...altre più personali che riguardavano me, la mia vita, il mio modo di pensare, la mia visione delle cose...perchè pensavo così..quale strada avevo percorso per arrivare a quel modo di essere. Era diventato un dialogo.
La sua amarezza era sempre presente...lacerato fra il dolore dei figli lontani che, secondo lui, gli erano stati allontanati dalla madre dopo la loro separazione e la sua disperazione per trovarsi solo in una circostanza così difficile.
Fu una notte dura per entrambi.
Per me che dovetti mettermi a nudo per una persona che non avevo mai visto e che per la prima volta dovevo veramente guardare dentro me stessa e rivivere per lui cose sepolte, nascoste, negate e dovevo farlo da sola, senza l'aiuto di nessuno...senza possibilità di barare.
Per lui che sapeva che non avrei ceduto alle sue "lusinghe".
All'alba il blocco era quasi pieno...io distrutta, ma lui aveva accettato la mia proposta di telefonare ai suoi figli, pur vietandomi di dire loro le sue condizioni.
Una cosa che gli avevo detto lo aveva spiazzato.
Il nostro dovere di consentire ai nostri cari di scegliere se starci vicino fino alla fine di una terribile malattia come quella e di poterci dimostrare il loro amore...oppure no. E di accettare la loro scelta, specie se fosse stata quella più difficile per noi: quella di restare e soffrire.
Al termine della guardia chiamai entrambi i suoi figli e dissi solo che il padre era ricoverato. Entrambi mi dissero che sarebbero arrivati il giorno successivo.
Li vidi insieme il giorno in cui arrivarono e i successivi...poi un giorno non trovai più nessuno.

Cosa mi ha insegnato Luigi?
A non aver paura di guardare in fondo all'anima, nemmeno se si tratta della mia.
Ad accettare il fatto di poterci trovare degli aspetti che fanno male o che non mi piacciono..e cercare di superarli anche da sola, se necessario.
A essere onesta e sincera. Ad esserlo sempre nei momenti difficili, con tutti e per tutti.
Ma la cosa più grande che mi ha donato è quel decalogo sulla felicità che prendeva forma col passare delle ore, mentre entrambi ci scomponevamo per poi ricomporci, l'uno con l'aiuto dell'altro.
Insieme, rivivendo e rivoltando la nostra vita ciascuno dei due vedeva per l'altro ciò che era passato inosservato, ciò che era stato offuscato da avvenimenti spiacevoli, dal rancore, dalla rabbia o dall'amarezza. Era come comporre insieme un puzzle..lì c'erano tutte le tessere e ciascuno di noi ne sceglieva una e la collocava al posto giusto.
Con lui ho imparato il significato della parola felicità...come scoprirla, come viverla, come conservarla.
Mi ha insegnato a vivere di attimi e considerarli tutti importanti.
A volte perdo l'obiettivo...ma poi mi riprendo sempre.
Io ho trascorso solo quella notte con lui...lui mi è al fianco in tutti i momenti difficili.
Quando mi perdo d'animo se riesco a lasciare andare la mente libera,
lo sento...vedo quelle pagine...e ritrovo me stessa.

Spero che lei, Luigi, mi abbia perdonata per quella notte faticosa e difficile, che abbia capito che lungo quella strada che si è accinto a percorrere c'ero anch'io e sono certa che ha potuto godere dell'amore dei suoi figli e viverlo intensamente, così come ha insegnato a me.

Beppe
Amministratore


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Inserito - mag 17 2002 :  23:42:51  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Beppe  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a Beppe
Non sapevo se scriverlo... dopo avertelo detto in mail, scriverlo qui era superfluo.. ma non c'e' vergogna nelle lacrime, quelle che il tuo racconto, luigi e le tue parole mi avete fatto nascere sono umide traccie di quel qualcosa di umano che troppo spesso mi nego di avere.
grazie veramente,
Le tue parole qui, per me, valgono tutto concerto di sogni.
beppe

Beppe AndrianòVai a Inizio Pagina

Kattyblue
Cittadino



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Inserito - mag 18 2002 :  09:10:06  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Kattyblue  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a Kattyblue
Carissima Saphir
condivido perfettamente ogni frase di Beppe.

alle tue parole : "non aver paura di guardare in fondo all'anima, nemmeno se si tratta della mia...."

posso solo aggiungere che è un percorso molto difficile, a volte troppo "caro" ma assolutamente necessario. Ci vuole coraggio, molto, a tirar fuori quello che a volte "non vogliamo" vedere in noi stessi.
La casualità a volte ci porta a conoscere persone in grado di metterci in discussione e come nel caso del Sig. Luigi a cambiare l'ottica della nostra esistenza.
Per me, il "giro di boa" è avvenuto tramite Maurizia, un'amica della mia età che si è uccisa in modo orrendo. Credo di non aver avuto a quel tempo la capacità "di vedere la sua anima" e cogliere il profondo dolore che teneva celato quasi possessivamente. Anche oggi a distanza di 10 anni ci penso spesso e mi assale sempre un sottile rancore per la mia vacuità.
Però da allora ho ridotto notevolmente i miei spazi cercando di entrare io nello spazio altrui, o di guardare in fondo all'anima dell'altro, proprio come dici tu.

Kattyblue

"vivi sempre come se fosse l'ultimo giorno"Vai a Inizio Pagina

pollyanna
Viaggiatore


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Inserito - lug 18 2002 :  02:01:48  Mostra Profilo  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a pollyanna
Cara Saphir, ho finito di leggere i tuoi diari, e questo in particolare, mi ha fatto molto male, perchè ha rissollevato in me la sofferenza per la morte di mia sorella,l'anno scorso,per lo stesso tumore.
Ma sofferenza, nn tanto per la sua morte, che tutti ci auguravamo alla fine,perchè ci era impossibile vederla soffrire ancora, ma perchè ho capito dopo, che nel mio egoismo nn le sono stata abbastanza vicina,l'ho lasciata andare senza prometterle di esaudire un desiderio che lei mi aveva espressamente fatto, e cosa ancora più grave è morta senza nessuno di noi vicino.
Tu hai il potere Saphir, di mettermi a nudo di fronte a me stessa,e in questo momento delicato e di transizione, spero che possa aiutarmi a scegliere meglio.
Grazie
Grazia

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