e ti accorgi di quanto può essere bello quando le bocche si lasciano, mitigando il distacco con le ultime e indecise involuzioni... quasi un saluto alla grotta o alla gola, un ultimo sguardo al luogo del desiderio e dell' acqua.
Acqua ascoltata nel fluido incontro con le pareti, il tagliente incontro con i denti, appena percepibili al passaggio e subito assenti, appena adatti a sostenere il limite delle bocche, in contatto quasi di dolore quando si attardano a cercarsi le ansie di scoperta.
Nel rimescolarsi degli ingressi dell' aria, si spengono le parole e le necessità, si accordano i ritmi a percepire ogni superficie, scivolano i dettagli e le increspature come solchi di vinile sotto una puntina di cristallo. E il movimento si attarda circolare, si impiglia nei fondali e nei gorghi, si fa sussurro e modulazione, si accende quando improvviso manca ogni respiro e ti accorgi che l' aria non è indispensabile.
Te lo senti salire in ogni definito contatto, lì dalle mani che insistono sull'insenature ampie o indefinite, dalla curva ambiziosa appena tesa sull'abisso che scompare.
E ti sembra un paesaggio nell' ombra quel sorriso che ti si accende addosso quando recuperi le distanze e rimani appeso ai contorni delle mani per mantenere in vita ancora le sensazioni.
Ed è con l' ultima cellula che sa ascoltare che allora scorri sulla pelle sentieri improvvisi e sconosciuti, ti incanti a