Le mele mi sono sempre piaciute: specialmente quelle di fine estate che si raccolgono quando sono ancora verdi; il loro profumo dolce è inconfondibile e satura tutta stanza dove vengono conservate per l'inverno.
Il momento migliore per gustarle, secondo me, è durante la lettura di un romanzo avvincente o mentre si guarda la televisione. Da piccola, verso i 6 - 7 anni, la televisione non l'avevo, ma avevo un fratello piu' grande che, preso dalla passione per la pittura, mi faceva "posare" - affettuoso ed eufemistico giro di parole per il suo brusco "siediti qua, e stai ferma!".
In quegli anni il termine modella non aveva ancora assunto il valore aggiunto di bella ragazza e soprattutto era un'attività scarsamente gratificante, considerati i risultati delle sedute.
I volontari di quelle "pose" - la conclusione è intuibile - scarseggiavano e, pertanto, quando acconsentivo a restare seduta per un po', mio fratello era molto felice.
In verità, a quell'epoca, magra e ossuta com'ero, sarei stata un buon soggetto per Bosch e il suo giudizio universale invece che per studi sulla plasticità del gesto; ma ero la sola disponibile per la bisogna e, mio fratello, l'artista, pensando ai difficili esordi di pittori famosi, si rassegnava volentieri a tratteggiare col carboncino quel quarto di pollo che ero io.
Lo studio tecnico della luce implicava che mi dovessi sedere anche in pieno sole.
La cosa poteva risultare gradevole in aprile o maggio, quando il grigio dell'inverno si barattava facilmente con la luce della primavera; non così in luglio, quando anche il fresco di un cortile sembrava una benedizione del Cielo.
Dopo queste sedute en plein air - perchè l'Arte (che si sappia in giro), ha avuto anche i suoi martiri - ero praticamente cotta, rossa come un gambero lesso.
Sorvolo sulle conseguenze che tali accadimenti provocavano a quell'artista di mio fratello, al quale le punizioni servivano solo a confermare la grandezza dell'Arte, mai disgiunta dal dolore ...(a quel tempo, per lui, essenzialmente fisico).
Ma non divaghiamo.
Mi faceva sedere e, per farmi stare ferma, mi riforniva di mele che mangiavo con consapevole precisione e manifesto piacere.
Il primo morso, sulla parte di buccia piu' chiara, era dedicato allo studio del segno lasciato dai miei incisivi.
Guardavo quei piccoli segni e pensavo a Biancaneve... primo morso... ecco la principessa nella casetta dei sette nani...secondo morso.....eccola che apre la porta e vede la perfida strega...terzo morso.... ecco che assaggia la mela ......... Che buona! Mi piaceva il rumore di quella scrocchiante delizia zuccherina e mi stupivo a vedere la polpa bianca diventare piano piano scura.
Continuavo a mangiarla con determinazione, un morso dopo l'altro, dall'alto verso il basso, fino ad avere una specie di rocchetto. La mia abilità era tutta nel non arrivare ai semi del torsolo che mi davano fastidio perchè erano amarognoli.
"Fermati, rimettiti come prima" si disperava mio fratello al quale le mele servivano si per inchiodarmi alla sedia, purtroppo però mai abbastanza a lungo per terminare i suoi schizzi.
E giu' allora blandizie o rimbrotti, a seconda dello stato di avanzamento del lavoro e del numero delle mele restanti.
Questi pomeriggi terminavano puntualmente come in una comica di Ridolini, quando, con infantile crudeltà mentale, alla fine delle mele contrattate, chiamavo la mamma " perchè Pippo non vuole farmi alzare e io devo andare a fare pipì".
Non ero cattiva, credetemi, e la pittura l'ho sempre amata.
Le mele - e l'ho scoperto molti anni dopo - hanno da sempre stimolato la diuresi.
ophelja