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Liù
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Inserito - 28/12/2004 :  15:13:45  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a Liù
IL “BABY” CHE INCASTRO’ BIN LADER

Siamo nell’11 di settembre del 2011. Esattamente dieci anni dall’attentato terroristico alle Twin Towers.
L’avvocato Allan telefonò alla compagnia aerea American Airlines per confermare la prenotazione del suo volo.
Cancellati i voli Boston-Los Angeles per quel giorno. E’ la risposta che ottiene.
Allan è disperato. Bisogna arrivare a casa in tempo per accompagnare la moglie Catherine in ospedale.
Chiede di trasferire la prenotazione alla United per un’ora dopo, volo Boston-Los Angeles.

Sono passati dieci anni dall’attentato alle Torre gemelle, ma esisteva ancora nel cuore di ogni americano, e non solo, la sindrome di Bin Laden.
Per scaramanzia o precauzione, Allan andava munito di un kit anti-effetto “The day after. Lui credeva che la prossima mossa di Bin Laden, non sarebbe stato altro che un attacco chimico o biologico. Oggi, anniversario di quella terribile tragedia, poteva essere una data favorevole a un nuovo attacco terroristico.
Aveva cose importanti da fare quel giorno e non entrava nei suoi programmi volare proprio in quella data ma, da qualche ora, ha ricevuto una telefonata dalla suocera per informarlo che Catherina aveva cominciato ad avere le doglie. I medici stavano cercando di controllare le contrazioni per spostare di qualche giorno il travaglio, ma non n’erano sicuri. Allan ci teneva molto ad essere presente alla nascita del suo primogenito.
Aveva già comprato la telecamera digitale per registrare tutto e regalarla al figlio nel suo 15° compleanno.
“Cavolo, nascere proprio l’11 settembre, è la più grande scalogna che si poteva capitare”, eppure, il bambino ha voluto anticipare di tre settimane la sua nascita, maledizione!
Arrivò all’aeroporto e subito cominciò a dare la caccia ai presunti talibani. Cercava ovunque i segni di oggetti sospetti, tracce di bombe, ha scandagliato ogni angolo, sotto le panchine e nei bagni.
Doveva capitare proprio a lui, avere un figlio nato l’11 settembre. Era un pessimo auguro.
A bordo dell’aereo si vedeva più agenti federali e uomini della Cia che passeggeri. Lui si sentiva più al sicuro. Ma era conscio di che se lì ci fosse uno di quei matti di Bin Laden, nessuno poteva far nulla per impedirlo di commettere un’azione terroristica.
Si siede vicino a un ragazzo con la carnagione un po’ scura. Magari erano le lenti dei suoi occhiali? Mah! Nel dubbio, cambiò posto, tenendo sempre d’occhio quel tizio. Non si sapeva mai.
L’aereo decollò senza problemi. Gli agenti federali fecero un lungo controllo sotto i sedili dei passeggeri, nei bagagliai e nei bagni.
L’avvocato Allan non riusciva a contenersi. Li insegue. Potrebbe essere utile per individuare qualche negligenza o sottovalutazione.
Gli agenti cominciano, a sospettare proprio di lui. Allan continua la sua perquisizione indipendente senza accorgersene di essere stato messo sotto controllo. Riteneva doveroso prendere la via della premura.
Dopo un po’, si accorge che c’è qualcosa che non va. Sembra che quegli agenti stiano alle sue calcagna. Cerca di non creare panico interiore, per non confermare un sospetto infondato.
Scende dell’aereo e fa un giro dentro dell’aeroporto per depistarli. Ha la sensazione che qualcuno, lo segua. Di sicuro non sono gli agenti della Cia. Magari sono loro, i seguaci di Bin Laden come aveva temuto.
Esce. Fa freddo ed è già buio. Fa segno ad un tassista dell’altra parte della strada.
Mentre attraversa, una macchina lo desta con grande velocità, facendolo girare di scatto. Senza tempo per prendere fiato, un’altra avanza, a fari spenti, verso di lui. L’istinto di conservazione gli da uno scossone e lui comincia a correre nella speranza di cavarsela, senza capire bene la gravità del guaio in cui si era cacciato. Se si fermasse per ragionare nel cosa fare per ripararsi, correva il rischio di essere travolto. Corre lungo la strada senza pensarci troppo.
Sente il rombo del motore sempre più vicino e ha la netta sensazione di che la popolazione si fosse volatilizzata e sembra di essere solo in quel pianeta, con una macchina assassina alle calcagna.
Pochi secondi dopo, un cozzone lo fa volare in aria, una decina di metri più avanti. Rimane stordito, non riesce capire cosa diavolo vogliono da lui. Ma non ha molto tempo di pensare che il mostro d’acciaio si sta avvicinando ancora. Gli manca il fiato, però capisce che deve reagire in fretta prima che quelle ruote, quasi vicino al suo naso, gli riversino il colpo di grazia e finisca lì, la speranza di vedere arrivare al mondo il suo auspicato bambino.
Con un colpo si sposta di qualche centimetri, appena in tempo di evitare miracolosamente il colpo fatale. Mentre si girava vide dei nomi scritti sotto la targa: NEDAL NIBA MASO. Quei tre nomi rimasero nella sua mente come un’impronta. Che cosa vuol dire quelle parole!

Quasi non riesce a sentire le gambe ma il pensiero di vedere arrivare al mondo la cosa più cara, gli dà la forza per trascinarsi verso quel taxi fermo. Quando ci arriva trova il tassista mezzo addormentato e gli chiede di portarlo subito all’ospedale. Nota la testa fasciata e la barba trascurata, sembra ubriaco, oppure era un barbone che ha cercato rifugio in quella macchina abbandonata. Doveva ragionare velocemente, prima che i pazzi di Bin Laden li raggiungessero. Sentiva mancare le forze, stava quasi per svenire.
L’istinto e l’adrenalina ebbero il sopravvento. Non sarebbe facile liberarsi da quel barbone. Raggiunse tutte le forze che restavano, strinse le mani sopra la testa, e con il gomito gli ha riversato un forte colpo dietro il collo. Il barbone stramazzò sul sedile destro.
Allan si trascinò a fatica e prese la guida del taxi. Non sapeva dove andare. Perdeva molto sangue e aveva bisogno di soccorso. L’ospedale più vicino era distante più di quattro chilometri, pensava di non farcela. Udì la sirena della vettura della polizia dietro a lui. Pensò che la cosa più saggia sarebbe stato chiedere aiuto ai poliziotti. Rischiava di essere sbattuto in galera per un equivoco dagli agenti federali, ma era, in ogni modo, meglio di essere catturato dai seguaci di Bin Laden.
Si fermò. Quelli nomi martellava ancora nella sua testa: “NEDAL NIBA MASO… NEDAL NIBA MASss…. La sua vista si oscurò, poi non vide più niente.
Si svegliò nel letto d’ospedale con le gambe ingessate e tre costole rotte.
Ma la più grande sorpresa quando aprì gli occhi fu di trovare gli agenti federali che perquisivano l’aereo, proprio lì davanti a lui. “Mi hanno beccato”, pensò amareggiato. Svanì la speranza di vedere arrivare il suo caro figlioletto.
Stava per dirgli che c’era un frainteso, che lui era uno per bene, un avvocato rispettabile, che non era un militante della jihad, anzi, i seguaci di Bin Laden volevano pure la sua testa, chi sa per quale ragione. Era un innocente perseguitato dalle due forze contrarie, (roba da pazzi). E pensare che il suo unico reato fu di mollare la responsabilità del lavoro per stare insieme alla moglie in quel momento di magia, quando un essere si affaccia alla luce del mondo… piccola immensa presunzione di ogni padre!
“NEDAL NIBA MASO!”
Prima che aprisse la bocca, gli agenti si avvicinarono sorridendo e li consegnarono l’assegno di 25 milioni di dollari, la taglia per la cattura di Bin Laden, il nemico numero uno del pianeta.
“Cosa diavolo sta succedendo?” esclamò senza capire un bel niente.
Poi, seppe che quel barbone tassista non era, niente meno, che il famigerato Bin Laden in carne e ossa, e lui, inconsapevolmente, lo consegnò nelle mani della Cia.

E’ arrivato nella sala parto in una sedia a rotelle, con la videocamera digitale in una mano e nell’altra un cartello con la scritta NEDAL NIBA MASO, quello sarebbe il nome che darebbe al suo figlioletto, perché non riusciva toglierlo della mente. Fu l’angelo custodi del suo bambino che l’ha inculcato nella mente, non poteva essere altro.

Lo specchio enorme della sala parto gli dava un’ampia visione per registrare la nascita del suo primogenito. Vicino a lui il cartello con la scritta: NEDAL NIBA MASO. Cominciava a trovare simpatico quel nomignolo e, prima di tutto, era il nome del figlio di un eroe, l’uomo che un giorno, per ironia del destino, entrò a far parte della storia, non solo degli Stati Uniti ma di tutto il mondo.

Due settimane dopo, guardando il filmato, Allan ebbe un colpo. Il nome donato dall’angelo custodi del suo bimbo era sparito e al suo posto c’era una blasfema. Chi è stato l’artefice di quel cattivo scherzo? Qualcuno deve aver messo quel nome lì per una presa in giro di pessimo gusto. Al posto di NEDAL NIBA MASO si leggeva: OSAMA BIN LADER??? Oh, santo cielo!!!! Allora era quello! Da sotto la macchina di quei pazzi lui è riuscito a leggere il nome di Osama Bin Lader al rovescio.

Ora, ha aperto un’azione giudiziaria per far cambiare il nome di suo figlio anche se per questo dovesse costargli 25 milioni di dollari.


Liù Sant

   
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