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 PRIGIONIERI DEL SILENZIO
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fulvio
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Inserito - 04/01/2005 :  11:21:26  Mostra Profilo  Visita la Homepage di fulvio  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a fulvio

Segnalo agli appassionati di storia e di storie umane l’ultimo libro di Giampaolo Pansa , Prigionieri del silenzio, Sperling e Kupfer editore.
E’ la storia di Andrea Scano, militante comunista che partecipa prima alla guerra di Spagna, in seguito alla Resistenza; un giorno emigra nella Jugoslavia di Tito, emigra forzatamente per sfuggire all’arresto per detenzione illegale di armi. In Jugoslavia dopo la rottura tra Stalin e Tito viene schedato dalla polizia politica titina, la famigerata UDBA, come cominformista e quindi prima controllato, poi arrestato, “processato” (si fa per dire…) e imprigionato nel gulag di Goli Otok. Una volta sopravvissuto alle terribili violenze fisiche e psicologiche del gulag rientra in Italia, dove dapprima non sarà riammesso nel PCI (ormai pacificatosi con Tito vista la pace tra questi e Kruscev) e poi sarà obbligato in nome della fedeltà alla causa al silenzio sulla sua prigionia; silenzio rotto soltanto in punto di morte con la nipote.
Il libro merita di essere letto (non spaventatevi per la mole; lo stile è piacevole e scorrevole, la vicenda coinvolgente) e mi ha colpito per la generosità del personaggio, le sue passioni, la sua voglia di vivere, la sua forza costante di credere (pur riposta in ideali che non condivido, ma non è un libro di politica, è una storia umana; se questa forza di credere in un’ideale politico ce l’avessero le liste del triciclo il partito riformista sarebbe già bell’e pronto…è una scherzosa autocritica) e in questa voglia di vivere e credere affermarsi come uomo e resistere all’ingranaggio, l’ingranaggio della tortura, dei carnefici, perfino del suo stesso partito in cui credette fermamente, nonostante tutti i divieti e le sofferenze a lui imposti. Questa fedeltà a tutti i costi mi risulta difficile da capire poiché alla fine costituisce una sorta di alienazione, una prigionia del silenzio, appunto. Eppure dalla lettura di questo libro ho maturato un profondo rispetto (una sorta di manschkaimt…spero di scrivere bene e di usare nella giusta accezione questo termine, in caso contrario auspico le correzioni di Roberto) per il protagonista.
Dal punto di vista storico il libro è interessante anche perché ricostruisce le vicende di altri italiani deportati nei gulag e prigioni titine nel secondo dopoguerra; la vicenda di Andrea Scano non è affatto isolata; interessante è anche la ricostruzione dei rapporti triangolari tra P.C.I., U.R.S.S., Repubblica popolare Jugoslava.

Molto bella, infine, la poesia di Scano riportata nella prefazione. Ne riporto un estratto.

E’ giunta l’ora che non avrei voluto mai
di raccontarti una storia che non sai
C’è un’isola deserta in mezzo al mare.
Io ne conosco il nome
ma non ti dirò quale.
C’è un’isola
che ricorderò in eterno.
E’ l’isola del male.
E la chiamerò inferno.
In fila indiana ci hanno accompagnati
con pugni e calci ci hanno massacrati.
Alzammo gli occhi per guardare i nemici.
Sbigottiti, scoprimmo che erano nostri amici.
Due file eran di uomini.
In mezzo dovevamo passare.
Gli ordini dicevano: li dovete massacrare.
Molti di lor fingevano
troppi di lor godevano.
E non distingui più gli amici dai nemici.
Non si distingue più l’odio dall’amore.
Non bruciano il tuo corpo, ma il tuo onore.
Non è il tuo corpo a esser bruciato.
A vivere esso è condannato.
Non conosco le parole
per descrivere a Te
la vita su quell’isola che non sai dov’è.
(…)
Questo per dire a Te
che Tu non puoi e non devi
stancarti della vita
a cui tanto tenevi.


Fulvio

   
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