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Davide Di Luca
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Inserito - 23/01/2005 :  09:49:34  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a Davide Di Luca
Vado spesso nel bar sottocasa, specie da quando è cambiata la gestione e l'hanno risistemato un po'. A mio parere, e mia moglie si è sempre detta d'accordo con me, c'è modo e modo di condurre i propri affari. Il proprietario precedente pareva che stesse lì per perder tempo. Invece di vendere il più possibile, si metteva a chiaccherare del più e del meno con i clienti. Ai tavolini stazionavano in permanenza dei vecchietti che giocavano a carte tutto il giorno e fumavano come dei turchi. magari in cambio di un caffè, semplice, macchiato o corretto che fosse.

Il nuovo proprietario, lui invece sì che ci sapeva fare. Prima di tutto, non aveva messo nessuna sedia. C'erano solamente dei tavolinetti ad altezza d'uomo dove non si poteva fare altro che consumare la propria colazione o il proprio spuntino il più in fretta possibile. Certo qualcuno potrà obiettare che in questo modo si perdeva la funzione sociale del bar. Ma comunque, rispondo io, oggigiorno non c'è davvero il tempo di star a socializzare, e quindi va benissimo così.

Nonostante ciò, quel giorno avevo non so perchè un po' più di tempo a disposizione, e mi ritrovai a parlare con un tipo che all'apparenza toccava la quarantina a malapena. Eravamo capitati l'uno di fronte all'altro, ciascuno con il proprio caffè, ed era iniziata una conversazione sulle solite cose, il tempo il calcio le donne, e infine, il lavoro.

"E tu che cosa fai?" gli chiesi.

"Io... io... bè, al momento non sto facendo nulla."

"Ah, e come mai?"

"E' una lunga storia."

Come ho detto, in genere non ho molto tempo di ascoltare "lunghe storie." Ma quel giorno ce l'avevo.

"Raccontamela."

"Devi sapere - disse allora lui - che io sono un sopravvissuto. E pure sopravvissuto per sbaglio. Ero partito per una vacanza, per riposarmi dal lavoro. Faccio, o meglio facevo il manager di alto livello in una grande azienda. Avevo perfino la pianta di figus in ufficio, non scherzo. Mancava la segretaria in topless, poi ero a posto. Però sai com'è, ogni tanto si sente l'esigenza di cambiare aria, allentare un po' la morsa. Così mi ero preso un mese di riposo, in un posto che è... voglio dire era un vero paradiso. Lì ero lontano da tutto e da tutti, e sentivo che stavo letteralmente rifiorendo. Non è nella mia natura essere pigro, e quindi avevo delle giornate piuttosto intense. tra un'immersione e una corsa sulla spiaggia. Ma capisci bene che un conto è decidere di far qualcosa, e ben altro è quando si seguono le imposizioni di una timetable creata da qualcun'altro. Ero veramente felice, almeno fino al momento in cui tutto accadde. Ero al bar che mi bevevo un succo di frutta macchiato col latte, quando la terra cominciò a ballarmi sotto i piedi. Era un po' come avere la labirintite, non si riusciva a stare in piedi. All'inizio, ti dico la verità, non mi sono spaventato più di tanto, perchè ai terremoti ci sono abituato. Ma poi la scossa diventava sempre più intensa, e dalle pareti dell'albergo cominciavano a cadere grossi calcinacci.

Penso sia inutile descriverti il panico che si scatenò in tutta l'isola. Ma ancora non avevamo visto tutto. Dopo un po' - non saprei dirti quanto, la percezione del tempo era completamente distorta - arrivò anche l'Onda. Improvvisa, altissima. Improvvisa, altissima, mi sorprese mentre ero al settimo piano dell'hotel. Mi raggiunse anche lì, buttò giù la porta. Hai mai provato ad essere in mani altrui, senza poter minimamente decidere del tuo destino?

E non era solo questo. Rivedevo tutta la mia vita. Tutta in un botto, capisci? Di solito la vedi un momento alla volta, e non ti rendi conto di quali schemi ci siano dietro. Stavolta invece ci riuscivo. E pensavo a quant'era buffo accorgersene solo ora che, secondo tutte le apparenze, il mio tempo stava per terminare. Mentre l'acqua mi portava via, quindi, per un po' mi sono sentito veramente angosciato. Poi, non so perchè, decisi di arrendermi a quello che il destino aveva disposto per me. A quel punto mi sono sentito in pace con me stesso e col mondo. Poi ho perso conoscenza, ma sapevo in certo qual modo di essere in buone mani, qualunque cosa potesse accadere. Dopo un tempo che mi parve infinito e allo stesso modo infinitamente breve, mi sono risvegliato in ospedale. Con una gamba rotta, pieno di lividi... ma vivo.

"Stai cercando di dirmi che sei sopravvissuto a quella catastrofe?"

"Esattamente."

"Perbacco. Chissà la gioia della tua famiglia quando ti ha rivisto."

"Ma ancora non mi hanno rivisto."

"Capisco. Magari sei appena tornato..."

"No, sono tornato da due mesi."

"DUE MESI? E in tutto questo tempo, scusa, non hai sentito la necessità di far sapere ai tuoi cari che sei vivo? Ma ti rendi conto?"

"Sì - disse lui dopo una breve pausa - mi rendo conto benissimo. Ma, vedi, io credo che l'onda mi abbia cambiato dentro. Non so se sia capitato a me o capiti in genere, ma la mia vita precedente per me non ha più alcun senso. Per mia moglie e i miei figli non provo più assolutamente nulla. Tutto quello che voglio, adesso come adesso, è continuare a galleggiare, esattamente come facevo nell'onda. Ho sempre previsto tutto, pianificato tutto. Ma adesso... adesso vedo quanto sia futile questa pretesa di tenere sotto controllo gli eventi. E' assurdo, semplicemente. Solo allora si è felici."

Come capirete, non potevo davvero essere d'accordo con discorsi del genere. Certo, se mi mettevo nei suoi panni, non potevo essere sicuro che un evento del genere non avrebbe sconvolto anche me. Ma poichè non c'ero pasato, mi sentivo in dovere, almeno, di provare a tirarlo fuori da quello stato che sentivo come uno stato altamente deleterio. A mio parere non è mai una buona idea "lasciarsi galleggiare". Ma non ci fu verso. Evidentemente, quell'uomo apparteneva ormai ad un altro mondo. Non volle neanche lasciarmi un recapito purchefosse, nel caso avessi voluto sapere che cosa ne era stato di lui.

La sera a cena, mia moglie trovò che ero un po' più distratto del solito.

   
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