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detective Hayes
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Inserito - 23/03/2005 : 22:19:11
Se ne parlava oggi, tra colleghi... un argomento uscito un po' per caso... parlando dei temi del prossimo compito in classe. La collega di lettere ci ha letto le tracce dei temi e uno, il primo, trattava l'argomento del giorno: l'eutanasia...Vivere nella sofferenza o la dolce morte? Io sono dell'idea che nessuno, dico NESSUNO, può arrogarsi il diritto di togliere la vita agli altri... ma poi casi come quello di Terry Schiavo o dell'altra ragazza della quale non ricordo il nome, ricoverata in una clinica vicino Lecco (se non ricordo male)... beh, casi come questi non dico che fanno vacillare le mie convinzioni, ma, quantomeno, mi fanno riflettere. E un mucchio di domande iniziano a girare in testa. Cosa farei io, o meglio cosa vorrei che si facesse a me, se mi trovassi al posto di Terry? Cosa farei io al posto di Michael (il marito di Terry)? Cosa farei io al posto dei coniugi Schindler (genitori di Terry... Schiavo è il nome del marito di Terry)? La risposta è semplice e quanto mai angosciante: NON LO SO!!! Vivere come Terry... beh, che vita è? Ma come si fa a sapere se lei non percepisca le sollecitazioni esterne? Non reagisce, okay... ma forse non può farlo, forse i danni al cervello sono tali che, anche volendo, non può decidere di rispondere con un cenno o un sorriso. Ma questo non significa che non senta le parole o non le capisca. E come si fa a dire che lei non capisca ciò che le sta accadendo attorno e che, per questo, non soffra come chiunque altro? Come si può solo pensare che sospendendo l'alimentazione, lei non soffra? Se solo lei non fosse nemmeno capace di respirare autonomamente allora, una volta staccata la spina, se ne andrebbe nel giro di qualche minuto... ma così... sono già cinque giorni che non "mangia" e non "beve" e dicono che potrebbe sopravvivere per altri 10 giorni. Dieci giorni di agonia. Come si fa a credere che lei, in questo momento, non si renda conto di cosa stia succedendo? E che sappia che hanno deciso di ucciderla. Lo vorrebbe davvero? Anche se Terry avesse espresso per iscritto il desiderio di non essere mantenuta in vita forzatamente, non avrebbe mai voluto morire di fame e di sete. Questa non è una dolce morte! Questa è una morte per stenti!! E anche se questo mio pensiero, questa mia riflessione, non potrà mai arrivare alle orecchie di chi sta decidendo per lei (in questo momento quel giudice che le ha negato l'alimentazione), sono giorni che pensavo di esprimerla... per dire a tutti ciò che penso e cioè che non è giusto lasciare morire Terry Schiavo in questo modo. E anche se lei non potrà sentirmi... non potrà leggere le mie parole... non potrà sapere qual'è il mio pensiero... vorrei dirle che pregherò per lei! Titty Edited by - detective Hayes on 25/03/2005 19:45:52
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detective Hayes
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Inserito - 31/03/2005 : 20:03:08
31 marzo 2005Terry Schiavo è morta ...una sconfitta della giustizia Edited by - detective Hayes on 31/03/2005 20:04:11
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brazir
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Inserito - 31/03/2005 : 23:28:31
Ora che tutto è finito.. mi vien un dubbio.. ma dove è stato l'errore? All'inizio cercando di andare contro la Natura, il Destino, un volere Divino..... .... o 15 giorni fa quando un giudice ha preso quella decisione? Edited by - brazir on 01/04/2005 12:45:58
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Iris.na
Emerito
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Inserito - 01/04/2005 : 14:00:34
secondo me il marito di terry non aveva nessun diritto di farla morire...nessuno su questa terra può negare la vita a qualcun altro...nessuno! è stato un evento che m ha reso non solo molto triste ma m ha fatto tanta tanta tanta rabbia. nessun altra parola solo tanto dolore. iris. |
detective Hayes
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Inserito - 01/04/2005 : 18:20:38
Sono pienamente d'accordo con Iris.na. E poi l'alimentazione forzata alla quale era sottoposta Terry, non poteva di certo considerarsi accanimento terapeutico, perchè la sua vita non dipendeva da una macchina che l'aiutava a respirare. Lei aveva solo bisogno di essere alimentata. Così l'hanno solo fatta morire di fame. Nient'altro. E questo è a dir poco deplorevole.Titty Edited by - detective Hayes on 01/04/2005 18:21:14 |
Elena Fiorentini
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Inserito - 01/04/2005 : 21:47:11
Il modo di curarsi , vivere e morire è diverso in America. Al di là di tutto, pare... dico "pare" che fossero venuti a mancare i fondi. Da qui poi nacque il caso. (da "Forum" Rete 4") *** Sarebbe interessante sapere se questa storia è vera e fino a che punto, anche se l'avvocato Tina Lagostena Bassi è persona attendibile che ha rivestito alte cariche e ha sempre difeso la dignità delle persone e soprattutto delle donne. Elena |
Luigi Mannori
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Inserito - 11/04/2005 : 15:54:42
[/quote] Mi sono accodato alle vostre pagine, perché ho trovato in esse gli stessi interrogativi che mi hanno turbato e disturbato da quando i media hanno diffuso questo caso, purtroppo non isolato, e molto più frequente di quanto si possa immaginare, quando non si frequentano i reparti speciali dei nostri ospedali. E' terrificante che venga etichettato "giusto" e tantomeno "umano", un giudizio che concede il diritto di far morire di fame e di sete un essere umano! Sarà l'effetto della mia somma ignoranza, ma non riesco a scindere gli "strumenti" da un dolore fisico, crescente, naturale nunzio di panico, incubi e quant' altro possa rappresentare il massimo del tormento e dello strazio, per una persona che deve compiere l'atto di morire. Perfettamente daccordo sui dubbi che veramente quella povera [u)persona[/u] potesse non provare alcuna sensazione, ed avendo assistito diverse persone decedute in modo assolutamente travagliato, mi chiedo come possano esistere persone che riescono veramente a addossarsi la responsabilità di una decisione, così spaventosamente definitiva, per poi proseguire il proprio cammino con noncuranza, come se avessero insuppato una brioches nel cappuccino, anziché annientato una vita con una "barbara tortura". Ipocrisia per ipocrisia, sarebbe stato più giusto accertarsi, senza possibilità di equivoco, che la donna non rischiasse di soffrire: a questo fine, vista l'ampia scelta che la conoscenza umana ha dimostrato, il mezzo non manca davvero! Rimane solo l'imbarazzo della scelta. Gigio. |
Shirin
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Inserito - 11/04/2005 : 18:30:22
A Terry mancava la corteccia cerebrale. La corteccia cerebrale è quella parte che ci consente non solo di elaborare dei pensieri, ma anche di rispondere agli stimoli e agli impulsi. Se punto una luce in faccia ad una persona questa sicuramente chiuderà di riflesso gli occhi. Non avendo la corteccia cerebrale è ovvio che Terry non potesse rispondere nemmeno a questi stimoli, che sono i più istintivi del corpo umano.Tuttavia è palese che il dolore è sottocorticale, ciò significa che non avendo la corteccia cerebrale Terry provava ugualmente dolore. Io non vorrei vivere quella situazione nemmeno per un minuto...Terry l'ha vissuta per 15 anni senza prossibilità di progredire dal suo stato vegetativo. Non sono nemmeno io d'accordo che l'abbiano lasciata morire di fame, ma piuttosto che portare avanti la sua sofferenza sono sicura che sia stata meglio la morte. Inoltre mi stupisce come si possa dire che quello NON fosse accanimento terapeutico. Forse non aveva bisogno del respiratore, ma Terry doveva essere nutrita, lavata e anche i rifiuti avvenivano attraverso tubi che per lo più provocano piaghe ed escoriazioni sulla pelle. Se questo non è accanimento terapeutico ditemi voi cosa è. La vita merita di essere vissuta se la persona ha un minimo di dignità e cioè poter pensare anche a livelli inferiori di quelli normali, per lo meno poter rispondere agli stimoli ed essere anche solo minimamente autonomi. Se non ci sono queste condizioni non è vita. meglio la morte saluti Shirin |
Elena Fiorentini
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Inserito - 12/04/2005 : 16:28:50
Sento l'impellente bisogno di tornare ancora una volta, l'ultima, su questo argomento. Il cane di mio fratello,Arki è stata tenuta in vita fino all'ultimo respiro. Era una sofferenza unica e un disagio spaventoso, i medici che l'avevano in cura quando la tennero in vita resero la vita di mio fratello un vero inferno, nessun aiuto, e telefonate dai vicini perchè la facesse sopprimere. Il cane non conosceva più nessuno.Si lamentava giorno e notte, durò un anno. Non ci sono volontari per aiutare chi è in questa situazione, anzi non ci sono olontari anche per famiglie in emergenza
*** "La vita merita di essere vissuta se la persona ha un minimo di dignità e cioè poter pensare anche a livelli inferiori di quelli normali, per lo meno poter rispondere agli stimoli ed essere anche solo minimamente autonomi." (Shirin) A questo posso rispondere che una persona potrebbe valere almeno quanto un cane. Inoltre non ritengo che noi abbiamo diritto a decidere della vita altrui. Non mi interessa nemmeno conoscere le cartelle cliniche di Terry. Chi siamo noi, poveri mortali, per giudicare chi può vivere o meno? Sono contraria alla pena di morte. Il caso di Terry nasce dal fatto che le sono mancati i soldi per la macchina, come disse l'avvocato Tina Lagostena Bassi a Forum e lo Stato non se ne volle fare carico, ma di questo non ne so molto e non mi interessa nemmeno saperlo. Elena Edited by - Elena Fiorentini on 13/04/2005 13:29:07
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Anna Herm
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Inserito - 13/04/2005 : 16:53:34
Vivere o non vivere? Lasciar vivere o far morire?Credo sia una bellissima discussione purtroppo senza fine, dove ci saranno due pensieri entrambi meritevoli di considerazione. Sono gli stessi pensieri che affliggono le persone che devono decidere per la vita degli altri dove poi noi giudichiamo. Conoscevo un'amica che ha dovuto decidere per la vita di suo figlio che purtroppo era da molto tempo attaccato ad una macchina che lo teneva in vita. Non mi chiese consigli su cosa io avrei fatto, mi disse solo che non riusciva più a sopportare il dolore che sapeva che il figlio provava, non riusciva a stringerlo fra le sue braccia, a mostrargli il mondo e sopratutto sapeva che se lo avesse tenuto in vita sarebbe stato inutile e l'avrebbe illusa ogni giorno che passava ed inoltre era stufa di far fare da cavia suo figlio, che sapeva che nessuno l' avrebbe riportato come era. Io ascoltai quello che la mia amica mi diceva e pensavo di volerla o poterla giudicare, ma non lo feci perchè non ero nella sua vita e in cio che provava. Si potevo e potrei dirvi che è stata crudele ma so che ora ha il ricordo di suo figlio nel cuore e non deve più vederlo soffrire e tutte le volte che prega la sua preghiera raggiunge il cielo. ANNA HERM |
Luigi Mannori
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Inserito - 16/04/2005 : 21:06:33
Non possiamo non tenere conto che, quando siamo sottoposti ad uno stress di questo genere, viene meno ogni tipo di capacità decisionale. Se soffriamo nel presenziare quotidianamente una situazione di assoluto disagio, non possiamo fare a meno di lasciarci travolgere dallo sconquasso materiale e morale che quotidianamente sconvolge l'immagine che avevamo disegnato sino a quel momento , della nostra vita. Come possiamo essere certi di riuscire ad analizzare e sintetizzare, scelte già difficili per un cervello sano, colto e brillante, mai coinvolto in tragedie di questo tipo. Come non dubitare dei limiti di una mente, in quel momento al culmine della fragilità, per l'ossessionante scempio che certi eventi riescono a generare nei nostri apparentemente forti e reattivi cervelli?. Io ho assistito mio padre, malato di Elzheimer, e nell'ultima parte della sua "vita" era soggetto ad allucinazioni continuate 24 ore su 24, e se questa sintetica descrizione vi ha reso un'immagine della disperazione, forzatamente miscelata, anzi, confusa con l'impegno volutamente e spontaneamente corrisposto, pensate che il degrado era già in atto, in forma violenta, esponenzialmente crescente, da più di due anni. Questo degrado, ha impegnato sia me, che mia sorella, in nodo totale, tanto che io ho dovuto smettere di lavorare per permettere a lei di non perdere un meraviglioso posto di lavoro. Come possono delle persone, provate da tanta disperazione continuata, pensare di disporre ancora dell'uso soltanto, della parola serenità, soprattutto quando questa è riferita principalmente ad un giudizio, che spesso diventa, per giunta, definitivo. No! a mio parere la vita è la vita. Evitare l'accanimento terapeutico, sicuramente si, ma non possiamo permetterci altra debolezza di fronte all'unico bene reale che possediamo. E per etica umana, è un nostro preciso dovere tentare il tutto e, quantomeno alleviare le sofferenze, oltre ogni limire, almeno provarci, e fino a che servirà. Inoltre questo non dovrebbe valere solo per i familiari, o i pochi eletti in una scaletta di prescelti, da noi nominati per chissà quale privilegio.Gigio. |
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