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 il condannato
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Seagull
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Inserito - 24/08/2005 :  02:02:51  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Seagull  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a Seagull
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Il suo sguardo era fisso in terra e quello per Andree era forse il dolore più grande. Aveva le ginocchia doloranti, le mani gonfie ed il collo graffiato, a causa della posizione e del ruvido legno che comprimeva i polsi e teneva bloccata la testa. Ma le sofferenze del suo animo superavano di gran lunga quelle fisiche. Il suo sguardo fiero era sempre stato volto verso quel cielo che solo era in grado di contrastarlo. Un cielo vuoto, che incuteva maggior rispetto a causa della sua grandezza, che timore per la sua potenza. Quello stesso cielo che ora era negato ai profondi occhi accesi di Andree. Che arrivasse quindi svelto il castigo a liberare il suo cuore da quella penosa gabbia,che scendesse veloce la lama e tagliasse via sia i sensi di colpa che l’orgoglio,conseguenza e causa della sua definitiva rovina. La condanna peggiore era però quella di essere costantemente sottoposto alla sua stessa pietà. Provava compassione per i suoi gesti, per quella vita che lo aveva condotto al centro di una piazza affollata di gente pronta a gridargli il suo giusto, seppur ignorante, disprezzo. A sua difesa solo un prete. Un prete, ed un uomo,la cui anima gravava del peso di innumerevoli assassini. Il paradosso era palese per la sagace mente del condannato. Lui era inginocchiato sotto un’affilata lama per aver ucciso due uomini, chissà quanti erano invece caduti per mano di quell’uomo che teneva, ora, per un filo la sua stessa vita . Chissà perché quel prete barboso continuava a recitare salmi e preghiere per la sua anima e neanche una parola dedicava a quella del suo boia. Se un qualche dio ci fosse stato non avrebbe avuto un occhio di riguardo maggiore per lui che, preso dall’ira e accecato da un insensato orgoglio, aveva ucciso due uomini, piuttosto che per un uomo che uccideva a sangue freddo e per soldi? Non fosse stato così quel Dio sarebbe stato cieco e inclemente quanto se non più del giudice che aveva esaminato la sua causa. Il viso scarno e lungo del giudice, i suoi occhi vuoti che non sostenevano lo sguardo di Andree, bruciavano ancora nella mente del condannato. Provava per lui un secco disprezzo. Disprezzo e commiserazione. Andree dalla sbarra in piedi aveva ricevuto l’immagine di un banco troppo alto e una toga troppo grande per un uomo così misero,incapace di sostenere un titolo così di riguardo come “Vostro onore”. Ma la pietà lasciò presto il posto al disgusto e al disdegno. Il giudice compensava infatti la mancanza di virtù con una sciocca alterigia. Non la giustizia si rifletteva nei suoi atti, ma un sadico sapore di rivalsa, di vendetta, nei confronti di un mondo che lo faceva inadatto per ogni sua cosa. Un tuono si intromise nei pensieri di Andree e lo rigettò sul patibolo. La luce si affievoliva pian piano ed i colori divenivano più intensi e cupi. L’aria sempre più densa si faceva quasi irrespirabile, Andree vide la piazza svuotarsi mano a mano. Non poteva vedere il cielo ma lo immaginò furente, pronto a dimostrare la sua possanza. Alcune rade gocce di pioggia iniziarono a colpire il corpo del condannato. Oramai era solo e quella pioggia sanciva l’ora della sua esecuzione. Il popolo stanco di inveire era tornato alle proprie faccende dimentico in fretta dei suoi crimini. Era solo. Il boia desideroso di seguire la folla al riparo della pioggia e del cielo si accingeva,con la benedizione del prete, a porre fine alla sua vita criminosa. Andree si rendeva conto che quelli erano gli ultimi attimi e anelava profondamente che il suo carnefice lasciasse la corda che teneva ancora sospesi i suoi pensieri. In quegli attimi avrebbe dovuto veder scorrere la sua vita ma riusciva a vedere solo il volto paonazzo di un uomo,sentiva le sue mani affondare nel suo collo. La pelle calda e tesa arrendersi sotto la morsa delle dita. Non era però l’uomo a soffocare bensì lui stesso. Il suo senso di colpa stringeva alla gola più della gogna, più delle sue stesse mani. Vide le labbra di quell’uomo divenire viola e il viso del medesimo perdere colore, fino ad assumere una tinta grigiastra. Poi i suoi occhi si velarono e tutto si confuse. Lacrime scendevano dai suoi occhi e scorrendo bruciavano il viso ormai gelido per la pioggia. Piovendo poi dal suo volto le lacrime toccavano il legno del patibolo su cui era inginocchiato. Si chiese a cosa servisse quel dolore proprio in quel momento. Di certo non sarebbe stato sufficiente per rimediare al male commesso,non in quell’ultimo istante.
La sua mente farneticante gli mostrò le calde lacrime divenire sangue ribollente,rosso come quello delle sue vittime e dell’uomo incappucciato, rosso come quello del giudice e della folla urlante,rosso come il suo sangue e come il sangue delle persone che come lui non avevano potuto chiedere o meritare il perdono.
Il boia lasciò la lama libera di compiere la sua corsa . Tutto era chiaro ora per Andree,chiuse gli occhi e vide il cielo.


   
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