July
Emerito
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Inserito - 28/01/2006 : 18:31:37
DoloreEra come sentire le unghie affilate di un animale della giungla che si affondavano nella carne morbida. Fredde come la lama di un coltello, della stessa consistenza marmorea, della stessa forma affusolata. Dapprima ne percepivi il tocco gelido, le sentivi scivolare sulla pelle ancora integra; lentamente, simile ad una spirale avvolgente, la paura si levava e ti attraversava il corpo…e tu ne avevi la consapevolezza, ma non potevi farci niente. Ti accorgevi solo che quel tocco affondava, andava giù, in profondità…lacerando i tessuti, fendendo i legamenti, dilaniando la polpa, che si riduceva, in breve, a brandelli di carne martoriata e grondante di sangue. E dalle fenditure, si aprivano in abbondanza le sorgenti di sangue, che sgorgava copioso, prima a rivoli, poi a fiotti. Ne potevi sentire il bruciore, nel momento in cui ti affiorava sulla pelle, prima ancora di avvertire il dolore della ferita aperta. Solo dopo, dopo che i labbri del taglio venivano riscaldati dal caldo liquido, potevi ascoltare il dolore. Con quel suo suono inconfondibile, con quella voce che era poi voce di donna, che si intrecciava con le musiche tetre e lugubri dei ricordi. E in mezzo a quel naufragare di ricordi, cullati dalla melodia del dolore, ti accorgevi di quanto dolore c’era al mondo. Di tante forme e di tante dimensioni. Ma, soprattutto, di tanti volti, perché ogni nuovo dolore aveva un volto nuovo. Potevi vederlo aleggiare nello sguardo delle mamme nelle cappelle degli ospedali, negli occhi delle vedove, nei visi dei bambini orfani e degli anziani abbandonati. Ma, soprattutto, aleggiava nei cuori delle persone sole. Poca importanza aveva l’età, la provenienza, la condizione sociale. Era come un marchio indelebile, un peso inesorabile che gravava, fardello oneroso e scomodo, sulle spalle della gente. L’amore e l’abnegazione erano i suoi genitori; la solitudine la sua compagna; il silenzio l’amante infedele. E quest’ultimo personaggio rendeva la verità inaccessibile alle persone la cui vita si era amalgamata col dolore, che quindi non sapevano, non potevano sapere…perché il silenzio era come un velo steso sopra le persone e gli oggetti, che ti consentiva di vederne i contorni, grosso modo, le fattezze, ma rendeva impossibile metterne a fuoco i dettagli. Ed era un velo che non si poteva rimuovere, l’unico modo sarebbe stato spezzare il silenzio, ma non era facile. Perché egli era anche l’amante tenero, dolce, che nelle notti di passione ti regalava una felicità grande e immensa, ma vuota. Vuota perché si trattava di una felicità ipocrita, anche se era l’unica nota, l’unica tangibile. E si trattava anche di un amante infedele, perché era l’amante comune di uomini e donne oppressi dal dolore. Così, questo binomio andava avanti, accompagnato dalla solitudine dei ricordi, in mezzo a mari di foto ingiallite facenti parte di un passato perduto. Era lui che stava celato dietro le tende della camera della bambina triste (*), e nascosto, raggomitolato, negli anfratti del cuore di Anna (*), l’attrice di teatro. Ed esse non potevano accorgersi che c’era, per la sua stessa essenza, e non se ne sarebbero accorte; non fosse stato che per le unghiate sferrate sulla pelle nuda, che producevano macabri spargimenti di sangue e un’ondata di dolore lancinante….
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