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 4 Favole e Racconti / Tales - Galleria artistica
 Valeria e il cocker
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Gabriella Cuscinà
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Inserito - 14/04/2006 :  09:29:54  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Gabriella Cuscinà Invia un Messaggio Privato a Gabriella Cuscinà
Valeria e il cocker

Susanna possedeva un meraviglioso pastore tedesco di nome Libe. Sua figlia Valeria era una bella ragazza bruna, dagli occhi dolci e molto sensibile; era amante dei cani e si occupava di Libe che portava a passeggio ogni giorno. In casa avevano un terrazzo grandissimo, in cui il cane scorazzava a piacimento e dove gli portavano da mangiare.
Un bel giorno, Susanna si sentì chiamare a gran voce dalla signora che abitava di fronte: -Signora del pastore tedesco! Signora del pastore tedesco!-
Si affacciò sul terrazzo e vide la dirimpettaia disperata che la supplicò: -Faccia qualcosa, signora, la prego! La sua vicina ha un cocker che tiene fuori il balcone e non gli dà mai da mangiare. Non lo fa entrare in casa e non gli dà da bere. Pensi che ho visto la povera bestia che beveva la sua stessa pipì.-
Susanna si girò a guardare il balcone incriminato e vide un povero cockerino che andava avanti e indietro guaendo e uggiolando. Doveva essere ancora cucciolo perché era piccolo e minuto, però era molto bello, con le orecchie lunghe e il pelo fulvo. Appariva denutrito e gli si vedevano le ossa del costato.
Si sentì indignata e chiamò sua figlia Valeria. Questa, nel vedere quella scena, cominciò a inveire contro la crudeltà umana e contro chi trattava con tanta crudeltà una povera bestia indifesa. Poi scese in portineria e chiese al portiere di parlare al citofono con la vicina d’appartamento. Quando quest’ultima rispose, Valeria si presentò e le chiese il perché il povero cocker fosse trattato in quel modo disumano. La signora spiegò che era stato regalato al suo figlioletto dal padre, il quale adesso li aveva lasciati, se n’era andato, e lei non aveva più tempo da dedicare alla bestia.
Valeria si sentì ribollire il sangue e stava per inveire contro quella vicina crudele e stupida, poi si trattenne per buona creanza e le chiese di dare da bere al cane e di farlo entrare in casa, prima che morisse disidratato e assetato. Si sentì rispondere con tono di sufficienza che l’avrebbe fatto. Infatti poco dopo, il cocker non era più fuori al balcone.
Comunque il giorno seguente, Valeria si accorse che il cagnolino era stato lasciato di nuovo fuori, nell’altro balcone, balcone che sporgeva in una posizione meno visibile e più appartata. Il povero cocker continuava a piangere e a guaire disperato. Correva avanti e indietro e annusava per terra, come a cercare qualcosa da bere o mangiare. Faceva male al cuore vederlo così abbandonato e solo, indifeso e destinato alla morte se non fosse riuscito a bere. Ma con quale animo si poteva arrivare a tanto? Come si poteva abbandonare a se stesso un povero cagnolino? Il quale, tra l’altro, era bellissimo, dolce, con il pelo lungo e lucido, gli occhi grandi e melanconici. Naturalmente era magrissimo e tutto ossa.
Come poteva quella signora arrivare a tanta follia da ingannare lei che l’aveva già pregata di dare da bere al cocker? No, no, certo aveva ragione Erasmo da Rotterdam quando, nel suo <Elogio della Follia>, diceva che nella pazzia è presente ogni trucco, perché la pazzia simula nel volto una cosa, mentre ne ha in cuore un’altra, la follia è sicuramente inconfondibile.
Valeria si sentiva disgustata e al contempo arrabbiatissima. Doveva fare assolutamente qualcosa per salvare e non fare soffrire quella povera bestia.
Scese in portineria e si attaccò al citofono per parlare con l’incivile signora. Quando rispose, sembrò urtata di udire ancora la voce di Valeria. Ma lei si disse meravigliata del fatto che il cocker fosse ancora assetato e abbandonato fuori, nell’altro balcone.
A questo punto, la signora si mise ad urlare dicendo che non ne poteva più, che la disturbava e l’importunava, che era padrona di fare ciò che voleva e sperava che il cane morisse presto, così non l’avrebbe più sentito abbaiare; aggiunse che aveva cercato di regalarlo, ma nessuno lo voleva.
Valeria era rimasta senza fiato e senza parole, poi riprendendosi, pregò la signora di regalarlo a lei. A quella parve di aver toccato il cielo con un dito e subito acconsentì. Infatti in men che non si dica, il cockerino fu messo dentro l’ascensore e Valeria se lo vide arrivare scodinzolante e tremante.
Appena allungò la mano per carezzarlo e prenderlo, la bestiola cominciò a leccarle le mani. Lo prese in braccio e lo portò a casa. Lo face bere e mangiare e pareva che il poverino non bevesse da secoli! Beveva avidamente e poi si tuffò sul cibo. In un batter d’occhio ripulì la scodella e le leccò le mani in segno di riconoscenza. Lei aggiunse dell’altro cibo e la bestia continuò a mangiare; quindi smetteva e le si strofinava addosso. Tutta la scena era davvero toccante, e Susanna che aveva seguito la vicenda, aveva le lacrime agli occhi.
Lo chiamarono Dolcezza e lo tennero con loro. Dopo circa un mese, Dolcezza era divenuto un vero splendore, con il pelo lunghissimo, più robusto, allegro e sempre giocherellone. Quando si metteva a correre sul terrazzo, sembrava un fulmine! Unico inconveniente era il fatto che Libe era terribilmente geloso e non lo poteva sopportare. Ringhiava e ogni tanto lo mordeva.
Tra l’altro Susanna non era del tutto disposta ad avere due cani per la casa, dunque bisognava trovare una diversa soluzione.
Qualche tempo dopo, Valeria venne a sapere che era morto il cane di una sua cara amica. Andò a farle visita insieme a Dolcezza e le prospettò la possibilità di affidarglielo. L’amica si disse entusiasta della proposta e più ancora del cocker che scodinzolava non appena l’accarezzava. Abbaiava e le mostrava la sua simpatia di cane affettuoso e dolce. Era proprio come il suo nome: una vera dolcezza!


Gabriella Cuscinà

   
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