Il fratello dello sposoGrace si voltò facendo perno sul pomello del letto, con la mano diafana ed il minuto polso orlato da un bracciale d’oro bianco, e nel volteggiare osservò, riflessa nello specchio, l’immagine del suo corpo racchiuso come un bocciolo dentro l’abito da sposa color avorio. Era un vestito elaborato nelle fattezze, spumoso, aveva avuto da dire sua sorella: il corpino di perle ed organza, minuziosamente lavorato, faceva da preludio ad una voluminosa gonna in raso che terminava in uno strascico lungo circa un metro, dagli orli ondulati; mancava in quel momento solo il velo, che Grace non voleva provare senza che prima la parrucchiera le avesse sistemato i capelli. Ma gia lo immaginava, rimirandosi con fare narcisista, che le incorniciava il volto in un alone di tulle che lasciava libera solo la frangia.
Osservò allo specchio il suo viso che diveniva rosso, color porpora, facendo risaltare ancora di più gli occhi verdi, e fu contenta di sposarsi quand’era ancora giovane e carina. Aveva ventun anni e ancora i suoi studi non eran terminati; non voleva arrivare alla soglia dei trent’anni, come la sua sorellastra Julie, senza ancora un marito o un fidanzato.
Pensava che lei il giorno dopo sarebbe stata moglie; erano anni, ormai, che fantasticava sul giorno delle proprie nozze, e con l’aiuto dei suoi genitori aveva organizzato, per quanto era in loro potere, in modo che tutto fosse perfetto. La chiesa addobbata con i mazzolini di boccioli di rosa e di grisofila, circondati da riccioli di nastro bianco che pendevano dalle sponde dei banchi; i paramenti azzurri; l’altare gremito di gigli bianchi e di altri, variopinti fiori; poi ci sarebbe stata la cena in un locale sul mare, le foto scattate nella spiaggia sotto i raggi della luna, con i parenti e con gli amici, e poi il viaggio di nozze in Europa, dono dei testimoni.
Aveva scelto Julie come testimone; Victor aveva scelto suo fratello.
Era contenta di avere Julie; vedeva in lei assieme una sorella ed un’amica, e ancora più, molto di più, perché sapeva che se all’improvviso fossero crollati miliardi di fulmini dal cielo per piombare dritti dritti sopra camera di sua sorella ella avrebbe mantenuto il proprio sangue freddo e avrebbe domandato : “Grace sta bene?” prima di far qualsiasi cosa. Era così da quand’erano bambine; Grace non lo sapeva, ma ogni volta che la nonna andava a trovarle prima di andar via prendeva da parte Julie e le diceva: “Da un’occhiata a tua sorella e qualsiasi cosa accada…ha ragione lei perchè è più piccola!”
Erano figlie dello stesso padre, la madre di Julie era morta quando lei aveva un anno. Grace non si era mai chiesto se sua sorella avesse sofferto per il fatto di esser stata cresciuta da una matrigna, se lo domandava ora. Se pure così era, certo sua sorella non aveva mai avuto alcunché da dire al riguardo; chiamava la matrigna per nome – Annie, per l’appunto – e non aveva mai ostentato richieste di particolare attenzione o affetto, né ad Annie né a suo padre. Né, tantomeno, a Grace. Era una persona fatta per accudire, non per essere accudita, pensava Grace.
Ogni volta che pensava a Julie, ella si sentiva circondata da un enorme calore; adesso, per esempio, pensava che di lì a poco l’avrebbe vista, alle prove del matrimonio, e già questo bastava a farla sentire come dentro un nido…
Julie uscì fuori dalla chiesa, lasciando Grace e Victor ai commenti del prete e del sagrestano attorno a come si erano svolte le prove. Estrasse dalla tasca della giacca in jeans un pacchetto di Marlboro, e se ne portò una alle labbra; sollevò lo sguardo mentre l’estremità della sigaretta si illuminava, e vide il fratello di Victor, Simon, intento a fissarla.
“Me ne offri una?” le domandò.
Julie gli mostrò il pacchetto aperto ed egli si servì da solo.
“Siete un bel po’ diverse, tu e lei.” Le disse dopo aver fatto il primo tiro.
Julie annuì.
“Le presti attenzioni come se fosse la tua bambina.”
“Forse perché in un certo senso lei è la mia bambina.”
Sorrisero assieme. Era difficile dirimere tra chi fosse più grande tra Simon e Victor, ma Julie era portata a chiedere senza riserve.
“Anche tu sei il fratello maggiore?”
“Si, ma abbiamo quasi la stessa età.”
Una nube di fumo li separava, avvolgendo i lineamenti di ciascuno in una coltre grigia e densa. Simon poteva osservare, senza essere troppo esplicito, il viso olivastro di Julie; la sua bocca carnosa ed i suoi occhi verdi, di un verde intenso che ricordava quello dei prati in primavera. I suoi occhi, erano invece neri; analogamente, corvini erano stati i capelli qualche anno prima, mentre ora iniziavano a cospargersi d’argento.
“Io ho nove anni in più di Grace. Ma sai, noi siamo sorellastre. Mia madre è morta quando io avevo un anno.”
Simon si intenerì, al pensiero di una bimba rimasta orfana in così tenera età.
“Anche noi non abbiamo conosciuto nostra madre – disse – lo sai, no?”
Gettò la cicca lontano circa due metri, e volse lo sguardo, aggrottato, verso l’orizzonte, presso cui si apprestava a nascondersi il sole.
“No. A dire il vero non lo sapevo.” Replicò Julie. Gettò anche lei la sigaretta, e spiò l’espressione pensosa del suo interlocutore.
“Ci ha lasciati quando avevamo io tre anni e mio fratello due.”
Julie percepì una nota di risentimento nella voce di Simon, quasi non fossero passati trent’anni da allora, ma solo tre o quattro.”
“E’ così. – proseguì egli senza guardarla – Un bel giorno ha aperto la porta e se n’è andata.”
Chinò il capo, e a Julie parve che lo scuotesse leggermente.
“Ma la cosa che meno sopporto è che in questo mondo venga richiesta una preparazione particolare per tutto, per qualsiasi cosa, e poi si permetta ad uno qualunque di farti da madre o da padre…” tacque. Julie assunse un’espressione grave: non pensava che il contenuto emerso dalle parole dell’altro potesse essere così toccante, così accusatorio e nel contempo sapere tantissimo, infinitamente di giustizia.
Senza accorgersi con una mano gli accarezzò il braccio. Simon sollevò il volto, mostrando uno sguardo sorpreso e grato, e mentre fu sul punto di dire qualcosa il sagrestano si affacciò fuori.
“Si ricomincia, signori. E’ necessaria un’ultima prova.”
Grace e Victor erano al colmo della loro gioia; gli sguardi carichi d’affetto, e di entusiasmo, viaggiavano dall’uno all’altro in mezzo alla corte di fiori, di cappelli e di bei vestiti, di cui la chiesa era gremita.
Tra i due testimoni, invece, si stendeva una distesa impregnata di silenzio, nella quale di tanto in tanto saettavano le occhiate timide di chi sapeva di aver parlato o sentito troppo.
Si rividero al momento del brindisi; per tutto il giorno si erano cercati senza trovarsi. Uscirono in veranda, un’immensa veranda illuminata dalla luce dei lampioni, coi calici con lo spumante in mano.
“Ho conosciuto vostro padre.” Disse Julie.
Il viso di Simon si rabbuiò tutto d’un tratto.
“Capisci quello che volevo dire ieri? Capisci?”
Julie rimase interdetta. Non riusciva a credere a ciò che le sembrava aleggiasse nelle parole di Simon.
Sembrava così diverso dal fratello…Victor era così solare, Simon così cupo…possibile che in qualche modo, lui che era il più grande avesse fatto da capro espiatorio ad una situazione di cui non aveva colpa nessuno? O forse, se la loro mamma se n’era andata, abbandonando la famiglia, c’era un motivo, molto più serio di ciò che si potesse immaginare di primo acchito?
“Simon…che vuoi dire? – gli domandò in tono pesante – Che ti ha fatto tuo padre?”
Simon scosse nuovamente il capo, e tornò dentro.
Si udì uno sparo.
Julie corse dentro con il bel vestito di seta svolazzante, e fece una corsa in mezzo alle urla e agli schiamazzi della gente. I visi inorriditi e terrorizzati non si contavano; così come le esclamazioni verbali di orrore.
Si fermò proprio di fronte a lui. Il fratello dello sposo era ritto in piedi, con una pistola ancora stretta per l’impugnatura, ed uno sguardo carico d’odio e di vendetta stampato in volto. Il padre giaceva in un angolo, in una pozza di sangue. Il sangue fuoriusciva dal petto, all’altezza del cuore.
Grace , che fino ad allora aveva osservato la scena ammutolita, si accasciò per terra…tutti accorsero verso di lei, a sostenerla.
Tutti tranne Julie, che si avvicinò a Simon e, posandogli una mano sulla spalla come aveva fatto il giorno prima, gli domandò:
“Perché Simon? Perché adesso?”
Gli occhi le brillavano come il mare in una giornata di sole.
“Esistono nefandezze, Julie – replicò lui senza traccia di rimorso nella voce – che lasciano le loro propaggini per sempre.”